Serie B, caso Chievo: tutte le rate Iva (dal 2014 al 2018) non pagate da Campedelli. Fine della favola

Le tanto attese motivazioni del Collegio di Garanzia del Coni riguardanti l’esclusione del Chievo dal campionato di Serie B sono state pubblicate sul sito ufficiale del Comitato Olimpico Nazionale Italiano il 29 luglio scorso. Si tratta di un’analisi pesante e documentata sulle irregolarità della società clivense, che lascia poco spazio ad altre interpretazioni. Il presidente della Figc Gabriele Gravina già a quel punto avrebbe dovuto decidere il ripescaggio del Cosenza in Serie B, ma per fortuna il secco no del Tar del Lazio ha chiarito che non c’erano dietrologie o complotti. Il Chievo è fuori. Finisce la favola del club di Campedelli che era riuscito a portare in Serie A un piccolissimo quartiere di Verona con una saggia politica societaria. Ma non è tutto oro ciò che luccica e così anche il patron “modello” si era adeguato alle pratiche truffaldine dei suoi colleghi ed è andata a finire che dopo qualche anno di “salvataggi” in extremis (ne sa qualcosa il Crotone) stavolta ci ha lasciato le penne.

In particolare, nel passaggio-chiave delle motivazioni si legge: “Come osservato di recente, “il beneficio della rateizzazione dei debiti fiscali non si produce automaticamente ma viene «concesso» con apposito atto dell’Agente della riscossione che può, dunque anche denegarlo”, ciò che è – del resto – espressamente contemplato dalla disposizione censita; “pertanto, la semplice richiesta del contribuente non può integrare alcuna formalizzazione di impegno al pagamento fintanto che non sia intervenuto apposito provvedimento di ammissione al beneficio” (Tar Umbria, sez. I, 31 luglio 2019, n. 455; una convergente affermazione di principio secondo cui “l’eventuale rateizzazione del debito può produrre effetti per l’ordinamento sportivo solo a partire dal raggiungimento di un accordo con l’amministrazione fiscale” …). Si tratta, conclusivamente, di circostanza che vale anche a togliere ogni rilevanza all’attività unilateralmente realizzata in data 28 giugno 2021 dalla Società e al pronostico di “ipotetica concedibil[ità]” del beneficio pure rilasciato”.

Nelle motivazioni si ripercorre tutto l’iter della vicenda, a partire dal rapporto della Covisoc.

La Co.Vi.So.C., con riferimento alla ricorrente, rilevava che: i) alla data del 28 giugno 2021, le procedure di pagamento rateale relative all’Iva risultante dalle liquidazioni periodiche concernenti il primo e il secondo trimestre del periodo d’imposta 2019 e quelle concernenti l’Iva riferita ai periodi d’imposta 2014-2018, non esplicassero più efficacia.; ii) in ragione dell’intervenuta decadenza delle procedure di pagamento rateale in precedenza in itinere, quindi, alla data del termine perentorio previsto dalla disciplina di riferimento (28 giugno 2021) la società risultava inadempiente all’obbligo di pagamento dei seguenti debiti fiscali: “- Iva risultante dalle liquidazioni periodiche relative al primo ed al secondo trimestre del periodo d’imposta anno 2019; – Iva risultante dalle liquidazioni periodiche relative al primo, secondo, terzo e quarto trimestre del periodo d’imposta anno 2018; – Iva risultante dalle liquidazioni periodiche relative al primo, secondo, terzo e quarto trimestre del periodo d’imposta anno 2017;
– Iva relativa al periodo d’imposta anno 2016; – Iva relativa al periodo d’imposta anno 2015; – Iva relativa al periodo d’imposta anno 2014”.
La Co.Vi.Soc., con riferimento all’Iva dovuta per i periodi d’imposta 2014-2018, rilevava che – pur avendo la società presentato una istanza di rateazione (articolata su 72 rate) ai sensi dell’art. 19 del DPR 602/73 allo spirare del termine del 28 giugno 2021 e pur avendo la stessa corrisposto una rata auto-determinata nel quantum – l’Amministrazione Finanziaria non aveva tuttavia riscontrato in alcun modo tale istanza. Di talché, al 28 giugno 2021, i menzionati debiti erariali non potevano essere considerati oggetto di adempimento rateale.

