Scalea metafora dei calabresi: si stava meglio quando si stava… peggio?

Guardate dietro Berlusconi e la Pascale: la faccia di bronzo che spunta è quella di Mario Russo

di Saverio Di Giorno

Scalea è un disastro. Non è mai riuscita a dominare i suoi incubi che al contrario continuano ad attanagliarla. L’attuale amministrazione aveva un compito forse troppo alto: mostrare che si può amministrare diversamente rispetto al passato. Invece, se si passeggia per Scalea, il nome che si sente ripetere più spesso è quello di Mario Russo che secondo alcuni potrebbe rientrare direttamente o indirettamente alla prossima tornata. Alcuni ricordano con rassegnazione, altri con nostalgia.

È un dato di fatto e occorre prenderne atto. È una sconfitta. Per chi ricorda le serrande abbassate ed omertose quando si manifestava per Scalea sciolta è una dura constatazione. Si sono buttati anni di manifestazioni, battaglie sociali e giudiziarie, di ricostruzione di fiducia dal basso. Le luci di questi quattro anni sono arrivate a sprazzi e con ritardo.

Le colpe dell’amministrazione

Essenzialmente due: lentezza e chiusure. Hegel diceva che la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni (non sarà l’unica, di citazione). Ed è costellata di lacciuoli dove si inciampa: non si è riuscito a spezzare certi legami fino in fondo. Dilaniata da gruppi autonomi, mire personalistiche e accuse reciproche l’azione è stata rallentata e frenata dalla paura di perdere i voti garantiti da tali gruppi. L’ultima è la dura reprimenda del Presidente del Consiglio, Gaetano Bruno che tira direttamente in mezzo la vicesindaca Alfano e i suoi silenzi su azioni passati dell’amministrazione. Prima ancora c’erano state fuoriuscite. Ma poi ci sono i ritardi e i silenzi. Dunque, in ordine sparso: di recente USB era rimasta delusa dal silenzio dell’amministrazione sulla gestione degli stipendi nel settore rifiuti, di cui ci eravamo occupati.

Si era preferito mediare: si attende ancora la svolta sulle concessioni demaniali mentre questa estate abbiamo visto un’azione dura sul villaggio Mediterraneo a seguito di una sentenza sui canoni non versati, ma un’altra sentenza riconosce espressamente “la buona fede” e le carte mostrano la volontà di pagamento e una richiesta di rateizzazione. Se questa è la linea dura allora deve valere per tutti gli abusivismi, invece di recente abbiamo ricevuto segnalazioni su denunce mai ascoltate dalle autorità e difficoltà ad interfacciarsi con gli uffici (https://www.iacchite.blog/lettere-a-iacchite-scalea-dehors-abusivi-e-mancato-controllo-da-parte-delle-autorita-competenti/ ).

Ancora: uno dei racconti con tanto di messaggi e documentazione pubblicata è quella fatta dalla cooperativa Germano a mezzo social per raccontare la difficoltà nell’avere un risarcimento danni a seguito degli incendi su cui lo stesso sindaco si era inizialmente pronunciato a favore. Anche in questo caso le difficoltà sarebbero state le troppe anime diverse dentro l’amministrazione. C’è chi trova disponibilità e dialogo e chi risposte in burocratese. Questo ovviamente non toglie il merito di aver avuto se non altro il coraggio di mettere il naso su questioni finora tabù quali aviosuperficie, discarica e piscina coperta (anche se occorre capire come evolverà la situazione), né il titanico compito di rimpinguare casse defraudate, tuttavia lasciarsi dietro il sociale, le lotte operaie e le istanze dal basso è un azzardo forte. E forse imperdonabile.

Gli smemorati senza pudore

Gli errori e le mancanze dell’amministrazione hanno dato diritto di parola (per citare Eco, stavolta) a legioni di smemorati. Mai Scalea ricorda un dibattito politico tanto fervido e attivo (vivaddio per carità!) e minoranze tanto attive e solerti. Anzi, negli anni passati quando ad esempio il M5s denunciava ammanchi e storture si consigliava il silenzio o lo si imponeva. Tra l’altro viene da dire da che pulpito! Ad ergersi a padri nobili della patria, dispensatori di consigli e critiche sono persone il cui curriculum è stato legato nel passato (amministrazioni Russo e successive) a chi nella stessa città si è riempito di responsabilità, se non altro politiche e sociali: casse distrutte, cementificazione selvaggia, disprezzo della cosa pubblica, degradazione paesaggistica (e qui si cita e si ricordano i 49 anni di Pasolini). A chi ha consentito che i vari clan entrassero nel Comune. A chi non sa nulla sui milioni e i computer spariti.  Responsabili o direttamente o perché non hanno fatto nulla per fermare tutto questo nonostante ne avessero il ruolo.

Vicine o per ruoli pubblici rivestiti (ex consiglieri ed assessori) o perché presenti nel codazzo ad ogni compleanno o manifestazione pubbliche. Persone che, nel migliore dei casi, quando potevano fare non hanno dato grandi prove amministrative. D’altra parte, si sa: la gente dà buoni consigli quando non può più dare il cattivo esempio (occorre dire che è De Andrè?). Lo avevamo anticipato: i soliti interessi del cemento e del denaro pubblico hanno nuovi garanti, ma su questo avremo modo di tornare, con nomi e cognomi come al solito.

Scalea metafora dei calabresi

Ed ecco che per Scalea si sente dire: “se non altro prima un modo lo trovavi”, “qualcuno con cui fare una chiacchiera e accordarti c’era”. Più della lentezza, più delle divisioni, più dei silenzi. La colpa maggiore è aver dato diritto di cittadinanza alla logica del sotterfugio, del accordo informale, del meglio il do ut des. Il compito che si era auto-data l’amministrazione era quello di dimostrare a persone ormai stanche e rassegnate che c’era un altro modo per governare che non fosse accordare permessi, dispensare ricette, disseminare autorizzazioni; un modo diverso dal comparaggio, dall’amicizia, dalla spesa e dal favore edilizio. Che c’era il canale ufficiale, in punta di diritto. E che non solo c’era, ma poteva funzionare per tutti. Se la mancanza di memoria è una colpa degli scaleoti e dei calabresi, la loro rassegnazione e loro stanchezza è una colpa della politica. Se loro tornano a chiudersi dietro le serrande e a non esporsi preferendo il chiacchiericcio e la richiesta, è (o meglio sarebbe) compito della politica uscire dal palazzo e dagli eventi ed andare ad aprire le serrande e ascoltare.