Tragedia a Rende, la testimonianza: “Quel defibrillatore non è mai arrivato”

dalla pagina FB di Francesco Febbraio, medico 118 

Per Simona, e per ciò che non deve più accadere
La tragedia che ha colpito la piccola Simona al Parco acquatico “Santa Chiara” di Rende ha lasciato un segno profondo in tutti noi..
Simona aveva solo otto anni. Era una bambina, con tutta la vita davanti.. E oggi restiamo qui, a chiederci come sia stato possibile. A cercare risposte che, forse, non riusciranno mai a restituirci davvero un senso.
Ho lavorato una vita nel 118. So bene — perché l’ho vissuto sulla mia pelle — quanto possa fare la differenza avere, a portata di mano, un defibrillatore. So quanti battiti si sarebbero potuti riaccendere, quanti respiri riprendere, con pochi ma fondamentali strumenti.
Quel giorno, una richiesta di defibrillatore è partita. Ma quel defibrillatore non è mai arrivato.

Conosco l’infermiera che era presente sul posto. Una professionista seria, preparata, con grande esperienza in tema di rianimazione. Ha fatto tutto ciò che era possibile, aiutata da un soccorritore della Misericordia, anch’egli altamente formato. Il loro impegno è stato encomiabile, ma purtroppo non sufficiente. Non per mancanza di competenza, né di prontezza. Ma perché mancava uno strumento essenziale.
Ed è qui che sento il bisogno di alzare la voce. Non per puntare il dito, ma per evitare che il silenzio copra la responsabilità. Non possiamo più permetterci strutture aperte al pubblico — e ancora di più frequentate da bambini — che non siano dotate di defibrillatori e personale formato. Non possiamo più accettare che la vita sia lasciata al caso.
La morte di una bambina non può essere archiviata come un incidente. È una sconfitta per tutti. È un fallimento del sistema. È una ferita che deve trasformarsi in cambiamento.
Per Simona. Per tutti i bambini. Per il diritto alla sicurezza, ovunque.