Scala Coeli, la discarica non si doveva aprire ma la Regione l’ha aperta e la procura dormiva. E ora chi paga?

Caro direttore,
nel dibattito sul disastro di Scala Coeli, perché solo di disastro si può parlare, in pochi stanno centrando l’attenzione sulla vera questione. Mentre la Regione si improvvisa impresa di autospurgo e non si occupa di capire cosa fare con il terreno ormai contaminato dal percolato, non ci si interroga sulle ragioni di ciò che è accaduto.
Qualche frase sibillina accenna il problema. Quello che è successo era davvero imprevedibile? Stando alle carte, no. Infatti io sono a conoscenza (ma qui a Cariati lo sanno tutti) di più esposti che denunciano una cosa davvero incredibile.
Ad un certo punto, comitati ed associazioni erano riusciti a far notare una cosa molto semplice: una discarica non può essere in sicurezza se non ha una strada d’accesso percorribile sempre, e per arrivarci invece bisognava attraversare un torrente, il famoso torrente che oggi è diventato una discarica di percolato.
Ma quando gli uffici del Dipartimento dell’Ambiente della Regione Calabria vogliono fare qualcosa, non li ferma nemmeno l’evidenza. Nell’autorizzazione della discarica, in caso di piena del torrente che deve essere attraversato per raggiungere la discarica, il percolato dovrebbe essere passato da un lato all’altro del torrente “al volo”, cioè con un tubo da una cisterna all’altra.
E’ evidentemente una cosa assurda, ma grazie a questa trovata geniale, la Regione Calabria autorizzò l’apertura di questa ennesima discarica privata.
A nulla sono servite note, diffide, esposti alla Procura, che dormiva e che sembra continuare a dormire, perché grazie a questo escamotage venne autorizzata prima la discarica, poi l’ampliamento.
Il problema del percolato è così noto che, sempre in fase di autorizzazione, per provare a mettere pezze su pezze (peggio del buco) la volumetria delle vasche di raccolta è stata aumentata tre volte: forse perché sapevano già che la quantità di percolato prodotto dalla discarica non avrebbe mai e poi mai essere contenuta e gestita con questo metodo volante?
Nei giorni precedenti il disastro, gli agricoltori del luogo giurano che la discarica fosse carica di percolato e che i rifiuti ci galleggiassero dentro.
Questo testimonia che probabilmente le vasche di raccolta erano già piene e che i proprietari evidentemente non avevano modo di svuotarle. All’improvviso la discarica si è svuotata, tutta nel torrente, come se a furia di spingere, si fosse aperto un varco. Che si trattasse di un guasto o del tentativo riuscito male di smaltire percolato, una cosa è certa: lì non doveva starci ed era tutto previsto (e nascosto) nella autorizzazione della discarica. Ora chi paga?
Dovrebbe pagare in primis chi allora ha autorizzato questa follia, ovvero il direttore generale del tempo Orsola Reillo e il suo vice Gabriele D’Alitto. Ma la cosa più inquietante è che anche la Procura, nonostante fosse stata resa edotta di tutti i fatti, non fece nulla ed ha consentito che oggi è accaduto quello che è accaduto. Forse per le note parentele che avevano tra i magistrati? Ed ora la Procura indagherà queste cose o di nuovo farà finta di nulla? La Regione Calabria, oltre a fare l’autospurgo della ditta privata, revocherà l’autorizzazione viziata?
Caro direttore, la Calabria è una terra con la memoria corta purtroppo e temo che anche questa ennesima sciagura sarà messa sotto il tappeto, anzi, sotto la sabbia e nelle falde acquifere, come il percolato della discarica.