S. Giovanni in Fiore, la Rsa dentro l’Abbazia. Esposti e denunce ma tutto come prima

“E’ inconcepibile la presenza di una clinica, Villa Florensia, all’interno dell’Abbazia Florense di San Giovanni in Fiore. Ne risponda anzitutto la Regione Calabria, che eroga uno specifico contributo alla casa di riposo, condotta dal 2006 in locali del Comune silano, addirittura non pagando affitto”.

Lo dichiaravano nello scorso mese di febbraio il deputato e il senatore del M5s Dalila Nesci e Nicola Morra.

I due parlamentari M5s hanno inviato un esposto a procura e Dda di Catanzaro, alla Corte dei conti, al ministro della Salute, al governatore della Regione Calabria e al prefetto di Cosenza “affinchè si definisca la vicenda secondo legge poichè si configura l’uso privato di un bene comune d’immenso valore, senza che i pubblici poteri siano intervenuti, perfino sul cambio della categoria catastale autorizzato senza richiesta del Comune, che ne è proprietario”.

LA STORIA

L’Abbazia Florense di San Giovanni in Fiore, che risale al 1200, è tra gli edifici religiosi più importanti della Calabria. L’architettura dell’edificio costituisce un unicum e rinvia al simbolismo medievale mentre la tavola XII del Liber figurarum di Gioacchino da Fiore, in cui la struttura è inserita, trova corrispondenze urbanistiche nella fondazione di Puebla de los Angeles.

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Il monumento rappresenta la traduzione dell’opera, della spiritualità e dell’utopia gioachimita, che ebbero straordinario impatto, come ampiamente documentato da studi accademici, nella Divina Commedia di Dante Alighieri, nella struttura compositiva michelangiolesca della Cappella Sistina e nel pensiero filosofico europeo dei secoli XIX e XX.

Nonostante gravi modificazioni della struttura avvenute in epoca barocca e pure in seguito, l’Abbazia Florense mantiene diversi elementi architettonici originari, quali il portale e i rosoni lobati, espressione diretta della spiritualità di Gioacchino da Fiore, da anni sotto procedimento di beatificazione.

Per iniziativa dell’abate don Vincenzo Mascaro e alla presenza del cardinale Ugo Poletti, l’Abbazia Florense fu riaperta al culto religioso nel 1989, da lì divenendo riferimento calabrese per fedeli e turisti, fino a recente cospicua sottrazione di beni parrocchiali e ad un uso improprio dei locali dell’edificio.

IL RESTAURO

Nel 2007 la stessa Abbazia fu oggetto di restauro con fondi europei del Pit Sila e nel 2009 di un sequestro cautelativo dalla procura di Cosenza. In ordine a questo restauro, i tre direttori dei lavori furono nominati, secondo l’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici, in violazione delle regole e della separazione di legge tra politica e amministrazione.

I direttori dei lavori furono incaricati con delibera di giunta municipale del Comune di San Giovanni in Fiore, con la quale l’organo recepì il conferimento d’incarico ai tre professionisti effettuato dall’allora parroco dell’Abbazia, don Franco Spadafora.

Costui patteggiò una pena per truffa e appropriazione indebita di beni parrocchiali, i quali in parte servivano al sostentamento di un’opera di carità della parrocchia, tenuta nel complesso badiale per comodato gratuito concesso dal municipio. Con sostanziale violazione del Dlgs n. 42 secondo il quale i beni culturali non possono essere distrutti, danneggiati o adibiti a usi non compatibili con il loro carattere storico e artistico.

Diocesi

LE RESPONSABILITA’ DI PIGNANELLI, DELLA REGIONE E DELLA CURIA

Nel maggio del 2006, con l’avallo di don Leonardo Bonanno, vicario del vescovo di Cosenza, in seguito da questi nominato vescovo di San Marco-Scalea, don Spadafora cedette a privati la suddetta opera di carità, poi trasformata in Rsa (Resisdenza sanitaria assistita) dalla Regione Calabria.

