Sanremo 2024. Loredana Bertè e “Ragazzo mio”: la storia di un capolavoro sottovalutato

Loredana Bertè, che quest’anno rappresenta la Calabria della canzone al Festival di Sanremo, ha portato la cover di “Ragazzo mio” di Luigi Tenco alla serata delle cover. L’occasione è propizia per ricordare come nasce questo capolavoro della musica italiana, ancora oggi troppo sottovalutato. 

Tratto da Trick – Musica Italiana d’Autore

Luigi Tenco, uno dei maestri cantautori della canzone italiana ed esponente di spicco della scuola genovese, pubblicava nel 1964 il brano da lui scritto “Ragazzo mio” sul lato A del 45 giri che comprendeva sul lato B “No, non è vero”. Il pezzo veniva inserito l’anno successivo nell’LP “Luigi Tenco”. Il pezzo avrà diverse cover eccellenti, tra le più famose ricordiamo quella di Loredana Bertè e di Ivano Fossati.

“Ragazzo mio”, è dedicata da Tenco al giovane Alessandro, figlio dell’amico Roy, come quest’ultimo affermerà nel suo libro (Caso Tenco. È stato un suicidio?). Il cantautore rivolge paternalmente al ragazzo, che in questa canzone rappresenta la generazione futura, preoccupato che da grande potrebbe non capire l’impegno da lui e da quelli come lui profuso per combattere il conformismo della società. È da prediligere un’interpretazione che vede Tenco impersonare direttamente le sembianze del padre del ragazzo e, dunque, riferire la locuzione “tuo padre” a se stesso. L’autore non nasconde al figlio di sentirsi giudicato dalla società per essere un sognatore ed idealista. Tuttavia, coloro che giudicano sono parte di quella società fatta di piccoli uomini che alla prima difficoltà si arrendono perchè senza ideali. (Ma tu non credere, no, che appena s’alza il mare/ Gli uomini senza idee, per primi vanno a fondo).

La stessa società che si illude che trovare un grande amore basti per voltare le spalle a tutto il mondo (Ragazzo mio… un giorno i tuoi amici ti diranno/ Che basterà trovare un grande amore/ E poi voltar le spalle a tutto il mondo). Il padre, dunque, invita il figlio a non distruggere i propri ideali, continuando sempre e comunque a combattere per essi e mettendo il figlio in guardia da possibili delusioni che inevitabilmente arriveranno. Ancora una volta Tenco dimostra di essere avanti. Ma dalle sue parole già traspare una solitudine. Probabilmente proprio quella solitudine degli idealisti che lo perseguiterà per tutta la vita e che potrebbe aver giocato un ruolo importante in quell’ albergo durante il Festival di Sanremo del 1967…