Scommesse illegali: coinvolto il figlio del defunto boss della Sibaritide

In due anni avrebbero incassato 5 miliardi di euro: figurano anche persone ritenute dagli inquirenti della Procura di Salerno (guidata dal procuratore Giuseppe Borrelli) legate al clan dei Casalesi tra i 33 soggetti ai quali i carabinieri hanno notificato altrettante misure cautelari nell’ambito di una indagine della Dda su un vasto giro di giochi e scommesse illegali esteso oltre che in mezza Italia anche a Panama, Romania e Malta.
Contestualmente sono stati messi sotto sequestro preventivo, su richiesta dell’autorità giudiziaria, anche undici siti web e due società – la Europartner e la cooperativa Iocosa Ludum, entrambe con sede legale a Mercato San Severino (Salerno) – e tre milioni di euro, ritenuto provento delle attività illecite, riconducibili a Luigi Giuseppe Cirillo, figlio del defunto boss calabrese di Sibari e della Sibaritide (prima di cedere il passo a Santo Carelli), e ad altre persone ritenute dagli investigatori suoi prestanome.

La community mondiale di giocatori e il sistema perfezionato da Cirillo
Cirillo, che gli investigatori ritengono capo e promotore del sodalizio criminale, è accusato di aver costituito una vera e propria holding dedita al gaming online illecito sul territorio nazionale ed estero, avvalendosi anche dei legami con i vertici dei Casalesi.
Nella ricostruzione fatta propria dal giudice – e suscettibile di ulteriore vaglio nell’ulteriore corso del procedimento – il figlio del defunto boss si sarebbe servito di un sistema di gestione e amministrazione telematico ideato nel 2000 e ne avrebbe nel tempo incrementato notevolmente le potenzialità e la diffusione, utilizzando le ragguardevoli competenze nel settore tecnico-informatico di uno dei sodali, grazie ad una community di gioco fatta di diversi milioni di giocatori diffusi in tutto il mondo, i quali, fruendo della piattaforma messa a disposizione, potevano giocare e scommettere online l’uno contro l’altro a distanza di migliaia di chilometri e senza alcun vincolo di tempo e luogo.

I siti collocati nei paradisi fiscali
Il gip, in particolare, ha ritenuto allo stato fondata la ricostruzione delle risultanze investigative, formulata all’esito dell’attività d’indagine, svolta dal Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Salerno, secondo la quale la presunta consorteria criminale avrebbe effettuato le proprie attività mediante siti internet prevalentemente con domini .com e .eu, tutti privi delle prescritte autorizzazioni dei Monopoli di Stato italiani, allocati presso diversi server che, seppur coordinati da Mercato San Severino (Sa), sono stati materialmente ubicati all’estero, in cosiddetti paradisi fiscali, tra i quali Panama e l’Isola di Curacao. Proprio tali elementi hanno reso particolarmente complesse e difficoltose le operazioni di monitoraggio.

Il sistema e gli investimenti immobiliari di Cirillo a Panama
Scommesse, casinò e poker Texas hold’em sono alcuni dei giochi che, secondo la ricostruzione investigativa, sarebbero stati programmati ed eseguiti abusivamente associandosi alla rete “dbgpoker”. Alcuni dei giochi, inoltre, sarebbero stati fruibili anche su slot machines e totem in diverse attività commerciali, per lo più del Sud Italia. Sempre secondo la tesi investigativa e condivisa dal gip, il sistema piramidale prevedeva che, «a ogni passaggio di livello – spiega la procura di Salerno – sarebbe stata corrisposta una percentuale per la prestazione fornita da ciascun componente della piramide di gioco, a seconda di quanto stabilito in sede di “contrattualizzazione”». Poi, la consistente quota parte sarebbe andata nelle casse del casinò, livello apicale e amministratore globale. Tra i reati contestati a Cirillo vi è l’autoriciclaggio per degli investimenti immobiliari fatti a Panama e il porto abusivo di arma da sparo.

La vendita della Lamborghini Murcielago
Ritenuta di interesse investigativo anche la vendita, da parte di uno degli indagati, di una Lamborghini Murcielago, fittiziamente intestata a una società iscritta nei registri della Repubblica Ceca, a una concessionaria di Torino. Contestata, per alcuni reati, l’aggravante mafiosa sotto il profilo dell’agevolazione al clan dei Casalesi perché vi sarebbe stata la «consapevole fornitura – scrive la procura di Salerno – della piattaforma di gioco illegale a soggetti ad esso contigui, che, sulla base delle risultanze, ne avrebbero così alimentato le casse».