Se la Sila fosse in Trentino, Valle d’Aosta, Svizzera, o in qualunque altra parte del mondo, i trentini, gli altoatesini, i valdostani, gli svizzeri ne farebbero, accorpandola al loro immenso patrimonio naturalistico, uno degli attrattori turistici principali dei loro territori. Perché sanno bene che tutelare la montagna, preservarla, renderla fruibile agli appassionati senza “deturpare” i sacri luoghi naturali, offrendo loro servizi efficienti e di qualità, significa creare ricchezza per tutte le comunità che ci vivono.
Ma la Sila si trova in Calabria, e come tutte le bellezze calabresi abbandonata dalla politica che, oltre a speculare su fittizi progetti di rilancio e di immagine, altro non fa. Tutto si riduce a qualche raffazzonato “Festival” con annesso convegno dove ogni anno si annunciamo investimenti per migliorare gli scarsi servizi presenti, accompagnati da idee che non vedranno mai la luce. Se la fruibilità e la tutela della Sila dipendessero solo dalla politica anche quel poco di turismo che c’è sarebbe già sparito, incapace com’è di far funzionare una funivia, di rendere percorribili le strade d’inverno e i percorsi montani, o di aprire qualche campo da tennis.
A rendere viva la Sila l’iniziativa privata delle comunità che la abitano. Se non fosse per l’impegno delle associazioni, delle guide, degli allevatori, degli agricoltori, di chi si occupa di accoglienza, spesso lasciati soli dalla politica, la Sila sarebbe solo un grande bosco da dove attingere legname per alimentare la “mafia dei boschi”. Gli investimenti pubblici non hanno mai prodotto niente, se non clientela politica che più che guardare alla crescita economica del territorio, guarda alla crescita economica del proprio conto corrente. Non basta l’iniziativa privata a far crescere un territorio, serve l’aiuto della politica sana che deve farsi carico di rendere fruibile e attrattiva la Sila. Mancano gli investimenti strutturali, logistici e culturali che non possono essere affrontati dai privati. Serve un piano “quinquennale” ben organizzato e cadenzato, che non c’è mai stato, per poter attrarre turisti da ogni dove, mentre la politica, impegnata in intrallazzi più lucrosi, pensa di risolvere tutto ogni anno con qualche sagra nel mese di agosto. Senza mai preoccuparsi di dotare i paesi, associazioni, e guide degli strumenti necessari per meglio operare, durante tutto l’anno, nell’accoglienza di viaggiatori e turisti.
Eppure la Sila non ha niente da invidiare alla Val di Non, ma non riesce a produrre quello che i trentini producono economicamente nelle loro comunità montane. La bellezza della Sila è pari a quella delle Dolomiti, seppur con vette meno importanti, ma resta l’altopiano più grande d’Europa, e nonostante ciò il suo valore naturalistico e paesaggistico sembra non attrarre lo stesso turismo di qualità e di “massa” che le località montane trentine riescono a richiamare. E questo non è certo colpa dell’aspetto retrò e un po’ vintage di Camigliatello, ma di chi pensa che basti solo enunciare lo sviluppo su brochure, convegni e spot, senza mai agire di conseguenza e concretamente. E poi, parliamoci chiaro, nessuno investirebbe per migliorare la propria attività in un luogo dove il turismo si riduce a qualche mese estivo e a qualche settimana d’inverno. E Camigliatello, come tutti sanno, non si trova in Trentino.