In merito alla cessione, non c’è dubbio che la proprietà dei locali della casa di riposo sia del comune di San Giovanni in Fiore, come riferiscono anche gli accertamenti dei carabinieri del Nucleo di tutela del patrimonio culturale di Cosenza. La stessa cessione avvenne per una situazione debitoria della parrocchia, che pertanto non poteva più farsi carico di condurre l’opera di carità, nonostante i ricavi, per centinaia di migliaia di euro, ottenuti da don Spadafora dall’accertata appropriazione di beni parrocchiali.

Antonio Nicoletti, sindaco di San Giovanni in Fiore dal 2005 al 2010, avviò un’azione civile per il rilascio degli immobili occupati dalla Rsa, che però ricevette dagli uffici comunali l’agibilità, l’idoneità igienico-sanitaria e parere favorevole dell’Ufficio legale del municipio.

Gaetano Pignanelli
Gaetano Pignanelli

L’indiscusso “capo” dell’ufficio legale è Gaetano Pignanelli, capo di gabinetto e braccio destro del presidente della Regione Mario Oliverio, che lo ha letteralmente “prelevato” dal Comune di San Giovanni in Fiore per portarselo appresso prima alla Provincia e poi alla Regione.

In questo parere, palesemente falso, si afferma che la società titolare della Rsa esercitava l’attività dal 1946 (!!!) ma la costituzione della medesima società risale al 2006, cioè 60 anni dopo, contestuale alla data della scrittura privata firmata.

Sulla vicenda del parere rilasciato da Pignanelli e dal suo Ufficio legale del Comune di San Giovanni in Fiore, fu trasmesso negli anni scorsi un esposto alla procura della Repubblica di Cosenza e un altro alla Corte dei conti in ordine alla presenza della Rsa in locali comunali.

Questa Rsa, dunque, ha esercitato l’attività senza titolo di proprietà nei locali dell’Abbazia Florense – per come afferma l’ex sindaco Antonio Nicoletti – e con una categoria catastale per magazzino, successivamente addirittura modificata ad hoc e senza che il legittimo proprietario, cioè il Comune di San Giovanni in Fiore, lo abbia mai richiesto.

Grazie a Gaetano Pignanelli (e al suo capo Mario Oliverio, che è nato, cresciuto e pasciuto a San Giovanni in Fiore) questi privati hanno beneficiato delle autorizzazioni pubbliche per una casa di riposo e, in forza di ciò, dell’accreditamento regionale, che si sostanzia in un contributo di oltre 40 euro al giorno per ogni ospite della struttura.

La Regione era ampiamente a conoscenza di atti e fatti e non ha mai disposto verifiche o accertamenti rispetto agli atti di sua competenza.

L’arcidiocesi di Cosenza, dal canto suo, avallò tramite monsignor Bonanno il trasferimento in capo a privati dell’opera di carità gestita dalla parrocchia badiale, che sarebbe avvenuto tramite l’accollo dei debiti correnti – il che farebbe anche pensare ad una vendita – da parte degli stessi privati, i quali contestualmente registrarono una srl per la gestione lucrativa dell’originaria attività, ricevendo, poi, tutti i permessi del caso, benchè la proprietà dei locali fosse – e resta ancora – in capo al Comune.

Il Comune di San Giovanni in Fiore ha completato l’opera permettendo il cambio di categoria catastale senza colpo ferire.

IL COMMENTO

E ritorniamo a Dalila Nesci e Nicola Morra. “In questa storia – hanno avuto modo di affermare – ci sono irregolarità gravissime e molteplici silenzi. L’accreditamento regionale della Rsa, infatti, consegue ad atti autorizzativi illegittimi, con un parere contenente il falso rilasciato dall’Ufficio legale del Comune di San Giovanni in Fiore. La magistratura accerti fatti ed eventuali responsabilità di questa vicenda, fatta di doppi giochi e omertà. Si tratta di un caso clamoroso della gestione sanitaria regionale, che il governo non può ignorare”.

MORALE DELLA FAVOLA

Volete sapere come finisce? Per quanto riguarda gli illeciti denunciati dal Movimento Cinque Stelle silenzio totale. In compenso, però, il prode Pignanelli ha denunciato il giornalista Gabriele Carchidi alla “solita” procura di Cosenza.

Il 3 dicembre è in programma l’udienza preliminare. Perchè la giustizia, quando deve difendere i potenti, è sempre pronta a mettersi in moto.

Vero, signor procuratore Dario Granieri?