Storia del casting per le tv da Berlusconi a Renzi a “Richelieu”

(di Antonello Caporale – ilfattoquotidiano.it) – Possibilmente senza pancia e con vent’anni di meno. Non più maschi sussidiati e davanti la telecamera a vita. Cento o poco più sono i garibaldini televisivi, le forze di occupazione della politica nella tv, l’esercito del giudizio istantaneo, approssimato, confuso ma necessario. A marzo scorso Giovanbattista Fazzolari, il Richelieu meloniano che inquadra la politica attraverso gli occhi della televisione, e delibera nel suo mattinale quotidiano (Ore 11) le cose da dire e quelle da tacere al popolo sovrano, emanò un codice di comportamento e di selezione per i garibaldini in marcia. Anzitutto il sesso, più donne, poi l’età, più giovani, e la disponibilità in un vocabolario di almeno duemila parole, l’efficacia nell’eloquio. Il Fazzolari, nel ruolo di dirigente maschio, ha dunque emanato per conto della leader donna, i principi selettivi e anche un codice a punti: chi non rende è fermato per trenta giorni. I performanti sono invece premiati nel valzer delle trasmissioni che evolvono come peso specifico in ragione dell’ora. A sera i consacrati, i capi in testa o coloro che ambiscono. Al mattino gli outsider.

Sono almeno 13 programmi al giorno, tra Rai, La 7 e Mediaset, e un’infinita serie di finestre informative tra Sky e Rainews, da coprire in qualche modo e servono ai facchini della tv almeno trentacinque poltrone quotidiane da portare e ritirare: le magnifiche sedute. Chi va al mattino, chi a mezzodì, chi al pomeriggio. E chi, fortunatissimo, alla sera. In cento si danno il cambio, a volte scalando con fortuna la vetta, ma in genere nel ruolo di ripetenti nel sistema immutabile del richiamo in tv dell’ospite già chiamato per via del processo cosiddetto di fidelizzazione. Secondo questo criterio anche coloro che radicalizzano l’ascolto, producono in aggiunta ai soliti telespettatori la cui fedeltà è certa (dai cinquant’anni in su, appassionati di politica fino all’ossessione) una quota di denigratori dell’ospite, sono i volti premiati. Tra gli addetti ai lavori è noto che fanno ascolti di segno negativo, tra gli altri, Maurizio Gasparri e Daniele Capezzone. Il resto gira e si rincorre nel vortice sinuoso del fondale scenico che ripropone volti e temi ogni tre/quattro giorni. I problemi gli stessi, gli ospiti (compresi noi giornalisti) purtroppo pure.

Tutto cambio nel 2014, con Matteo Renzi e la sua rivoluzione copernicana. “Fino ad allora in Rai noi autori e i conduttori decidevamo in autonomia chi chiamare e chi no. Solo i leader avevano potere di scelta. Poi il crac”, racconta divertito l’anonimo collega rai. Crac, giustappunto. Con Renzi anche le ospitate meno rilevanti, anche le seconde e terze file passano in gestione al partito. Si inverte il processo selettivo: non è la televisione che invita, ma la politica che sceglie chi mandare, quale peso dare al deputato x e al senatore y. La tv aggiorna la lista degli ospiti, ma chi li detta è il Palazzo. L’avanzata dei grillini, il successo strabiliante del movimento aggiunge, per mano di Rocco Casalino, una nuova dimensione alla presenza televisiva. Casalino non solo decide chi mandare ma anche in che modo mandarlo. Il grillino della prima ora infatti non siede con gli altri, non si contamina. O da solo, o niente. I giornalisti si fanno in quattro per esaudire la richiesta pur di portare a casa un pezzo pregiato nel dibattito politico del momento. “Ai miei tempi – ricorda Francesco Storace, nell’età della pietra (1991-94) portavoce del Msi e di Gianfranco Fini – lo sforzo fu quello di fare entrare il partito nel pastone politico del Tg1”. “Ai miei tempi invece la preoccupazione era quella di tutelare in tv il leader, capire il tema che andava ad affrontare, gli altri ospiti”, rammenta invece Salvo Sottile, successore di Storace. Il nome di Sottile, dodici anni al seguito di Fini nel momento di massima espansione, entra nell’empireo del giornalismo a controllo inerziale per quella telefonata intercettata che Bruno Vespa gli fa per chiedergli la presenza del capo a Porta a Porta. Vespa spiegava infatti a Sottile che se Fini avesse accolto l’invito avrebbe trovato in Rai non una redazione ma una intera sartoria per “cucirgli addosso” il programma e farlo acclamare da re.

Con Berlusconi il casting è necessità primordiale: da lì partono i volti e i corpi di Mara Carfagna e Maria Stella Gelmini. La beltà femminile diviene genoma politico: Maria Elena Boschi conquisterà scena e retroscena. Il maschio dietro la telecamera, la donna davanti. Il codice Fazzolari prevederà per Fratelli d’Italia le parlamentari Sara KelanyYlenia Lucaselli e Grazia Di Maggio a tutto campo. Mediaset sceglierà per la sua Forza Italia il volto della sottosegretaria Matilde Siracusano (compagna del presidente della Calabria Roberto Occhiuto). I cinquestelle proporranno ovunque la cosentina Vittoria Baldino. A sinistra – e qui tutto torna – il più efficace resterà il 73enne Pierluigi Bersani.