Salerno, rinviato al 13 ottobre l’incidente probatorio Petrini-Manna. La procura depositerà verbali senza omissis

I giudici del Tribunale di Salerno (Gip, Gup e giudice incaricato nel dibattimento denominato “Genesi”) hanno deciso di rinviare a martedì 13 ottobre prossimo l’incidente probatorio richiesto dal procuratore aggiunto della procura di Salerno Luca Masini per cristallizzare le prove in merito all’ipotesi di reato di corruzione in atti giudiziari con l’aggravante mafiosa nei confronti del giudice Marco Petrini, degli avvocati Marcello Manna e Lugii Gullo e del boss Francesco Patitucci.

Manna ha chiesto alla procura di Salerno di depositare tutti i verbali nella loro versione integrale e senza omissis e di conseguenza i giudici hanno acconsentito alla richiesta, che sarà esaudita nel giro di pochi giorni e consentirà di procedere all’incidente probatorio entro la date del 12 ottobre, successivamente alla quale poi il procuratore aggiunto Luca Masini svolgerà la sua requisitoria nel processo Genesi, all’interno del quale sono inseriti anche questi reati di corruzione che coinvolgono il sindaco di Rende. Il classico stratagemma per perdere tempo messo in essere da chi sa di essere in gravissima difficoltà, dal momento che il giudice Petrini non ha mai inteso ritrattare le sue dichiarazioni nei confronti di Manna e Gullo.

Com’è noto, l’ipotesi di reato è che Manna e Gullo abbiano pagato delle “mazzette” al giudice Petrini in più tranche per ottenere l’assoluzione di Patitucci, condannato in primo grado a 30 anni di reclusione per essere stato ritenuto tra i mandanti dell’omicidio di Luca Bruni ma poi “magicamente” o meglio “mazzettamente” assolto dalla Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro.

Secondo l’ipotesi accusatoria il giudice d’Appello avrebbe ricevuto, in un primo momento, 2500 euro di acconto, a cui poi se ne sarebbero aggiunti altri 10mila di cui la metà versati a titolo di “saldo” nel dicembre 2019, quando Patitucci è stato effettivamente assolto dal giudice nonostante in primo grado fosse stato condannato a 30 anni di reclusione per omicidio.

La pubblica accusa sostiene – sulla base delle stesse ammissioni fatte dal giudice Petrini che è assistito dagli avvocati Francesco Calderaro e Agostino De Caro – che il 30 maggio dello scorso anno negli uffici della Commissione tributaria provinciale di Catanzaro, l’avvocato Manna consegnò personalmente al magistrato una busta contenente 2500 euro quale “acconto” relativo alla manipolazione del processo a Patitucci.

Nell’ottobre successivo, Petrini avrebbe invece ricevuto dall’avvocato Gullo nella cancelleria della Corte di assise di Catanzaro un’altra busta con all’interno 5000 euro, come seconda rata della prevista tangente. Infine, il 4 dicembre del 2019, dopo la sentenza assolutoria pronunciata nei confronti di Francesco Patitucci, sempre Gullo d’intesa con il collega Manna avrebbe consegnato altri 5000 euro in contanti – sempre nei locali della cancelleria catanzarese – al magistrato corrotto.

Il giudice reo confesso, Marco Petrini, sarà interrogato, dunque, in sede di incidente probatorio in ordine agli episodi corruttivi descritti. L’inchiesta che ha portato all’arresto del magistrato catanzarese viene condotta dal procuratore aggiunto di Salerno Luca Masini. Oggetto dell’incidente probatorio saranno alcuni verbali di Petrini di gennaio, febbraio e aprile; due intercettazioni audio-video del 30 maggio 2019 effettuate negli uffici di Petrini della Corte d’Appello e della Commissione Tributaria provinciale di Catanzaro; una terza intercettazione video del dicembre 2019 registrata negli uffici di Petrini della Corte d’Appello.

Nei giorni scorsi si sono innescate virulente polemiche dopo la diffusione di alcuni fermi immagine delle intercettazioni video che ritraggono Manna mentre consegna una busta e un fascicolo al giudice Petrini e successivamente Petrini mentre conta i soldi contenuti nella busta. Prove schiaccianti che Manna sta cercando disperatamente di confutare, ma senza chiarire cosa conteneva la busta e cosa ci faceva nell’ufficio del giudice che doveva emettere una sentenza nei confronti di un suo assistito, già condannato in primo grado a 30 anni.