(di Antonio Padellaro – ilfattoquotidiano.it) – Ma oggi sarebbe possibile un film con due impostori che si fingono diplomatici africani esibendo un vistoso anello dorato al naso? Citatissimo, grazie allo scherzetto telefonico russo di cui è stata vittima Giorgia Meloni, il Totòtruffa ’62 ci riporta all’Italia di un sessantennio fa dove lo strepitoso duetto tra Totò e Nino Taranto faceva esplodere i cinema dalle risate.
Il fascismo era alle spalle, la sinistra intellettuale già si forgiava sui testi dei Pasolini e dei Moravia eppure nessuno avrebbe, per dire, osato censurare la canzonetta Bongo Bongo Bongo (“si sta bene solo al Congo, con questa sveglia al collo stare ben qui”). Per il semplice motivo che a quel tempo l’esercizio della libertà di parola e di espressione (anche le più becere) non era ancora sorvegliato dalla occhiuta dittatura del linguaggio autodefinito corretto.
Siamo diventati, dunque, meno liberi di esprimere le nostre opinioni (anche le più politicamente oltraggiose) e perfino di riderci su? Indubbiamente sì. E non sarebbe un saltare di palo in frasca se oggi, sfogliando i giornali, dalla comicità modello ambasciatore del Catonga tornassimo ai titoli sulle stragi di civili, tutte, in Medio Oriente. Poiché è qui (in misura incomparabile rispetto alle “scorrettezze” di Totò) il drammatico problema che comprime, mortifica e intimidisce il discorso pubblico. Dove “domina la logica inquisitoria e un codice mediatico da bene contro il male per il quale ogni strage è legittima”.
Ne ha scritto sul manifesto Filippo Barbera e non si può non essere d’accordo sul cuore di una riflessione che denuncia come “il codice binario della morale assoluta” abbia rimpiazzato “la difficile ricerca della verità storica e l’afflato verso la democrazia e la politica, con tutte le loro sfumature, incertezze, dubbi conoscitivi e pratici”. Vero che la furia inquisitoria “abbia sdoganato anche il “peccato di omissione”. Secondo il quale “chi non condanna pubblicamente Hamas pronunciando le cinque fatidiche parole: ‘Hamas è una organizzazione terroristica’ è automaticamente etichettato come fiancheggiatore, antisemita, nemico dell’Occidente o terrorista tout court”. È accaduto lo stesso con la guerra in Ucraina con le sei parole rituali indispensabili a evitare l’accusa di complicità con Putin: “Esiste un aggredito e un aggressore”. Ed è perciò triste che l’articolo 21 della Costituzione, e le verità da conoscere, vengano oggi tutelati principalmente dai fuorionda.









