Questo articolo risale al 13 maggio 2024 ed è la genesi del risentimento dei fascisti della questura nei confronti di Iacchite’. Ricatti, scandali, omissioni e promozioni che ci restituiscono tutto il marciume che c’era e c’è ancora dentro la questura di Cosenza. Marciume destinato a continuare anche con il nuovo – si fa per dire – procuratore Capomolla, del quale era facilissimo prevedere la nomina.
Cosenza è la città delle cricche, dei segreti inconfessabili e dei segreti di Pulcinella. C’è la cricca dei politici, quella dei burocrati, quella degli imprenditori, quella dei magistrati e delle forze dell’ordine, quella dei professionisti, e quella degli amici degli amici. E tutte insieme formano il “sistema”. Ogni cricca, all’interno di questo sistema ha una sua funzione specifica e non può fare a meno, per il buon funzionamento del meccanismo criminale, delle altre. Tutti i componenti delle cricche hanno scheletri negli armadi. Che è condicio sine qua non per farne parte. Senza scheletri nell’armadio non si è ricattabili. E chi non è ricattabile, non è affidabile. Non esiste un capo assoluto di tutte le cricche. Ogni cricca ha una sua gerarchia interna: c’è chi conta di più e chi di meno, e tutti possono interagire, all’occorrenza, con i membri più o meno autorevoli delle altre cricche. Senza “gioco di squadra” non c’è sistema.
La presenza della cricche in ogni ente territoriale dello stato ha reso Cosenza unica nel suo genere. La mafia in città, prima ancora che nella “locale di ‘ndrangheta”, si annida nelle istituzioni. Ed è questo capillare controllo a tutti i livelli di ogni funzione dello stato che ha reso Cosenza, per tutte le cricche, un’isola felice. Che più che un’isola felice sarebbe più opportuno definirla l’isola di Tortuga. Una zona franca dalle leggi e dalle regole, approdo sicuro per filibustieri di ogni sorta, e boiardi di stato. E quello che stiamo per raccontarvi è solo uno spaccato, ma non di poco conto, di come funziona e si difende il famigerato sistema Cosenza.
Di una inchiesta condotta dalla Dda di Catanzaro sul “Sistema Cosenza” – in pratica gemella di quella denominata con altrettanta grande fantasia “Sistema Rende -, ovvero indagini sui rapporti tra politica, massoneria e ‘ndrangheta, si ha notizia dal lontano 2015. Illuminanti furono allora le famose cantate di Daniele Lamanna, e quelle di Adolfo Foggetti e parenti. I primi della nuova generazione di pentiti post Garden a parlare di politici e voto di scambio. Fecero i nomi di Orlandino Greco, Sandro Principe, Mario Occhiuto, Enzo Paolini, Katya Gentile. Nomi confermati da altri pentiti. Ma l’operazione contro il voto di scambio politico/mafioso scattò solo per Castrolibero e Rende, coinvolgendo Orlandino Greco, attualmente ancora sotto processo ma capace di evitare l’arresto e Sandro Principe, assolto da ogni accusa in primo grado, ma che non è riuscito ad evitare l’arresto. E mentre tutti si aspettavano il proseguo dell’azione giudiziaria anche su Cosenza, il dottor Pierpaolo Bruni, all’epoca titolare del fascicolo, di colpo, e per puro caso, viene promosso a procuratore capo di Paola.
