di Filippo Ceccarelli – repubblica.it) – Per una serie di rivolgimenti che qui sarebbe difficile spiegare, e ancora più difficile capire, al consiglio comunale di Palermo la Dc di Totò Cuffaro risulta da ieri il primo partito.
Il transfuga che ha reso possibile il primato, condiviso con Fratelli d’Italia e con ciò che resta di Forza Italia, si chiama Natale Puma ed è stato scippato proprio ai meloniani. Ma il fresco risultato va al di là non solo dello spasmodico trasformismo e forse anche della stessa luminosa follia che da sempre governa la politica in Sicilia.
Per una generazione e mezzo, ormai, di cronisti “il ritorno della Dc” è stato il più ostinato e illusorio dei miti. Invano l’hanno inseguito ogni volta che qualche ex dc guadagnava postazioni istituzionali; invano hanno cercato di dare un futuro a quella formula magica allorché qualche intrepido e impenitente notabile — Pomicino, Mastella, Gargani — si sforzava di ridar vita al partitone bianco; invano, spinti dalla nostalgia, quegli stessi politici e giornalisti si sono ritrovati in qualche scombiccherato convegno sul Centro o disagevole convento. Niente, ogni volta non gli restava in mano che un pugno di mosche, alcune delle quali animavano annose faide sul possesso del nome e del simbolo, quando non finivano per ronzare sui beni del partito misteriosamente involatisi tra finanziarie balcaniche e scatole cinesi.
Per cui no, la Dc era morta, pace all’anima sua — anche se i democristiani c’erano ancora, come ammoniva sapientemente Marco Follini. Totò Cuffaro, già detto “vasa-vasa” per la pazza abitudine di baciare anche gli sconosciuti, è senz’altro uno di questi sopravvissuti. E tuttavia, essendosi fatto diversi anni in carcere per colpe di mafia, era pensabile avesse messo da parte le sue velleità per dedicarsi alla sua azienda vinicola: «I have a drink» se n’era del resto irresistibilmente uscito storpiando il sogno di Martin Luther King. E invece eccotelo qui che governa in regione, manovra uomini e situazioni e a Palazzo delle Aquile ha realizzato ciò che nessuno finora poteva nemmeno immaginare.
È un bene? È un male? È quello che è. Al dunque, ciò che fa pensare è che sia avvenuto in Sicilia, dove l’epopea dei cattolici impegnati in politica ha dato il meglio e il peggio di sé. Per cui: le intuizioni di Sturzo, la battaglia dei grandi autonomisti (Alberti, Restivo) contro il separatismo, l’esperimento di Silvio Milazzo, l’occhio di tigre di Lima, l’eremo di Zafer in “Todo modo” di Sciascia, il sacrificio di Piersanti Mattarella, il baffo di Ciancimino, i diari del generale Dalla Chiesa, i gesuiti e la primavera di Leoluca Orlando, altri omicidi, ulteriori suicidi, tutto che da lì nasce e che lì forse ritorna, come uno scherzo della storia o un fico d’India nella sterpaglia.