Tenuta del Castello, l’ultimo bancomat del sistema Occhiuto

Per capire davvero cosa c’è dietro l’inchiesta che ha travolto il presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, bisogna tornare indietro, alla genesi di un’operazione che oggi si chiama Tenuta del Castello, ma che in realtà è solo l’ennesima mossa di un metodo rodato: utilizzare strutture private per drenare fondi pubblici, riciclare relazioni e incarichi, e garantire sempre un tornaconto personale. Nel 2019, la Tenuta il Castello, azienda agricola nel territorio di Montegiordano, viene acquistata per 2,5 milioni di euro. Il nome che compare è quello di Paolo Posteraro. I soldi li mette il padre, ex boiardo di Stato. Ma dietro c’è molto di più. C’è una storia vecchia, che parte da Cosenza, passa per il Comune, tocca l’Amaco, e arriva dritta in Regione.

Paolo Posteraro non è un estraneo. È un vecchio conoscente di famiglia, fin dai tempi di Pierferdinando Casini. Uno che Mario Occhiuto, quando era sindaco di Cosenza, per far fronte alla montagna di debiti accumulata in anni di fallimenti e bancarotte, ha già utilizzato come “bancomat”, sapendo di poter contare sulle disponibilità della sua famiglia. In cambio, Posteraro ottiene nomine e incarichi, come quello all’Amaco, l’azienda dei trasporti municipali. Nessuna gara, solo fiducia. Fiducia da ricambiare.

Il rapporto si consolida. E quando si presenta l’occasione della Tenuta, è naturale che tornino a bussare da lui. Questa volta è Roberto Occhiuto a muoversi. O meglio: è Mario a indicargli la strada. Uno che di certe operazioni ne ha fatte a decine, lasciandosi dietro 18 società fallite, oltre 30 milioni di debiti e tre procedimenti per bancarotta fraudolenta. Un esperto del fallimento pilotato, dello spolpamento programmato. E la strategia è sempre la stessa: comprare con i soldi degli altri un’azienda, agricola in questo caso, attivare i canali giusti per drenare fondi pubblici e europei, e quando qualcuno si accorge dei conti, fallire.
Roberto, come il fratello, è sempre in cerca di soldi, schiacciato da debiti personali, pressioni politiche e da una rete clientelare da tenere in piedi. È Mario a suggerirgli la mossa:”rivolgiti a Posteraro. Gli dici: tu metti i soldi e noi ti garantiamo incarichi e fondi europei a cascata”. Posteraro non è uno sprovveduto. È uno che fiuta il guadagno. E in quella promessa, nella garanzia firmata Occhiuto, vede l’affare. Del resto, con Mario si era trovato bene. Così i ruoli si assegnano. Posteraro compra. Occhiuto diventa socio senza mettere un euro. E la Tenuta del Castello diventa l’ennesima azienda da svuotare con metodo: soldi pubblici dentro, bonifici fuori.

Nel 2021, la Tenuta del Castello, come promesso dagli Occhiuto a Posteraro, entra nel progetto europeo TRACE-WINDU, finanziato dalla Commissione Europea con oltre 1 milione di euro. Obiettivo ufficiale: sviluppare un sistema digitale per la tracciabilità del vino, dal vigneto alla bottiglia. Coordinato dall’Università Autonoma di Barcellona, il progetto coinvolge enti e partner da tutta Europa. L’unico partner italiano ammesso? La Tenuta di Occhiuto e Posteraro. Non un ente pubblico, non un ateneo, non un consorzio vitivinicolo: una piccola azienda agricola privata, con una sola vendemmia all’attivo, e un presidente della Regione in carica tra i soci occulti. Alla Tenuta vengono assegnati quasi 300.000 euro.
Ma l’unica tranche effettivamente versata è di 58.050 euro, che — secondo l’inchiesta — vengono immediatamente redistribuiti: 12.000 euro a Roberto Occhiuto; 12.000 euro a Paolo Posteraro; 2.080 euro a Valentina Cavaliere, commercialista e collaboratrice della Tenuta. Nessun impianto, nessuna ricerca, nessuna attività agricola. I fondi non toccano mai la terra. Passano dai conti dell’Unione Europea direttamente a quelli dei soci. Il resto del finanziamento — quasi 240.000 euro — viene bloccato. L’inchiesta della Procura di Catanzaro interrompe i flussi successivi. Il progetto si ferma. La Tenuta scompare dai radar.

Ma il sistema resta visibile, replicabile, familiare. La Tenuta del Castello non è un’azienda agricola, semmai lo è stata. E Roberto non ha mai avuto intenzione di fare il vignaiolo. La Tenuta gli serviva per frodare lo stato come fanno da decenni nella totale impunità. Era il loro bancomat, una cabina di regia familiare, dove relazioni politiche, fondi pubblici e complicità silenziose si trasformano in capitale privato. E questa non è l’eccezione. È la regola. Non è un errore. È un format. Il metodo Occhiuto — fondare, finanziare, spolpare, fallire — ha attraversato decenni, partiti, istituzioni. Ha lasciato debiti, inchieste, macerie. E oggi tenta, ancora una volta, di riciclarsi con una nuova faccia: quella del presidente garantista, vittima degli “attacchi”, pronto a “non farsi azzoppare”. Ma la verità è semplice: la Tenuta del Castello è l’ennesimo tentativo degli Occhiuto, indebitati fino al collo, di trovare una soluzione, losca, ai loro perenni guai finanziari. Ma qualcosa questa volta è andato storto.