Con la promozione di Bruni il fascicolo “Sistema Cosenza” finisce in un cassetto. Ma non ci resta molto. È da poco iniziata l’era Gratteri alla Dda di Catanzaro, e le aspettative sono alte. Il fascicolo viene prelevato dal cassetto e finisce sulla scrivania dell’allora pm Camillo Falvo con una precisa direttiva: rivedere tutto il lavoro fatto da Pierpaolo Bruni perché, secondo Gratteri, non era un lavoro fatto bene. Falvo si mette al lavoro, e aggiunge alle dichiarazioni di Foggetti e Lamanna, le dichiarazioni di altri pentiti che confermano l’esistenza del sistema voto di scambio politico/mafioso a Cosenza. Il clima che aleggia a quei tempi sulla Dda di Catanzaro, non è dei migliori. L’arrivo a Catanzaro da procuratore generale della Corte d’Appello di Otello Lupacchini ha irritato, e non poco, Gratteri. Che da un po’ di tempo conduce una serrata lotta contro il magistrato Eugenio Facciolla, “reo” di scavare troppo tra i renziani di Calabria. E di tutto ha bisogno tranne che di un “rompiscatole” in mezzo ai piedi come Lupacchini. Che non esista a schierarsi dalla parte di Facciolla. Lupacchini poi pagherà con il trasferimento a Torino la sua presa di posizione a favore di Facciolla. A promuovere la guerra contro Facciolla, Vincenzo Luberto, braccio destro, all’epoca, di Gratteri, che non ha gradito in particolare alcune inchieste condotte da Facciolla sul gruppo iGreco. Luberto, in quel periodo, è titolare dell’inchiesta farlocca “Lande Desolate”. Coadiuvato in un primo momento proprio da Camillo Falvo che, guarda caso, lascia di colpo l’inchiesta, per meglio concentrarsi sulle indagini del “Sistema Cosenza”.
E per ogni Falvo che mette mano al “Sistema Cosenza”, spunta sempre un Luberto pronto a difenderlo. E la divagazione serve a capire meglio questo. Luberto diventa così titolare unico del fascicolo “Lande Desolate”. E tira le conclusioni investigative accusando Mario Oliverio già presidente della Regione Calabria, Nicola Adamo ed Enza Bruno Bossio, di essere i referenti politici di affaristi e ‘ndranghetisti in alcuni appalti truccati, tra cui l’appalto mafioso di piazza Fera/Bilotti. Ma tutti sanno che il trio sopracitato con l’appalto mafioso di piazza Fera/Bilotti non c’entra niente. Le accuse mosse da Luberto contro Palla Palla, Capu i Liuni e Madame Fifì sono pretestuose, per non dire inventate, e non può essere altrimenti.
Luberto ha il compito di coprire le responsabilità di alcuni, addossando la colpa ad altri, meglio se nemici dei suoi amici. Deve evidentemente nascondere le responsabilità dell’allora sindaco Mario Occhiuto. Responsabilità accertate dalla Guardia di Finanza che trasmette diverse informative, che evidenziano le responsabilità di Mario Occhiuto nell’affaire Piazza Fera/Bilotti, alla Dda di Catanzaro che nessuno, sempre guarda caso, prende in considerazione. Informative che Gratteri ha letto. E sarà di sicuro ancora per puro caso se nell’ordinanza “Lande Desolate”, condotta da Luberto, non c’è traccia del capillare lavoro svolto dai finanzieri sull’appalto mafioso di piazza Fera/Bilotti che inchioda alle sue responsabilità Mario Occhiuto. Pupillo, allora, della buonanima di Jole Santelli, molto stimata da Gratteri.
