Sanremo 2025. Brunori: “Io come De Gregori? È come se ad un calciatore dicessero che somiglia a Platini!”

Il 5 febbraio scorso, prima di partire per Sanremo, Dario Brunori ha incontrato i giornalisti calabresi nel foyer del Teatro Audiorium all’Università della Calabria e abbiamo partecipato anche noi.

La prima domanda non poteva che prendere spunto dalle “pagelle” degli addetti ai lavori stilate qualche giorno prima. E anche allora come oggi erano tanti quelli che avevano accostato Brunori a De Gregori. Partendo naturalmente dal Corsera, che ci aveva fatto anche un bel titolo “Brunori pare De Gregori”“… Alla fine il centro spirituale di un brano melodicamente degregoriano (con l’aria sognante di Sinigallia che produce) però è Brunori…”. 

Ma non solo il Corriere. “… Sfidiamo chiunque a chiudere gli occhi e non pensare che sia De Gregori a cantare nei primi 30 secondi del pezzo. Non che sia un insulto, tutt’altro. E infatti il pezzo di Dario è bello, bellissimo, come sempre…” (Rockit). “Una canzone d’altri tempi, degregoriana…” (Il Messaggero)“… Canguro fra passato e futuro, dentro una canzone d’amore, De Gregori, occhi di donna, l’albero delle noci della sua infanzia, la Calabria, terra crudele, la differenza fra il sangue e il vino…” (Quotidiano Nazionale). E anche Fanpage scrive che c’è un riferimento ai grandi classici e mette tra parentesi e con punto interrogativo retorico De Gregori… 

Dario, non sarai arrabbiato se ti hanno paragonato a De Gregori.

Ma figurati! Essere soltanto avvicinato a De Gregori è come se ad un calciatore dicessero che somiglia a Platini! Mi ha fatto molto piacere e sono felice che lo abbiano scritto in tanti perché è quella la scuola a cui faccio riferimento. Certo, io sono più “dalliano” ma non tanto per un discorso  musicale  quanto piuttosto perché mi sono sempre sentito vicino alla sua “giocosità” se posso utilizzare questo termine.

Ma perché dicono che somiglia allo stile di De Gregori?

Beh, la canzone parte con piano e voce ed è stato quasi naturale, anche per me stesso, scoprire qualche affinità con lo stile di De Gregori. Poi c’è qualche richiamo anche ai temi successivi che sono più da ballad o da midtempo ma è chiaro che se il mio orizzonte di riferimento è quello cantautorale, col pensiero si ritorna sempre a loro, ai grandi maestri della nostra tradizione come De Gregori e Dalla, è del tutto inevitabile e va benissimo così, ci mancherebbe.

Per un cantante calabrese andare a  Sanremo equivale alla Nazionale per un calciatore. E poiché siamo nella sfera dei cantautori sei il terzo calabrese ad arrivare a Sanremo dopo Rino Gaetano e Sergio Cammariere. 

Il mio legame con la poetica di Rino Gaetano è antico quanto quello con Dalla e De Gregori. Rino Gaetano è stato molto più calabrese di quanto siamo noi pur non avendo vissuto molto nella nostra terra. E visto che ho parlato di antichità, in lui ho sempre trovato qualcosa di ancestrale, che non poteva non derivargli dall’origine calabrese. Un tratto specifico che ritrovo anche in Sergio Cammariere, anche se lui è più raffinato ed elegante ma ha tanti punti in comune con Rino (Sergio Cammariere è il cugino di Rino Gaetano, pur se non si sono mai conosciuti. La madre di Rino è nata da una relazione extraconiugale del nonno di Cammariere, ndr).

Non glielo abbiamo chiesto, ma dopo aver parlato di Rino Gaetano e Sergio Cammariere, Brunori ha giustamente citato altri due grandi cantautori calabresi.

Tra i cantautori calabresi ai quali mi ispiro e con il quale ho anche uno splendido rapporto di amicizia c’è Peppe Voltarelli, cosentino della costa jonica, di Mirto Crosia. Bravissimo, sensibile, ancora più “ancestrale” di Rino Gaetano e che sta riscuotendo uno strameritato successo ormai da diversi anni. Lui si richiama alla tradizione folk e popolare di Otello Profazio, recentemente scomparso, un altro grande cantautore calabrese, che non ha fatto Sanremo (si è fermato a “Canzonissima”, ndr) ma ha lasciato una traccia indelebile.