Scalea 2020, la restaurazione senza rivoluzione: il sistema feudale non molla

di Saverio Di Giorno 

Quando nel 1789 dei signori francesi decisero di fare un po’ di baldoria sovvertendo l’ordine costituito avevano in mente soprattutto un nemico: il sistema feudale. Per quel sistema, un fazzoletto di terra era di proprietà del signore, dominus incontrastato e – semplificando – ne poteva disporre a suo piacimento, cedendolo, dividendolo o cosi via. Nonostante Napoleone, il vento di quella rivoluzione dalle nostre parti non ha mai soffiato; men che mai a Scalea. E se non può Napoleone, figurarsi la più modesta magistratura che pure aveva iniziato un lavoro (anche in questi mesi), ma che con le elezioni e con queste liste rischia di fermarsi.

Qualcuno ha provato ad alzare l’attenzione. Oltre al solito Renato Bruno che ormai conduce le sue battaglie in solitaria o quasi, anche il sindaco di Santa Maria Ugo Vetere ci ha provato con qualche post: “condannati ed impresentabili che fanno liste”. Ma a chi si riferiscono? Qualche nome che salta all’occhio c’è subito.

La stampa ha già parlato, ad esempio, di Angelo Paravati, ex sindaco di Orsomarso ma anche più o meno vicino alla gestione di diverse attività, dai consorzi allungando fino ai centri commerciali. Mille interessi e mille legami parentali. Ma anche amicali. Soprattutto l’ex sindaco, onnipresente Mario Russo. Definito spesso come longa manus nella composizione delle liste, sicuramente la sua influenza è alta.

Ancora una volta, basta guardare i nomi: l’avvocato D’Anna, ma anche la moglie di De Rosa. Cognomi che a ripensarci ricordano qualcosa e cioè l’amministrazione Basile, anche in quel caso amministrazione vicina a Russo. Insomma, liste che sembrano rispondere ad interessi precisi, almeno ad occhio costruite in maniera sapiente. C’è anche qualcuno che sarebbe pronto a raccontare e riferire di riunioni nei cosiddetti “Palazzi del potere” e anche in questo caso luoghi non neutri, ma che si chiamano Silvestri e di qui di nuovo a Mario Russo. I due nomi li troviamo insieme in vari procedimenti, dalla caserma all’aviosuperficie. E di qui ancora, tramite il giudice Torretta, si potrebbe arrivare ad altri palazzi, questa volta giudiziari e volendo anche bancari, ma questa è un’altra storia che racconteremo.  Veri o non veri questi episodi, al di fuori del gossip politico e dei procedimenti, qui si parla di politica e la questione è più ampia di riunioni o condanne.

Abbiamo la restaurazione senza la rivoluzione. Eppure, la magistratura ci stava provando con una serie di sequestri; approfondendo sulla questione delle concessioni e sul demanio si poteva arrivare ai conflitti di interesse, alla questione delle casse in rosso che ha portato sull’orlo del dissesto il comune. La questione specifica abbiamo già avuto modo di approfondirla a ritroso fino ai buchi dell’operazione Plinius. Quel che interessa ora è soprattutto una domanda: come si possono risolvere queste situazioni se alcuni nomi nelle liste rimandano anche a grossi imprenditori turistici? E come spesso scriviamo, basterebbe leggere le denunce e le carte che già esistono e riposano per tirare le fila. È un mondo di professionisti quello che si muove, dal quale restano fuori studenti, operai, immigrati, disoccupati ai quali viene chiesta solo la famigerata croce.

E questo è il punto: non le condanne o i procedimenti propri o di parenti e amici. Che siano arrivate o meno poco importa. Qui ci sono responsabilità politiche che sono ben più ampie. L’aviosuperficie, l’industria turistica in generale, gli appalti, la questione delle casse prima che possibili esempi di collusioni o corruzioni sono certi esempi di mancanza di visione, di distruzione paesaggistica, di distruzione del tessuto sociale e dei servizi. Queste sono responsabilità politiche e questo interessa prima ancora di quelle penali. Sono esempi di una gestione privatistica, padronale e appunto feudale del territorio comunale che invece dovrebbe essere bene della collettività.

Certo, volendosi disfare del vecchio detto che chi va con lo zoppo impara a zoppicare, si potrebbe obiettare che non è detto che si abbia la stessa visione o idea del marito, della moglie, del cugino o dell’amico.

Sicuramente, il sangue non è una condanna anche se siamo in Magna Grecia, ma le cose diventano più complicate se oltre al sangue ci sono gli interessi. E magari si può barattare la visione con quale quattrino. Ma soprattutto, bisogna darne prova: bisogna fare una campagna elettorale seria, nelle piazze e non nei palazzi o sulle chat, con prese di posizione decise e non questioni vaghe e generali, con distanziamenti da nomi e cognomi. La legalità è questione ben più ampia della giustizia nei tribunali. L’unica via per essere credibili (e quindi votabili) è questa.

Forse l’incipit storico fa sembrare giacobini, forcaioli e tutte quelle altre parole che si usano per evitare di prendere posizione, in realtà era già Borsellino che ricordava che non bisogna aspettare il magistrato. “Il politico non solo ha il dovere di essere onesto, ma anche di sembrare tale”. Cosa ne pensano il governatore Santelli, e il presidente della commissione antindrangheta? È questo il presidio di legalità di cui si è parlato? Bisogna che si esprimano in qualche modo perché altrimenti verrà il legittimo dubbio che gli amici e i conoscenti in gara abbiano pesato sulla reticenza. E infine, dove sono le associazioni e le altre istituzioni del territorio? Dalla Chiesa a Libera. Senza una parola, anche qui, inutile poi chiederle a chi sta più in alto, anche se stando agli ultimi sequestri è possibile che anche il Signore tramite i suoi ministri abbia qualche interesse…

Da una parte c’è il bisogno, dall’altra la dignità. I morsi della fame rischiano purtroppo di essere più dolorosi di quelli della coscienza.