Si risvegliano nel Tirreno cosentino le paure sulle navi dei veleni. Ma nessuna autorità interviene.
di Francesco Cirillo
E’ rimasto nel mistero il passaggio della nave da carico tipo Ro-Ro che da Genova diretta a Misurata in Libia si è aggirata con fare sospetto fra Amantea e Cetraro. Lo stesso aveva già fatto qualche mese prima e nessuna delle autorità costituite al controllo delle imbarcazioni si è allarmata. Al ripetersi del passaggio di questa nave nonostante l’allarme lanciato dal consigliere regionale Ferdinando Laghi sollecitato da diversi ambientalisti ad intervenire nessuno è intervenuto e oramai dai controlli satellitari risulta che l’11 settembre sia giunta nel porto di Misurata.
Cosa trasportasse non è dato saperlo. La nave batte bandiera panamense e quindi la nostra Capitaneria di porto non ha nessuna autorità per poter intervenire e salire sulla nave e controllarne il carico. Ma avrebbe potuto chiedere alla Marina militare di poter intervenire , solo se fosse stata sollecitata da qualche pezzo grosso, di quelli che comandano alla regione, come il governatore Occhiuto che avrebbe a sua volta potuto sollecitare il governo. Ma le cose in Calabria vanno così.
Il procuratore capo Gratteri dopo le sue ultime operazioni con centinaia di arresti e perquisizioni fra Vibo e Lamezia che sappiamo bene come finiranno, lascia la Calabria per preferire Napoli, presentare un nuovo libro, acquisire la cittadinanza di Diamante, della quale cosa ne farà non si sa, e quindi come si dice in Calabria “ti saluto ped’ di fico”.
Eppure nel passato è stata proprio la disattenzione del mondo politico e giudiziario che hanno fatto si che avvenissero gravi episodi riguardanti proprio le navi dei veleni. Nel 1990 la Motonave Rosso che spiaggiò a Campora San Giovanni arrivò lì perchè fallì l’affondamento davanti Lamezia Terme dove già era stata affondata una nave carica di rifiuti tossici. Nello stesso punto il comandante della Motonave rosso diede l’sos pensando che affondasse , ma così non fu e dopo che l’equipaggio venne messo in salvo con elicotteri e altri mezzi di soccorso, i venti e le correnti la spinsero fino a Campora.
Era la pistola fumante, la prima nave che poteva essere messa ai raggi x per il suo contenuto ed il suo equipaggio messo alle strette da severi interrogatori condotti da qualche magistrato. Ed invece un giovane Gip tale Domenico Fiordalisi della contestata Procura di Paola, fatta di magistrati corrotti ebbe in mano il caso. Non si intervenne subito ma il giorno dopo lo spiaggiamento e la notte del 14 dicembre del 1990 camion di una ditta mafiosa della cosca locale fecero la fila per svuotare il carico della nave e portare in giro nei terreni della Calabria il suo contenuto radioattivo.
Una parte venne trasportata in una vicina cava appartenente ad un boss di Cetraro, altra parte venne seppellita nel fiume Olivo e ritrovata solo pochi anni fa, altre parti nelle discariche di Amantea e Serra d’Aiello. Nessuno di questi siti nonostante si sapesse del pericolo vennero mai bonificati e i rifiuti tossici sono ancora lì. Il pm Fiordalisi coadiuvato dalla stampa locale e da giornalisti compiacenti diede il via alla demolizione della nave che avvenne in soli tre mesi. La ditta Messina proprietaria della motonave chiamò prima una ditta olandese specializzata in recupero di rifiuti radioattivi pagò la somma di 700 milioni per questo lavoro, ma poi improvvisamente proprio mentre la nave stava per raggiungere l’Italia diede l’ordine di sospendere l’operazione affidando un nuovo incarico ad una ditta di demolizione di Crotone. Tutto quindi venne seppellito.
Un coraggioso capitano di Corvetta, Natale de Grazia, cinque anni dopo grazie ad un sostituto procuratore di Reggio Calabria aprì un’inchiesta su queste navi partendo da un’altra nave affondata davanti le coste di Reggio Calabria, la Rigel. A dicembre del 1995 partì da Reggio per andare a interrogare i proprietari della ditta di Crotone ma giunto ad Amantea, cambiò direzione e si fece sostituire da un suo collega mentre lui si diresse verso Livorno per interrogare altre persone del porto coinvolte in quel traffico di rifiuti tossici. Non arrivò mai a destinazione il capitano de Grazia giunto a Nocera Inferiore nella notte si fermò in un ristorante lungo la strada e con la sua scorta cenò. Durante la ripresa del viaggio morì in auto.
Trasportato nell’obitorio il medico disse che si trattava di un infarto, ma poi in altre autopsie si parlò di avvelenamento. Fatto sta che nessun magistrato aprì un’inchiesta e tutto finì archiviato.
Bisogna attendere il 2018 perchè un pentito di mafia, Francesco Fonti confessasse di aver partecipato all’affondamento di ben tre navi cariche di veleni lungo le coste calabresi. Una in particolare la Cunsky venne affondata davanti le coste di Cetraro con l’aiuto della cosca locale alla quale si pagò ben 200 milioni di vecchie lire. Il procuratore capo Bruno Giordano aprì subito un ‘inchiesta affidandola al Pm Francesco Greco. Il Pm prese sul serio la cosa e cominciò un’inchiesta con interrogatori, relazioni di sub, scatenando un incendio in tutta la Calabria. Una grande manifestazione promossa dagli ambientalisti portò ad Amantea 35 mila persone per chiedere la verità sulla nave Cunsky.
Ma al governo c’erano i mafiosi che immediatamente tramite la ministra Prestigiacomo occultarono tutte le prove inventandosi che la nave davanti Cetraro fosse una nave della prima guerra mondiale e non la Cunsky e tutto si fermò. Anche il pm Greco che aveva condotto una bellissima inchiesta archiviò se stesso. Il caso venne chiuso e nessuno ne parlò più. Ma la realtà è che i rifiuti della Motonave rosso sono ancora lì, sepolti fra il fiume Olivo, Serra d’Aiello e Amantea, la Cunsky è ancora sotto il mare davanti Cetraro con il suo carico radioattivo e il povero Natale De Grazia resterà sepolto senza avere alcuna giustizia. Ecco perchè il passaggio di questa nave cargo avrebbe dovuto insospettire le autorità ed intervenire subito. Ma questo è lo stato dell’arte e bisogna farsene una ragione.