Chi amministra denaro pubblico o donazioni ha il sacro dovere di rendere tutto chiaro e trasparente.
Questa è una regola morale ed etica che solo in pochi seguono. Altri si riempiono la bocca di legalità e trasparenza, ma poi alla prova dei fatti sono peggio dei politici ladroni.
Chi amministra denaro pubblico per fornire servizi alle persone dovrebbe essere al di sopra di ogni sospetto, proprio perché si tratta di esseri umani e non di pomodori o peperoni. Ed invece assistiamo da tempo ad una vera e propria speculazione economica sulla spalle dei poveri profughi.
Faccio un esempio: c’è stato un periodo in cui qualcuno mormorava che la Terra di Piero non era trasparente nella gestione del denaro che derivava dalle donazioni, e dal lavoro dell’associazione. Ebbene, all’epoca collaboravo con Carchidi alla Provincia, e feci un’intervista a Canaletta ponendogli questa domanda: ma i vostri bilanci perché non sono pubblici? Canaletta rispose: non c’è un obbligo a pubblicare i bilanci, ma chiunque voglia prendere visone della gestione economica dell’associazione si può recare in sede e chiedere di visionare i bilanci.
Canaletta, che non ha niente da nascondere, mise subito a disposizione del giornale tutto la documentazione economica, dove tutto era specificato e certificato fino all’ultimo centesimo. Una trasparenza totale. Nessuno lo obbligava, ma l’associazione La Terra di Piero non ebbe problema alcuno a fornire i bilanci. Perché quei soldi appartengono a tutti, e come disse Canaletta, era giusto darne conto. E così ancora oggi è.
Provate invece a chiedere di visionari i bilanci economici alle realtà che si occupano di accoglienza, e vedrete che la risposta è sempre la stessa: no!
Tutti dicono no, nessuno escluso: Lucano, Manoccio, Gordano, Morrone, Rota e tutta la pletora di avvoltoi che lucrano sulle spalle di questa povera gente. Questi personaggi non hanno mai reso pubblico un solo bilancio economico delle loro fallimentari gestioni. Eppure se li mettiamo tutti insieme questi “progetti”, arriviamo ad una cifra che supera i 10 milioni di euro. Un minimo di controllo sulla gestione di questi fondi sarebbe cosa normale. Ma come spendono i soldi questi progetti, compreso quello di Lucano, nessuno lo deve sapere. E il perché è presto detto.
Se alcuni non hanno problemi a mostrare i loro bilanci, quando si tratta di denaro pubblico, questi signori sì. Sanno bene, i vari Lucano, Manoccio, Morrone, Gordano e compari vari, che mostrare i bilanci al pubblico, significa farsi sgamare. Perché le migliaia di fatture che questi progetti producono all’anno, in genere, non sono mai controllate da nessuno, perciò sono abituati a fare come gli pare. In alcuni casi, come quello di Riace e Acquaformosa, il controllore e il controllato sono la stessa persona. L’ente Comune dovrebbe controllare la correttezza delle spese dell’associazione o cooperativa che gestisce il progetto. E ad Acquaformosa il sindaco è stato, e lo è tuttora in veste di assessore, Manoccio. Stessa cosa a Riace, il sindaco è Lucano. Voi capite che in questo sistema c’è qualcosa che non va. Indipendentemente dalla presunta onestà dei gestori. E’ una questione di trasparenza e legalità, ma questo non lo capiscono perché evidentemente hanno qualcosa da nascondere.
Se pubblicassero i bilanci scopriremmo che, ad esempio, per un progetto di accoglienza Sprar che gestisce una quarantina di profughi qualcuno spende 16mila euro all’anno di dentifricio. Oppure ci accorgeremmo che nelle fatture del vitto risultano troppi prosciutti acquistati per progetti al cui interno il 90% dei beneficiari risulta essere di di religione musulmana.
E ancora: scopriremmo che il Comune dona le case in comodato d’uso gratuito ai profughi, con tanto di determina dirigenziale e delibera di giunta, ma allo stesso tempo richiede allo Sprar il pagamento dei fitti. Per non parlare della truffa dei pocket money (la diaria giornaliera di 3 euro destinata ai profughi) che, con la scusa della moneta locale, costringono i profughi a spenderli all’interno di negozi riconducibili agli stessi gestori del progetto. Inoltre non tutti sanno che lo Sprar prevede tutte le spese per l’accoglienza, compreso l’arredamento della casa o la ristrutturazione della stessa, e qui, come tutti sanno, le fatture false fioccano.
Televisioni, lavatrici, effetti letterecci, abbigliamento, materiale scolastico per i bambini, tutta roba che spesso viene raccattata presso i robivecchi, ma che viene fatturata per nuova attraverso un commerciante compiacente che in questa truffa ha il suo tornaconto. Capito perché non vi mostreranno mai i bilanci? Perché sgamarli sarebbe un gioco da ragazzi, basterebbe confrontare quello che dicono le fatture con l’esistente, per capire la colossale truffa che va avanti da anni nell’impunità più totale. Se non fosse così si comporterebbero come Canaletta (anche lui si dice comunista): aprirebbero la porta dei loro uffici e i faldoni delle fatture.
Ora, fino a che ad essere osservati e passati al setaccio da noi sono stati i Manoccio e i Morrone, nessuno ha avuto niente da dire. E mi riferisco a pseudo compagni, quelli che oggi si stracciano le vesti per difendere Lucano, che non hanno gradito il nostro chiedere anche al sindaco di Riace di mostrare i bilanci economici delle sue holding del disagio. Ricordiamo che Lucano oramai gestisce diversi progetti di accoglienza. Come se per Lucano esistesse una regola divina secondo la quale dobbiamo dare per scontato, siccome è comunista (almeno così si dice), che è tutto apposto. Lucano gestisce milioni e milioni di euro e, secondo i compagni a nonna, dove finiscono tutti questi soldi e come sono gestiti, Lucano non ne deve dare conto a nessuno. Perché Lucano è stato eletto dai soliti compagni a nonna ad icona dell’accoglienza e quindi bisogna difenderlo a prescindere.
E per sviare l’attenzione da tutto questo e farlo passare per un complotto nei confronti di Lucano – ricordiamo che l’inchiesta di Locri su Lucano parla di fatture false, spese non congrue, abuso d’ufficio e truffa – i vari compagni di merenda hanno messo in giro una voce che vuole che a denunciare Lucano sia stata Enza Papa, ispettrice del ministero dei progetti Sprar, nonché gestore insieme al suo compagno Gordano di diversi progetti di accoglienza Sprar a Cosenza. Ma all’oggi ancora non ho letto un solo comunicato dei famosi compagni della domenica, che dica chiaramente questo. La accusano di aver fatto una relazione negativa sulla gestione dei progetti da parte di Lucano, e di averla portata oltre che al ministero, anche in procura. Ovviamente questa voce gira sottobanco, perché il coraggio di dirlo apertamente, se così è, di questi compagnucci non ce l’ha nessuno. Chissà perché.
GdD