Nonostante ciò Gratteri lascia mano libera a Luberto. Tutto sembra fatto apposta per tutelare Mario Occhiuto, e per accelerare la caduta politica di Palla Palla. E anche se la storia si conclude, e non poteva che essere così, con la giusta, in questo caso, assoluzione di Palla Palla, Capu i Liuni e Madame Fifì, il risultato può dirsi raggiunto lo stesso: Cosenza e Mario Occhiuto sono salvi. E Palazzo dei Bruzi resta immacolato. Una giusta assoluzione che apre però una legittima considerazione sull’operato della Dda: il perché Gratteri, consapevole delle cazzate scritte da Luberto in Lande Desolate, nel mentre si prodigava a segnalarlo ai suoi colleghi di Salerno accusandolo di aver sottratto “informative scottanti” riguardanti indagini su alcuni “amici politici” proprio del gruppo iGreco, continui, in quel periodo, a lasciare l’inchiesta in mano a Luberto, resta davvero un mistero inspiegabile che solo il caso può spiegare. E già, a questo punto, a voler sommari i tanti “casi” emersi, diventa legittimo pensare che nulla, in questa storia, avviene proprio per caso. Ed è in questo clima “del caso” che il dottor Camillo Falvo svolge il suo lavoro sul “Sistema Cosenza”. E Il segnale che arriva da Lande Desolate è chiaro: Cosenza e Mario Occhiuto non si toccano. Infatti quando arriva il momento di tirare le somme, guarda sempre il solito caso, Camillo Falvo viene promosso procuratore capo a Vibo. E il fascicolo “Sistema Cosenza” ritorna nel cassetto.
L’ennesimo stop offre ancora una volta l’occasione, che in molti aspettavano, alla Dda di giustificare l’allungarsi dei tempi di intervento su Cosenza con la necessità di riorganizzare tutto il lavoro di Falvo prima di procedere. Il fascicolo esce ancora dal cassetto per posarsi sulla scrivania di un altro magistrato, Vincenzo Capomolla. Coadiuvato dal giovane pm Vito Valerio. Ma questa volta l’apparato investigativo ha un punto di forza che prima non aveva. Gratteri ha deciso di posizionare sul territorio di Cosenza uomini fidati a cui affidare delicati riscontri investigativi, affidando il compito di formare una squadra al bravo e onesto investigatore, il vice questore Fabio Catalano. Sostenuto nell’impresa dall’allora questore di Cosenza Giovanna Petrocca.
Catalano dirige la squadra mobile ed è sempre in stretto contatto con la Dda di Catanzaro. Sono i tempi in cui si prepara l’operazione “Reset”, il nome che ha sostituto quello di “Sistema Cosenza” sul famoso e ballerino fascicolo. Il lavoro non manca. Ogni giorno c’è qualche nuovo pentito da ascoltare. E i nomi dei politici cosentini fioccano. Il gruppo investigativo di Catalano lavora bene e sforna informative al pari di una pizzeria il sabato sera. Non c’è solo ‘ndrangheta, ma anche tanta politica, nel lavoro di Catalano. Ritornano i nomi di Mario Occhiuto, Enzo Paolini, Katya Gentile, e quello dell’assessore De Cicco, oltre a tutto il filone Rende /Manna. E questo ha allarmato le cricche cosentine che come vedremo hanno occhi e orecchie dappertutto. E iniziano ad adoperarsi per fermare il lavoro degli investigatori. Ma con Catalano le bustarelle e le regalie non funzionano. Non è uno che si vende. E così qualcuno tira fuori dal cilindro magico materiale che ritrae Catalano in un atteggiamento intimo che per come si presenta, imbarazza, e non poco, lo stesso. Nessun reato, solo legittima intimità violata. Non potendoselo comprare, sperano di montare uno scandalo su di lui per farlo allontanare da Cosenza.
A far girare il materiale privato di Catalano, altri poliziotti. Che lo consegnano ad una nostra fonte con preghiera di diffusione. Materiale che ovviamente visioniamo e del quale, una volta capito lo scopo, informiamo subito il questore Petrocca, alla presenza di De Marco e del vicario Giuseppe Lanaia. Si tratta di un tentativo di “ricatto” nei confronti del dottor Catalano e forniamo loro anche il nome del poliziotto responsabile della diffusione del “cd”. Informazioni che condividiamo subito dopo anche con Catalano, fornendogli il materiale diffuso, sottobanco, dal suo collega. Su Catalano era in atto da tempo una vera e propria corsa a scoprire qualche falla nel suo privato amoroso da usare contro di lui. E una delle donne coinvolte in queste vicende, evidentemente istigata, si era prestata a creare situazioni imbarazzanti a Catalano. Al punto tale da inscenare una vera e propria “piazzata napoletana” davanti alla portineria della questura, con la quale accusava il dottor Catalano di “intendersela” con il questore Giovanna Petrocca.
