La discussione sul limite dei due mandati per i presidenti di Regione sembrava essersi chiusa con la resa della Lega: non è riuscita a convincere gli alleati di governo a modificare la legge che impedisce ai governatori di candidarsi una terza volta. L’indisponibilità di Forza Italia, che pure vanta dei presidenti al secondo giro, e l’opportunismo di Fratelli d’Italia, che punta a un ricambio sui territori, giacché da primo partito del centrodestra è quello con meno eletti ai vertici delle amministrazioni locali, hanno stroncato qualsiasi iniziativa del Carroccio. Tuttavia, la rilevazione del Sole 24 Ore sul gradimento dei presidenti di Regione, pubblicata il 7 luglio, ha riacceso il dibattito. È Massimiliano Fedriga, del Friuli-Venezia Giulia, a posizionarsi ancora in testa alla classifica. Ma, se la normativa non cambierà, non potrà presentarsi alla tornata regionale del 2028.
La questione veneta
Più urgente, con la chiamata alle urne prevista per l’autunno 2025, è la questione veneta. Luca Zaia, secondo nel Governance Poll eseguito da Noto Sondaggi, gode di un consenso smisurato nella sua regione. È una diatriba che dura da mesi, quella della sua mancata ricandidatura, e che ha causato scossoni sia all’interno della coalizione di centrodestra sia nella Lega stessa: a Matteo Salvini è stato attribuito un certo velleitarismo nella difesa di Zaia, descritto dagli osservatori – smentiti dal diretto interessato – come contendente per la segreteria del Carroccio. Oggi il governatore, sempre cauto sul suo futuro, si è lasciato andare: “La mia lista può arrivare al 40-45%. Cercheremo di capire se il centrodestra la vuole valorizzare oppure no. Dopo capiremo cosa faremo”.
Cirio (Fi) in terza posizione
Per Zaia, il centrodestra in Veneto si trova “in una stanza buia” e ha parlato con scetticismo del tavolo nazionale a cui sono delegate le decisioni sulle candidature: “Non ho ben capito dove sia, cosa faccia, ma alla fine qualcuno mi verrà a dire qualcosa”. Sarà difficile da smarcare la relazione tra consenso e impossibilità di rappresentare i cittadini anche in Piemonte, dove è il forzista Alberto Cirio a non potersi ricandidare, seppure tra un po’ di anni. A lui è stata affibbiata la medaglia di bronzo della graduatoria dei governatori più apprezzati.
Il caso toscano
Bisogna arrivare alla quarta piazza per leggere, nella classifica, il nome del primo presidente di Regione del centrosinistra. Si tratta di Eugenio Giani, che è alla guida della Toscana dal 2020 e a cui la legge permette un secondo mandato. Il paradosso, nel suo caso, è che sono le alchimie del cosiddetto campo largo a far dubitare della ricandidatura. I sondaggi vedrebbero Giani vincere con margine “zaiano” la tornata elettorale, eppure Movimento 5 stelle e Alleanza verdi sinistra pretendono un’insolita discontinuità. È una consuetudine spesso vincente quella di ricandidare gli amministratori locali uscenti. E poi ci sono stati gli appelli pubblici di decine di sindaci toscani del Partito democratico affinché il Nazareno non ceda e confermi Giani. Riuscirà Elly Schlein a trasmettere questa volontà a Conte e Fratoianni?
Il caso Calabria
Al quinto posto, poi, arriva il Sud e in particolare la Calabria, dove governa il forzista Occhiuto, che potrebbe essere ricandidato perché per lui sarebbe solo il secondo mandato e non il terzo ma a quanto pare anche qui c’è una bella “guerra” per impedirgli di essere in campo. Tutti hanno capito che c’è lo zampino di Fratelli d’Italia ma anche di buona parte di Forza Italia e il placet della Lega nell’inchiesta “telecomandata” della procura di Catanzaro con pesanti ipotesi di corruzione che l’ha ridotto in mutande davanti a tutta Italia. E quindi anche lui, come i quattro governatori che lo precedono nel sondaggio, rischia concretamente di essere “eliminato”. Della serie: ma non è che “sti sondaggi portano male?