Tirreno inquinato. Ma Fiordalisi è diventato “ambientalista”? No, c’è sempre il trucco

Chi l’avrebbe mai detto. Chi l’avrebbe mai pensato. E se anche solo lo avessimo pensato, qualcuno ci avrebbe dato del matto. La notizia è di quelle che lasciano il segno e aprono scenari che nessuno, neppure con la più fervida immaginazione, avrebbe mai ipotizzato. Eppure ciò che tutti credevano inverificabile, si è verificato. E per quanto assurdo sia quello che stiamo per raccontarvi, purtroppo è vero. Anche se ancora facciamo fatica a crederci, dobbiamo arrenderci all’evidenza: lo abbiamo visto con i nostri occhi e non possiamo far finta di niente. Siamo costretti dai fatti ad ammetterlo, a denti stretti, ma non possiamo nascondere questa mostruosa verità. È come se, all’improvviso, fossimo obbligati a dare ragione a chi sostiene che la Terra è piatta e che la sua sfericità sia stato solo un inganno, perché con i nostri occhi abbiamo visto la sua “piatticità”. O come se, da un giorno all’altro, i tifosi del Cosenza iniziassero a tifare Catanzaro: nessuno ci crederebbe, ma se senti con le tue orecchie i cori rossoblù che inneggiano ai giallorossi, non ti resta altro da fare — per quanto la cosa possa disgustarti — che crederci. E noi, nostro malgrado, siamo costretti ad ammettere questa verità imbarazzante: il procuratore capo di Paola, Domenico Fiordalisi, è diventato ambientalista.

Qualcuno potrebbe dire: “Non è poi così paradossale. In fondo è un magistrato che fa il suo lavoro. Paragonarlo a un evento impossibile come la Terra piatta, o ai tifosi rossoblù che tifano giallorosso, è esagerato, oltre che fuori luogo”. Osservazione giusta, se non fosse che manca la conoscenza della persona. Prima di spiegare questo, giova ricordare cosa ha fatto Fiordalisi per meritarsi l’onorevole titolo di ambientalista: negli ultimi mesi la costa tirrenica cosentina è diventata il laboratorio di un esperimento giudiziario che porta la sua firma. Da quando si è insediato, lo scorso marzo, ha deciso che la Procura non poteva limitarsi a rincorrere i reati già consumati: serviva una sezione speciale, un pool dedicato solo all’ambiente, capace di muoversi con la stessa rapidità di chi avvelena il mare e la terra.

La prima mossa è stata la depurazione. A fine agosto – fine, mica inizio – sono scattati i sigilli per cinque impianti tra Cetraro, Fuscaldo, Diamante e Verbicaro. Il secondo fronte si è aperto pochi giorni dopo, nei campi. Non sul cemento, ma sulla terra delle cipolle rosse, simbolo della Calabria nel mondo. Fiordalisi ha acceso i riflettori sulle coltivazioni intensive tra Amantea e Nocera Terinese, laddove pesticidi e liquami rischiano di finire nei corsi d’acqua e, da lì, in mare. Qui il reato non è solo agricolo: si chiama inquinamento ambientale, art. 452-bis del codice penale. In pochi mesi, due mosse che nessuno aveva mai osato fare prima. Ed è qui che nasce il nostro stupore. Perché dare dell’“ambientalista” a Fiordalisi è come dare del pacifista a Netanyahu.

Domenico Fiordalisi è stato il pm che più di altri ha perseguitato gli ambientalisti. Si è prestato, sapendo di mentire, a costruire teoremi contro i movimenti cosentini che lottavano — e lottano ancora — contro i devastatori dell’ambiente. Ha manipolato informative e prove, facendo finire in galera proprio chi difendeva un mondo giusto e sano. A quei tempi non sembrava affatto ambientalista. Anzi: era pappa e ciccia con chi inquinava e avvelenava l’ambiente. Una su tutte: fu lui il pm che archiviò l’inchiesta sulla nave dei veleni Jolly Rosso, spiaggiata nel 1990 a Campora San Giovanni, ordinandone appena quattro mesi dopo la demolizione, facendo così sparire prove importanti di quel traffico di rifiuti tossici. E ancora: era lui il pm che faceva finta di non vedere la cementificazione selvaggia di quegli anni lungo la costa, con scarichi che finivano direttamente a mare. A quei tempi, a Fiordalisi non interessava l’ambientalismo.

Evidentemente l’aria della Sardegna gli ha fatto bene. Ma resta il paradosso: prima gli ambientalisti li arrestava con prove false, oggi ne emula le gesta. Se non è una rivoluzione, umana e professionale, questa… diteci voi cos’è. È come trovarsi di fronte alla Meloni che ti saluta a pugno chiuso: lo stupore ci sta, eccome. Anche se continuiamo a pensare che il lupo perde il pelo ma non il vizio. E sicuramente questa improvvisa conversione all’ambientalismo gli servirà a coprire qualcos’altro che sta tramando sottobanco. Fiordalisi perde il pelo, ma non cambia vizio: quello di costruire contro chi reputa suo nemico inchieste false e tarocche. Che è l’unico “ambiente” che veramente conosce. E ad Amantea già circolano i motivi che stanno dietro a questa ennesima pagliacciata, dalla quale – per fortuna – i sindaci stanno iniziando a defilarsi lasciando il Fiordalisi solo come un “cervo”. Più o meno come sta accadendo dopo il suo annuncio della riapertura del caso Losardo, Chiacchiere, anzi cartucce…a na lira. Mmucca liu’…