Terremoto, attenti agli sms solidali: i soldi vanno alle banche (di Laura De Franco)

di Laura De Franco 

Ai giovani lo lasciamo, l’impeto solidaristico è cosa buona e giusta, ma noi coi capelli canuti non possiamo non ricordarci che abbiamo imparato a pensare prima di agire.

Non è che faccia piacere aspirare al cinismo, ma sappiamo che praticarne una “punta” è un’ottima strategia per rimanere con i piedi per terra, nonché un efficace meccanismo di difesa dalla pochezza umana.

Cinici ci si diventa, con l’età, dopo aver imparato, quando hai acquisito un maggiore controllo di te stesso e usi la logica e la usi non solo per puro disincanto, ma per esperienza.

Ad ogni terremoto gli italiani si dimostrano solidali, tutto si può dire agli italiani, ma non che non siano di cuore. Ad ogni sisma si donano alimenti e beni di prima necessità, sangue. Poi finiscono le raccolte, lo Stato si muove e fornisce il dovuto, così come deve essere.

Lo Stato però è una comparsa, infatti esce nuovamente di scena e si ferma. Così, come da copione, ricomincia a chiedere, non più alimenti ma soldi.

Cominciano gli sms e gli italiani “corazzoni” danno. Infine il silenzio, non si sa più nulla.

La gente la dimentichi e dimentichi di chiedere che fine hanno fatto i soldi. Ed ecco che se hai visto più volte tremare la terra, se hai visto più volte crollare città e gente morire qualche “brutto” dubbio ti sorge. Lo scudo cinico a un certo punto lo alzi. E lo alzi di più se doni denaro, ché alla fine, se qualcuno si mette nella sacca qualche chilo di pasta non è che ti metti a fare polemica, si sa che qualcosa si perde per le traverse, ma se vedi che i quattrini fanno un giro completamente diverso, se non arrivano dritti al destinatario, allora ci pensi prima di mandare l’ Sms.

Ed è bene a questo punto, ricordare la vita già vissuta. Non è che possiamo dimenticare il latrocinio che fecero le banche con il nostro denaro offerto per la ricostruzione de L’Aquila.

Nel 2009 si raccolsero quasi cinque milioni di euro per la ricostruzione dei luoghi colpiti dal sisma. Quel patrimonio è rimasto fermo nelle banche, così come già ci ha raccontato Il Fatto Quotidiano.

Una parte venne utilizzata per la gestione del progetto e un’altra parte come fondo patrimoniale è impiegata a garanzia dell’erogazione dei finanziamenti da parte degli istituti di credito aderenti all’iniziativa lanciata da Bertolaso, ex capo della Protezione civile.

In poche parole i terremotati per ricominciare a ricostruire casa o attività commerciale dovevano richiedere un normalissimo prestito bancario. Un prestito con tutte le sue caratteristiche, per ottenerlo sappiamo tutti che si devono garantire i criteri di “solvibilità” e quindi pagare anche i normali interessi, anche se con un tasso più basso.

Ma se un terremotato ha perso tutto come fa a garantire la restituzione del credito? Ecco che in molti sono ancora con un pugno di mosche in mano. Quei soldi erano indirizzati ai terremotati, solo a loro! Ma il cavillo su cui ci si è aggrappati è che la Protezione civile non aveva precisato che i soldi erano destinati al post emergenza e non all’ aiuto diretto. Almeno questa la spiegazione della Etimos, il consorzio finanziario che ha gestito il denaro.

Intanto, la città abruzzese ancora non è risorta completamente e questo lo sappiamo. La raccolta tramite Sms solidali anche questa volta è partita, alcune banche hanno stanziato risorse per finanziamenti e la sospensione del pagamento delle rate dei prestiti per i residenti.

Il nostro cinismo, che non è tale per natura, ma per sopravvivenza, ci porta a pensare che la storia di solito si ripete. Che ne dite, in fondo, il nostro più che altro è realismo?

E allora varrebbe la pena di trovare altre soluzioni. Ad esempio non sarebbe male pensarci prima, ma ci fermiamo qui ché la retorica sennò, come al suo solito, è già arrivata puntuale.