Toni Negri e l’eclissi del diritto (di Giacomo Mancini)

L’ECLISSI DE DIRITTO | di Giacomo Mancini

Toni Negri, che oggi all’età di novanta anni è scomparso a Parigi, è stato uno dei più fulgidi e discussi talenti nel panorama intellettuale del suo tempo.
Brillante studioso di filosofia del diritto, deve la sua folgorante carriera accademica ai suoi meriti e ai buoni uffici del suo pigmalione Enrico Opocher, azionista e partigiano. Quasi trentaquatrenne viene nominato direttore dell’istituto di scienza politiche dell’università di Padova. Sposa Paola Meo, figlia dell’alta borghesia veneziana, il cui padre, Marino, è stato uno tra gli architetti più in vista della citta lagunare. Ebbero due figli Anna, apprezzata cineasta e regista di serie tv di successo, e Francesco.
Iniziò il suo percorso politico nell’Azione cattolica. Alla fine degli anni cinquanta si iscrive al Partito socialista veneto. Fu tra i fondatori di Potere Operaio. Anima la vita politica della sua città, intensifica rapporti con docenti, intellettuali, giornalisti, che da Padova si irradiano a Milano, a Torino e diverse realtà del nord.

Era indubbiamente quello più in vista di questo complesso movimento dal quale inseguito nacque l’Autonomia operaia. Non solo per i suoi scritti (tranchant il giudizio di Franco Piperno, alter ego di Negri in Potere Operaio: ha su di me un vantaggio innegabile: fa passare per pubblicazioni scientifiche le cazzate politiche che scrive. Cosa che a me non è concessa: sono un fisico) ma la sua foga oratoria, la silhouette allampanata e la risata ieratica gli diedero una certa notorietà e crearono intorno a lui un alone mitologico.

Il 7 aprile del 1979 i principali militanti di questa rete furono arrestati su mandato emesso dal magistrato Pietro Calogero per aver «organizzato e diretto un’associazione denominata Brigate Rosse, costituita in banda armata con organizzazione paramilitare e dotazione di armi, munizioni ed esplosivi, al fine di promuovere l’insurrezione armata contro i poteri dello Stato». Secondo il teorema Calogero che il terrorismo in Italia fosse «un’unica organizzazione» diretta da «un unico vertice», il quale «legava le BR ai gruppi armati di Autonomia con un’unica «strategia eversiva» che «ispirava all’attacco al cuore dello stato».
Inizia da qui una lunga, complessa, tortuosa storia processuale ma anche politica che segna il nostro paese fino quasi ai giorni nostri che va proprio sotto il nome di 7 aprile. Recentemente lo storico Roberto Colozza l’ha ricostruita con dovizia di particolari in un saggio da leggere.

Di questa storia pagine importanti che meritano di essere lette e conosciute ancora oggi le scrive Giacomo Mancini che definisce il 7 aprile “l’eclissi del diritto” e insieme ad una parte del Partito Socialista conduce una battaglia a difesa delle garanzie processuali, dei diritti dei reclusi, dello strapotere delle toghe, della degenerazione di un certo pentitismo. Insomma tiene alta la bandiera, così minoritaria ieri come oggi a sinistra, del garantismo richiedendolo a persone con idee ben lontane dalle sue.
Negri rimase quasi ininterrottamente in carcere fino alla fine del giugno del 1983 quando fu eletto in Parlamento nella lista radicale. Quado alcuni mesi dopo la sua elezione, il Parlamento fu chiamato a votare sul suo arresto e proprio a causa di un cervellotico posizionamento di Marco Pannella e dei deputati radicali fu concesso l’arresto, Negri decise di riparare in Francia per evitare nuovamente il carcere.
Dove invece si consegnò nel 1997.

Sarebbe sbagliato dire che con la scomparsa di Negri si chiude una stagione, così come sono sbagliati i giudizi superficiali e liquidatori che anche personalità di governo stanno dettando alle agenzie in queste ore. Di quella stagione, comunemente definita come anni di piombo, rimangono storie, che molto spesso sono storie di sofferenza, solitudine detenzione, arbitri, abusi, ma anche di idealità, militanza, impegno, lotte che hanno lasciato ferite profonde tra i protagonisti del tempo, tra i partiti di ieri e che oggi meriterebbero studio e approfondimento scevro da interessi di parte.