Riceviamo e pubblichiamo in ricordo di Ida Oliva, una delle tre ragazze di San Lucido morte in un tragico incidente stradale il 29 aprile 2016
A Ida: non ti ho mai conosciuta, ma sento invece di saperti da una vita intera.
Chissà dove sei.
Chissà perché io sono qui e tu, invece, sei altrove.
Chissà quante altre parole sono state dette sulla tua morte. Immagino abbiano detto che niente curerà la tua assenza, che è un dolore indicibile, che mai e poi mai qualcuno prenderà il tuo posto, e che forse solo il tempo darà sollievo allo squarcio aperto, ancora sanguinante, della tua dipartita. Chissà quante di queste parole hai ascoltato; chissà quante, di queste parole, sono vere.
Chissà quante sfumature di marrone c’erano nei tuoi occhi, e quanti capelli avevi in testa; chissà qual era il tuo colore preferito. Chissà se ti piaceva farti raccontare storie dal tuo papà, quando eri bambina. Chissà qual era il tuo nome da principessa o da eroina, e chissà quante parole hai detto che non pensavi, quando mamma ti faceva arrabbiare: forse sbattevi la porta, maledicendoli tutti, perché volevi scappare via, via, lontano da tutte queste facce, da tutti questi pensieri, da tutti questi specchi in cui non sapevi riconoscerti.
Chissà chi eri, e chissà chi volevi essere. Chissà se ancora i dubbi ti tenevano sveglia la notte: in fondo eri così giovane. Diciannove anni, non abbastanza tempo per averne venti.
Chissà quanto hai sognato. Rinchiusa nella tua stanzetta o stesa su un prato verde… quanto avrà vagato il tuo intelletto, bramoso di vita e di speranza (quella che non muore mai). Chissà i tuoi pensieri fin dove sono arrivati, verso i tanti universi che tu, solo tu, hai esplorato mille volte. Chissà quanto avrai fantasticato sulla tua vita e sulla vita tutta, in cerca di risposte a domande che nessuno sapeva pronunciare. Chissà che cosa avevi nel cuore; chissà cosa nascondevi dietro i sorrisi, chissà quanti fotogrammi hanno visto i tuoi occhi, quante guance hanno sfiorato le tue mani e quanti cuori hanno toccato le tue parole. Chissà quanto era grande la tua sete di vita, chissà quante volte sei stata stronza, e poi impassibile, e poi testarda, e meravigliosamente Ida.
Chissà quanto amavi. Chissà quanto forte amavi, quando lo facevi, e quanto forte il tuo amore colpiva. Chissa se è questo che hai fatto prima di essere colpita: amare. Amare forte, intensamente, amare anche se non sai dove si va. Chissà se prima di essere presa dal morso rabbioso della morte, tu le hai riso in faccia tutto l’amore del mondo. E chissà quanto è stata forte la tua risata, viva, viva di vita imperitura, di vita che non si stanca, che non si ferma, che non finisce. Perché la strada che ti ha inghiottita è la stessa che ti ha slanciata in su, sempre, infinitamente più in su: al cielo non c’è tetto, e nemmeno all’amore. Ama ancora, Ida, tutti noi, profondamente ama, che non importa più cosa sei stata; infinitamente, sarai.
Benedetta Gidorino
Studentessa, 16 anni