Sentenza clan Rango-zingari: i pentiti sono uguali per tutti

La sentenza emessa dal Gup distrettuale di Catanzaro, Tiziana Macrì, a conclusione del processo con rito abbreviato, denominato “Nuova famiglia”, conferma l’esistenza a Cosenza della cosca cosiddetta “degli zingari”.

Un passo importante per il lavoro svolto dal PM Pierpaolo Bruni che nonostante la sua poca loquacità non esita a definire questa sentenza storica per la città di Cosenza. L’impianto accusatorio regge, e le condanne sono pesanti. Su tutte l’ergastolo di Maurizio Rango.

Esponente di spicco e reggente, ai tempi della libertà, del clan. Un ergastolo che arriva principalmente per l’omicidio di Luca Bruni. Episodio di cui ha largamente parlato il pentito Adolfo Foggetti e che vede alla sbarra, in altro processo, perchè hanno scelto il rito ordinario, Daniele Lamanna e Franco Bruzzese. Quest’ultimo anch’esso pentito.

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Dunque, questa sentenza non solo conferma l’esistenza del clan, ma reputa i pentiti che hanno avuto un ruolo importante in questo processo, più che attendibili. Oltre al racconto di Adolfo, che è risultato veritiero, i giudici hanno sommato anche quello del nuovo pentito Bruzzese e di un altro la cui identità è ancora top secret, e tutto è combaciato perfettamente.

Per i giudici non ci sono dubbi né sull’esistenza del clan, né sulle responsabilità di Rango sull’omicidio di Luca Bruni. Una sentenza che inevitabilmente si rifletterà anche sul processo “collaterale” per l’omicidio di Luca Bruni, dove l’unico imputato è rimasto Daniele Lamanna, visto che Bruzzese si è pentito.

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Un processo, quello di Lamanna, che oramai pare essere scontato nella sentenza. Ferma restando la legittimità dello svolgimento dello stesso. Ora è chiaro a tutti: a Cosenza esiste una organizzazione ‘ndranghetistica che ha esercitato una egemonia criminale per tanti anni sulla città. In conflitto con altri clan storici e sodale dell’ormai fuori dai giochi clan Bruni.

Le cantate dei pentiti hanno delineato, oltre che l’organigramma del clan, anche l’excursus dell’ascesa criminale dello stesso. Fatti e circostanze da loro raccontate hanno trovato piena conferma nei riscontri portati in aula dal certosino dottor Pierpaolo Bruni.

Un lavoro, il suo, che va avanti da tempo e che si è avvalso anche di attività investigativa, senza la quale non sarebbe stato possibile arrivare a questo risultato. Mettere insieme un quadro del genere non è cosa da poco. Ogni singolo episodio raccontato dai pentiti è stato verificato, e per farlo ci sono volute centinaia di ore di lavoro e tanto impegno. Segno evidente della serietà del lavoro e della determinazione della DDA di Catanzaro. Ed ogni verifica, alle dichiarazioni dei pentiti, portata in aula, è stata giudicata dal GUP ben fatta e veritiera.

Ergo: Adolfo ed Ernesto Foggetti e Franco Bruzzese, per i giudici sono ATTENDIBILI.

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Giova ricordare a tal proposito che detti pentiti, oltre a raccontare fatti ed eventi criminosi, hanno anche parlato della connivenza del clan (ora riconosciuto tale) con esponenti politici. Più precisamente per appalti e voto di scambio. Ricordiamo anche che dalle dichiarazioni, sempre di Foggetti, sono scaturiti altre provvedimenti giudiziari: un avviso di garanzia al consigliere regionale Orlandino Greco e, scusate se è poco, il blitz di Rende.

Foggetti parla di affari loschi tra il clan e le amministrazioni comunali di Cosenza, Rende e Castrolibero. Dalla gestione delle cooperative fino alla partecipazione a pubblici appalti. Il tutto in cambio del sostegno elettorale.