La situazione in questura diventa rovente. Lo scandalo, seppur tenuto entro certi confini, dilaga. Con gravi ripercussioni sul lavoro investigativo di Catalano. La squadra investigativa voluta da Gratteri si trova coinvolta in una sorta di brutta copia della soap opera Beautiful, dove si intrecciano amori e relazioni, creando enorme imbarazzo alla Dda. Arriva così, anche per Catalano la promozione con annesso trasferimento alla questura di Catanzaro. La Dda perde il suo uomo a Cosenza. Ma non il materiale che ha prodotto. Scatta dopo poco tempo la tanto attesa operazione su Cosenza: nome in codice “Reset”. Nome che evoca i i tanti “resettaggi” subiti dal fascicolo. Ma il livello politico coinvolto a Cosenza si riduce a Francesco De Cicco. E per questioni legate al gioco d’azzardo. Quella di Manna era una testa già caduta. Del lavoro investigativo di Catalano sul voto di scambio politico mafioso a Cosenza, nell’ordinanza di “Reset” non c’è traccia. Sembra sparito. Forse per colpa del solito caso. Chi può dirlo!
Ma purtroppo a dire dov’era finito il lavoro di Catalano sul voto di scambio arriva una nostra fonte che ci consegna un pennetta contenente 10 pdf, per un totale di 850 pagine, dal titolo “Sistema Cosenza”, dove, oltre a tutti gli aspetti criminali entrati nell’ordinanza “Reset”, sono trascritte anche le tante dichiarazioni di diversi pentiti che raccontano di operazioni di voto di scambio con Mario Occhiuto, Enzo Paolini e Katya Gentile. Quella che abbiamo in mano non è un’ordinanza, ma una informativa a firma dello Sco, della squadra mobile di Cosenza e di Catanzaro, indirizzata all’autorità giudiziaria, che ovviamente ne ha preso visione. Vista l’importanza decidiamo, ancora una volta, di informare l’autorità giudiziaria, depositando ufficialmente i 10 pdf, che confermano l’esistenza di una informativa sul voto di scambio politico/mafioso a Cosenza, indicando anche la provenienza del materiale che circolava in ambienti malavitosi cittadini.
Diventa chiaro a tutti che esiste una pericolosa talpa in questura. O meglio che esiste in questura una cricca che si adopera a mettere, su commissione delle altre cricche, i bastoni tra le ruote a chi indaga su corruzione e collusioni a Cosenza. Ma nulla accade. A girare sull’accaduto, sono le solite frasi di circostanza: c’è un’inchiesta in corso. Che tradotto significa: la solita inchiesta che si aggiunge e si perde nel già vasto mare che compone il fascicolo “Sistema Cosenza”. E la conclusione non può che essere questa: nessuno osa dare seguito giudiziario alle tante notizie di reato raccolte in tanti anni che parlano di avvenuto e riscontrato voto di scambio politico/mafioso a Cosenza. E questo racconto dimostra tutta la potenza e la determinazione delle cricche, che agiscono in tanti modi, nel mantenere Cosenza come l’isola di Tortuga.
Non solo, in tutto questo è il caso a parlare chiaro: Cosenza è intoccabile. E le tante “casualità dovute al caso” che abbiamo evidenziato nel racconto, dimostrano che Cosenza è protetta fortemente dal caso. E sarà certamente un caso se in tutta questa storia chi mette mano al fascicolo “Sistema Cosenza” viene automaticamente promosso e il fascicolo ritorna nel cassetto. E presto, vedrete, che anche Capomolla, odierno titolare del fascicolo “Sistema Cosenza”, sarà promosso, anche lui per puro caso, procuratore capo a Cosenza.