Torino. Lo sgombero fascista di Askatasuna: «Vogliono colpire le piazze pro-Pal»

di Rita Rapisarda

Fonte: Domani 

Campeggiano i ritratti fotografici dei partigiani e delle partigiane con i fucili sotto braccio, coprono le finestre dell’Askatasuna che si affacciano su corso Regina Margherita: era l’aprile del 1945 ed allora si festeggiava la Liberazione dell’Italia dal nazifascismo. Askatasuna in basco significa libertà, una libertà che pare essere finita per lo storico centro sociale di Torino occupato da sessanta autonomi il 16 novembre 1996 e ora ritornato ad essere uno spazio senza scopo e abbandonato.
L’operazione che ha portato allo sgombero dell’edificio di quattro piani è iniziata all’alba di giovedì 18 dicembre intorno alle cinque e mezzo del mattino, quando dieci camionette delle forze dell’ordine hanno circondato e militarizzato l’intero isolato intorno al centro sociale, chiudendo diverse strade limitrofe e corso Regina, un’importante arteria della città, e deviando le corse del trasporto pubblico.

Decine di agenti in tenuta antisommossa si sono schierati davanti all’ingresso ponendo subito un grande spazio tra l’edificio e la decina di attivisti che è riuscita a raggiungere il posto in pochi minuti. Con il passare delle ore e la chiamata via social, prima partita come una perquisizione, in decine sono giunti a creare un presidio permanente che lì è rimasto per ore al freddo e sgomberato poi dagli idranti. Poi il corteo in serata. Un migliaio di persone che hanno tentato di proseguire in corteo ma sono state bloccate ancora una volta dagli idranti delle camionette della polizia. La tensione è cresciuta ora dopo ora: sempre in corso Regina Margherita intorno alle otto di sera, alcuni militanti hanno usato i cassonetti per bloccare la strada, mentre il reparto mobile della polizia continuava a usare i potenti idranti installati sui camion.
In ordine sul posto, dalla mattina, sono giunti operatori elettricisti a staccare la luce e altri a chiudere le tubature dell’acqua, mentre i Vigili del Fuoco hanno verificato che non ci fossero pericoli legati alla presenza di bombole del gas. Una ditta di muratura è stata infine chiamata per murare gli interni dell’edificio: si saprà solo dopo che sono stati i sanitari per fare in modo che il posto rimanga inagibile del tutto.

Nessun dialogo
Nessuna comunicazione neppure con chi porta le fila di Askatasuna e da anni si interfaccia con le autorità politiche della città per il cosiddetto “patto per corso Regina 47”: il percorso di progettazione partecipata sull’immobile iniziato il 30 gennaio 2024 con lo scopo di trasformare la realtà sociale in un bene comune cittadino avviato dal Comune di Torino, anche per mettere in sicurezza l’edificio, che a fine 2023 era stato dichiarato inagibile dall’Asl. Patto che il sindaco Stefano Lo Russo ha revocato per alcuni punti venuti meno, primo fra tutti la presenza ieri mattina dentro l’Askatasuna di sei persone, portate poi in Questura, mentre lì non dovevano esserci. Anche gli avvocati all’oscuro di tutto e senza documenti in mano, non sapevano la natura dell’operazione.

A dare la conferma dello sgombero è il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi intorno alle 10:30: «Sgomberato il centro sociale Askatasuna di Torino. Dallo Stato un segnale chiaro: non ci deve essere spazio per la violenza nel nostro Paese» e intestando così al governo di Giorgia Meloni l’intera operazione politica. La destra esulta, da Fratelli d’Italia alla Lega è un tutto uno congratularsi per l’operazione.
Il clima è diventato sempre più caldo negli ultimi mesi con il sostegno alla causa palestinese e che ha visto anche Askatasuna e i collettivi universitari, in prima linea nell’organizzazione delle mobilitazioni che sono passate sotto la sigla di Torino per Gaza. «È chiaro che il governo voglia colpire il movimento per la Palestina e voglia attaccare le lotte sociali. La risposta che seguirà dovrà essere compatta e rispedire al mittente i tentativi di intimidire chi ha capito che si può contare», fanno sapere dall’Askatasuna.
Alcuni episodi inizialmente sembravano essere il motivo dell’operazione di polizia, ma che probabilmente sono diventati il pretesto perfetto per l’esecutivo per mettere in atto uno dei punti del programma politico “lo sgombero dei centri sociali”: l’assalto alle Ogr, quello agli uffici della Leonardo e infine quello alla redazione torinese del quotidiano La Stampa.

Il quartiere
Askatasuna è il suo quartiere e Vanchiglia è Askatasuna. Da sempre oltre che centro solidale anche centro culturale, con seminari, incontri, concerti e letture, ma anche laboratori e cene sociali. Al suo interno trovano spazio uno sportello per persone con difficoltà abitative, un laboratorio artistico, una biblioteca, una sala di registrazione, quest’ultima sequestrata dalla questura nel gennaio 2023. Ed ha origine nella beneficenza quel luogo, un edificio dell’800, originariamente sede dell’Opera Pia Reynero che ospitava anche un asilo lattanti, acquistato poi dal comune che lo abbandonò nel 1981.
«L’Aska è casa nostra, è la casa di tutto il quartiere», urla al microfono una madre membro del comitato “Vanchiglia Insieme” che giunta sul posto ha trovato tutto sbarrato: «Sono scioccata da quello che vedo, mi ritrovo davanti armi e scudi. Stavamo organizzando la festa della scuola insieme alle famiglie e ai bambini e insieme ad Aska per domani», conclude. Per portare a termine la spettacolare operazione la Prefettura ha chiuso due scuole, una elementare e un asilo, che con Askatasuna condivide il cortile: cinquecento bambini sono stati lasciati a casa , probabilmente torneranno con l’anno nuovo.
«Lo stabile non è mai stato il fine, ma una possibilità di socialità dal basso e di un quartiere e una città con sempre meno spazi per i giovani» spiega Stefano Millesimo, storico volto di Askatasuna.