Del pari, concludeva la Co.Vi.So.C., “per quanto concerne il menzionato debito Iva 2019 – pur avendo la società provveduto a corrispondere alla data del 28 giugno 2021 le rate scadute ed in precedenza non tempestivamente corrisposte a fronte di una rateazione in itinere – l’intervenuta decadenza della procedura già esperita […] rende dovuto il relativo debito tributario nella propria interezza. Il che impedisce di considerare la posizione della società regolare in relazione ai pertinenti obblighi di pagamento”.

La linea difensiva del Chievo. 

Nel ricorso adesso proposto dall’A.C. Chievo-Verona s.r.l. avverso la delibera del Consiglio Federale si sostiene che il contribuente, pur essendo decaduto dal programma di estinzione rateale dei debiti di imposta, avrebbe avuto comunque diritto, all’esito dell’emissione della cartella di pagamento, alla rateizzazione dell’importo conseguentemente riscuotibile. Una volta ricevuta la cartella di pagamento, infatti, il contribuente può richiedere comunque una (seconda) dilazione, per n. 72 rate, ai sensi dell’art. 19 d.P.R. n. 602/73, che si assume configurare “diritto” del contribuente allorché dichiari di versare in una situazione di obiettiva difficoltà che gli impedisce di estinguere altrimenti il debito.

Il rigetto del ricorso.

Ma la tesi difensiva viene smontata pezzo per pezzo.

La prospettiva assunta dalla parte ricorrente non appare condivisibile sin dall’equiordinazione che la sua difesa intenderebbe operare, in termini di opzioni tra loro fungibili in quanto legittime, delle diverse condotte alternative del contribuente nei confronti della pretesa erariale: “il contribuente, se ritiene corretta la determinazione dell’Agenzia delle Entrate, può procedere a corrispondere la maggiore imposta dovuta e le relative sanzioni ridotte nel termine di trenta giorni, ovvero procedere al versamento rateale, ovvero restare inerte e attendere l’emissione e la notifica della successiva cartella di pagamento (atto successivo della riscossione forzata)”.
Ora, è ben evidente come, proprio sul condiviso presupposto della fondatezza del maggior debito erariale (giammai contestato, anzi col riconoscimento proprio dell’istanza di dilazione dei pagamenti), non possano considerarsi in termini puramente equipollenti forme di estinzione successiva di tale obbligazione (comunque originariamente non adempiuta) con la persistenza tout court dell’inadempimento, che pertanto espone il debitore alla formazione del ruolo e all’esecuzione forzata speciale. Pertanto, la situazione del debitore che, per usare il lessico della parte ricorrente, “rest[i] inerte e attend[a] l’emissione e la notifica della successiva cartella di pagamento” è, in termini sostanziali, di attuale responsabilità per l’ “obbligo” nei confronti del creditore erariale (Agenzia delle Entrate) e, in termini processuali, di prospettica soggezione nei confronti dell’agente della riscossione (Agenzia delle Entrate – Riscossione): situazioni, entrambe, non incise nella loro consistenza dalla ulteriore disponibilità di mezzi di tutela.

In particolare, risulta che la Società ha pagato:
– con riferimento alla rateazione IVA relativa all’anno 2014, 19/20 rate;
– con riferimento alla rateazione IVA relativa all’anno 2015, 15/20 rate;
– con riferimento alla rateazione IVA relativa all’anno 2016, 11/20 rate;
– con riferimento alla rateazione relativa al I trimestre IVA 2017, 10/20 rate;
– con riferimento alla rateazione relativa al II trimestre IVA 2017, 9/20 rate;
– con riferimento alla rateazione relativa al III trimestre IVA 2017, 8/20 rate;
– con riferimento alla rateazione relativa al IV trimestre IVA 2017, 7/20 rate;
– con riferimento alla rateazione relativa al I trimestre IVA 2018, 6/20 rate;
– con riferimento alla rateazione relativa al II trimestre IVA 2018, 5/20 rate;
– con riferimento alla rateazione relativa al III trimestre IVA 2018, 4/20 rate;
– con riferimento alla rateazione relativa al IV trimestre IVA 2018, 4/20 rate;

IL TESTO INTEGRALE DELLE MOTIVAZIONI (https://www.coni.it/images/collegiodigaranzia/Decisione_n._56-2021_-_Ric._76-2021_-_Chievo_Verona-FIGC.pdf)