Raccontano fatti e circostanze i pentiti, così come hanno fatto sui loro ex compari, relativi ai loro incontri coi politici. Raccontano dell’impegno del clan (dei clan) nelle elezioni del 2011 per i candidati a sindaco: Manna, Occhiuto, Paolini. Così come è stato a Rende.

Parlano di denaro consegnato e di accordi presi. Di patti da rispettare e di segreti da mantenere: il mondo oscuro che da sempre avvolge la nostra città.

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Ora, se tanto mi dà tanto, c’è da pensare che altrettanto lavoro certosino è stato fatto per trovare i riscontri sugli episodi addebitati ai politici. E non abbiamo motivo di dubitarne. Perché altrimenti, oggi come non mai, sarebbe palese che in galera ci vanno solo i delinquenti di strada, mentre i politici chiamati in causa, la fanno sempre franca. La solita Giustizia corrotta: forte coi deboli e debole coi forti.

Non aver trattato allo stesso modo, giuridicamente ed investigativamente parlando, ad esempio, Rango e Occhiuto, anche sulla scorta delle dichiarazioni dei pentiti, sarebbe un abominio etico e morale. E non ci pare che chi sta conducendo l’indagine sui politici, abbia, finora, nella sua carriera, dato spazio o modo di pensare a questo “modus operandi”.

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Basta guardare tutte le inchieste del dottor Bruni per capire che siamo di fronte ad un magistrato che persegue il reato in maniera seria e onesta, indipendentemente dallo status sociale della persona. E se Occhiuto, Manna, Paolini, Greco e tutti gli altri coinvolti, si sono macchiati di reati, state tranquilli, che questa volta non godranno di nessuna copertura.

E’ questo che la gente di Cosenza finalmente si aspetta dalla Giustizia: punire tutti i colpevoli. Senza distinzione sociale.

Capisco chi fa circolare voci contrarie a questa. Chiacchiere che dicono che nessun politico sarà coinvolto, perché per loro non ci sono le prove (per Rango e tutti gli altri sì, per loro no). Al limite arresteranno qualche “braccio destro” e tutto si risolverà in una bolla di sapone. Un modo come un altro, forse, per esorcizzare la paura. Ci sta.

Mario Occhiuto con quel galantuomo di Corrado Clini
Mario Occhiuto con quel galantuomo di Corrado Clini

Ma in questo chiacchiericcio che vuole fuori dalla retata i politici non si tiene conto del lavoro degli investigatori che non ci stanno a questo. Come hanno fatto gli uomini della Guardia di Finanza sull’affaire piazza Fera, dove tanto hanno prodotto. Sarebbe una mortificazione alla loro professionalità oltre che uno schiaffo alla Giustizia se dopo aver filmato, registrato, intercettato, pedinato, ad esempio Occhiuto che intrallazza con Clini, oppure Potestio al telefono con esponenti dei clan, il magistrato non desse seguito al loro lavoro. Un’offesa allo stato. E non mi pare che la DDA sia usa ad offendere lo stato.

Perciò, state tranquilli: chi non ha fatto niente non ha nulla da temere. Proprio perché siamo di fronte a magistrati seri. Se Occhiuto, o Paolini, o chi volete voi, non hanno fatto accordi con la mafia, non hanno niente da temere. Se i riscontri non ci sono, state tranquilli che nessuno se li inventa. In questa inchiesta è garantita l’imparzialità di trattamento. Come deve essere sempre. Come dice la Legge.

Adesso la procura antimafia resta in attesa del pronunciamento del TDL di Catanzaro sugli arresti dei politici a Rende. Un pronunciamento che sicuramente confermerà la bontà dell’impianto accusatorio. Del resto è lo stesso Principe, nelle intercettazioni, a sua insaputa, a confessare. Una conferma che darà il via libera alla maxi operazione di cui tanto stiamo parlando a Cosenza.

Quello che ci auguriamo, perché la galera non l’auguriamo a nessuno, è una misura meno afflittiva per tutti gli imputati. A cominciare da Principe. D’altronde non siamo stati mica noi a inventare la galera. E comunque dopo questa “sentenza”, da stasera, ogni giorno può essere quello giusto.

GdD