Sanità, Serra e gli scippi di Vibo City. I “generali” devono capire che chi vive in montagna va rispettato

di Biagio La Rizza

Fonte: Il Meridio (https://ilmeridio.it/gli-scippi-di-vibo-e-la-memoria-corta-per-salvare-il-san-bruno-bisogna-cambiare-registro/)

Mentre in ogni angolo di un territorio sempre più povero, sempre più isolato, sempre più saccheggiato e sempre meno capito si consuma il dramma dell’erosione del diritto alla salute, chi fa parte del sistema Calabria cade nella trappola di cercare di schiacciare il più debole per mettere in salvo (almeno per il momento) se stessi. No, la Sanità e, più in generale, la convivenza umana non funzionano così. 

Il calpestato principio solidaristico vorrebbe l’individuazione di soluzioni comuni e condivise ai problemi per rafforzare soprattutto chi ha meno ed è più indietro, non una sorta di “salvo i miei e gli altri affoghino pure”.

Invece, a queste latitudini, succede che la dottoressa Marianna Rodolico proponga di ridurre quello che resta del Pronto Soccorso di Serra San Bruno da h24 a h12 per rimpinguare l’organico di quello di Vibo Valentia. Così, dopo aver fatto sostanzialmente scomparire reparti e prestazioni con la mancata sostituzione di chi è andato in quiescenza e, più recentemente, gli anestesisti con la giustificazione dell’emergenza Covid, si tenterebbe un nuovo scippo. Detto così sembrerebbe la concretizzazione imminente di un’ulteriore misura drammatica da rigettare con fermezza e con tutti i mezzi possibili (e impossibili), ma prima di abbandonarsi a commenti urlati, bisogna analizzare la situazione e porsi qualche domanda: con tutto il rispetto, ma chi è la dottoressa Rodolico? A che titolo parla? A titolo personale o come “testa d’ariete” di altri? La sua è una proposta reale o una provocazione? Perché il commissario Giuseppe Giuliano resta impassibile come se il problema non lo toccasse? Forse è qui che, sin dall’inizio, si voleva arrivare?

Posto che non è la prima uscita della dottoressa e probabilmente non sarà nemmeno l’ultima vista la sua loquacità sui social, va detto che a queste affermazioni va dato il giusto peso. Come la giusta attenzione va data alla direzione che Giuliano sta dando a questa Asp: la sensazione è che il pilota si limiti ad eseguire il volere di chi comanda e che, dunque, il volante sia di fatto in mano ad altri. Per definizione, infatti, un manager vuol fare carriera e le “promozioni” vengono concesse se si centrano precisi “obiettivi”.

Chi davvero “comanda” è chi adotta scelte politiche sulla base di conti che potrebbero non riguardare solo l’aspetto sanitario ma anche quello squisitamente politico. Altro punto è l’atteggiamento della politica locale e dei cittadini: le azioni sembrano piuttosto confuse e sovrapponibili, poco efficaci e connotate da pregiudizi. Una protesta popolare unitaria e un’azione istituzionale condivisa e sostenuta da tutti sarebbero senz’altro più utili della zuffa sguaiata con critiche e affondi reciproci alla quale stiamo assistendo. 

Occorre mettere da parte ogni spicciolo interesse politico da parte di tutti e picconare senza guardare in faccia nessuno. Perché, ad esempio, c’erano subbugli e sommosse quando il presidente della Commissione Sanità era tal Nazzareno Salerno che – da serrese – poteva avere tutti gli interessi tranne che quello di far chiudere il “San Bruno” (allora sì inserito nero su bianco nella rete ospedaliera con il titolo di “ospedale di montagna”) e ora che il presidente della stessa Commissione è il vibonese Michele Comito c’è un silenzio tombale?

Magari bisognerebbe riconoscere che in passato la politica ha commesso errori, ma anche che la società civile (e chi pretende di impadronirsi di tale titolo) non è stata esente da valutazioni errate in quanto mosse dalle spinte emozionali del momento. Dunque, è l’ora della sveglia: se l’ospedale in quanto tale verrà chiuso non sarà più riaperto. Occorre opporsi con un ruggito alla più banale pretesa di portar via anche un elemento insignificante dell’ospedale di Serra San Bruno: chi “comanda” deve capire che chi “vive in montagna” (come afferma qualche “generale” di Vibo City) ha gli stessi diritti (e non solo la stessa capacità di votare alle elezioni) di chi si trova città. Adesso si deve pretendere rispetto e se non verrà dato occorrerà prenderselo senza perdersi troppo nell’eleganza delle parole e nella galanteria dei fatti.