Sanremo 2025. Dario Brunori sul podio fa rivivere il mito di Rino Gaetano. L’omaggio con Jovanotti del 2019

Per un cantante calabrese andare a Sanremo equivale alla Nazionale per un calciatore. E poiché siamo nella sfera dei cantautori, Brunori Sas è stato il terzo calabrese ad arrivare a Sanremo dopo Rino Gaetano e Sergio Cammariere. E per ironia della sorte o magari soltanto per uno dei più classici corsi e ricorsi storici, Brunori Sas si è piazzato al terzo posto esattamente come i suoi predecessori: Rino Gaetano nel 1978 con “Gianna” e Sergio Cammariere nel 2003 con “Tutto quello che un uomo”.

Il mio legame con la poetica di Rino Gaetano – ha avuto modo di affermare Dario Brunori all’Unical prima di partire per Sanremo – è antico quanto quello con Dalla e De Gregori. Rino Gaetano è stato molto più calabrese di quanto siamo noi pur non avendo vissuto molto nella nostra terra. E visto che ho parlato di antichità, in lui ho sempre trovato qualcosa di ancestrale, che non poteva non derivargli dall’origine calabrese. Un tratto specifico che ritrovo anche in Sergio Cammariere, anche se lui è più raffinato ed elegante ma ha tanti punti in comune con Rino (Sergio Cammariere è il cugino di Rino Gaetano, pur se non si sono mai conosciuti. La madre di Rino è nata da una relazione extraconiugale del nonno di Cammariere, ndr).

Dario Brunori ha in comune molte cose con Rino Gaetano. Una verve che oscilla tra ironia e malinconia, una voce non proprio ‘pulita’ che ‘sporca’ al punto giusto testi che gridano al mondo della velocità e del business la fame della quotidianità e la bellezze delle piccole storie di un minuto.

E poi Dario stesso ha affermato più volte che alcuni suoi pezzi importanti come “Guardia 82” in primis (“si parlava di sport di Pertini e Bearzot” ricorda molto da vicino “Nuntereggaecchiu'”) ma anche “Rosa” e pure qualche altro riflettono pienamente la sintonia tra i due cantautori.

Ma le similitudini sono anche altre. La verità è che l’impronta Brunori l’ha intelligentemente mutuata da personaggi del calibro di Rino Gaetano oltre che dal “monumento” De Gregori. Che – beninteso – ha condiviso con Rino i bei tempi del Folk Studio di Roma. Di suo, però, il ‘giovane Dario’ (semicit.) ci ha messo molto. Il suo sguardo occhialuto ha saputo cogliere i movimenti di una società che poco ha a che fare con i Settanta e gli Ottanta. Una società che ha guardato da artista-imprenditore (figura per certi versi anomala). Artista-imprenditore in grado di essere dalla parte dei suoi dipendenti. Sotto questo profilo, copertina e contenuti dell’ormai vecchio Volume 2, Poveri Cristi, sono il degno riassunto della sua capacità di fotografare la crisi del nostro tempo, con un pathos talvolta superiore a quello usato da Rino Gaetano in brani quali ‘Titititi’ o ‘Metà Africa e Metà Europa’.

L’impressione generale è che il modo di scrivere di Rino Gaetano riviva in versione riveduta e corretta nella visione postmoderna del circostante effettuata sapientemente da Brunori. E’ un pregio? E’ un difetto? Rispondiamo glissando la domanda: anche Rino Gaetano deve qualcosa a Buscaglione. E persino De Gregori imitava in tutto e per tutto Bob Dylan.

L’OMAGGIO AL JOVA BEACH PARTY

Dario Brunori ha omaggiato Rino Gaetano a Roccella nel Jova Beach Party dell’estate del 2019. Insieme a Jovanotti hanno intonato “Ma il cielo è sempre più blu”, senza dubbio il manifesto principale di Rino Gaetano. L’esecuzione-omaggio fatta dal palco del Jova Beach Party è stata un grande inno alla calabresità davanti a una folla oceanica (oltre 30 mila). Quella stessa sera Jovanotti ha cantato con Dario anche la sua “La Verità” e ha continuato ad omaggiare la Calabria insieme a Gianni Morandi, che ha cantato “A mano a mano” nella versione di Rino e ha anche ricordato Mino Reitano, con il quale ha condiviso soprattutto tante edizioni di Canzonissima.

IL VIDEO (BRUNORI E JOVANOTTI MA IL CIELO E’ SEMPRE PIU’ BLU)

Non glielo abbiamo chiesto, ma dopo aver parlato di Rino Gaetano e Sergio Cammariere, Brunori ha giustamente citato altri due grandi cantautori calabresi.

Tra i cantautori calabresi ai quali mi ispiro e con il quale ho anche uno splendido rapporto di amicizia c’è Peppe Voltarelli, cosentino della costa jonica, di Mirto Crosia. Bravissimo, sensibile, ancora più “ancestrale” di Rino Gaetano e che sta riscuotendo uno strameritato successo ormai da diversi anni. Lui si richiama alla tradizione folk e popolare di Otello Profazio, recentemente scomparso, un altro grande cantautore calabrese, che non ha fatto Sanremo (si è fermato a “Canzonissima”, ndr) ma ha lasciato una traccia indelebile.