Tropea. La paura delle associazioni, la processione di San Michele e lo strapotere del clan La Rosa

In questi giorni la Commissione parlamentare antimafia sta desecretando molti degli atti che ha portato a termine negli scorsi anni e stanno venendo a galla situazioni decisamente imbarazzanti sia sul capoluogo (dove incredibilmente si voterà in condizioni di asservimento totale alla massomafia) sia su quei Comuni nei quali le Commissioni d’accesso antimafia stanno concludendo il loro lavoro.

Sul fronte delle denunce, l’ex comandante dell’Arma ha “fotografato” su Tropea una situazione del tutto particolare che merita di essere evidenziata. “Denunciano a Tropea? Ovviamente no. Qual è la difficoltà? Mi allaccio alla problematica delle associazioni – ha affermato l’allora comandante provinciale dei carabinieri – sia per le risultanze, sia per aver parlato spesso con molti commercianti perbene. La difficoltà nel creare associazioni, per esempio un’associazione antiracket, o nel denunciare tutti insieme, è che singolarmente si fidano di noi – paradossalmente si fidano del magistrato, del carabiniere, del poliziotto o del finanziere -, ma non si fidano di loro stessi, perché – ahimè – c’è il fenomeno degli intestatari fittizi e delle parentele. Quindi temono di parlare, di confrontarsi tra di loro e di manifestare una volontà di associarsi o di denunciare, come invece è successo, per esempio, a Palermo. Il rischio è questo. Quando avremo fatto pulizia su tutte le attività, come aveva preannunciato il collega Prosperi, probabilmente sarà anche più facile che si fidino tra di loro; adesso abbiamo conquistato la fiducia tra loro e noi, ma non c’è fiducia tra di loro. Non si associano e non si fidano a fare denunce tramite le associazioni o gli sportelli di categoria. Questo ce l’hanno chiaramente spiegato le persone perbene”.

Una constatazione amara di una situazione di fatto che la dice lunga di come tanta sia ancora la strada da fare in diverse aree della Calabria.

Ma per capire l’influenza esercitata dalla locale ‘ndrina dei La Rosa su Tropea è stato l’allora prefetto di Vibo, Francesco Zito, a svelare alla Commissione parlamentare antimafia un episodio del 2019 rimasto sinora inedito. “In occasione della ricorrenza di San Michele Arcangelo, che è il patrono della Polizia di Stato, ma purtroppo in maniera sacrilega è anche il patrono di altro – e su questo non aggiungiamo altro – voglio ricordare che a Tropea c’è una piccola chiesa dedicata a San Michele. In buona fede il nuovo parroco, aderendo alle richieste dei “parrocchiani” che frequentavano la chiesa, ha voluto rivitalizzare una processione in onore di San Michele che si era tenuta l’ultima volta forse trenta o quarant’anni fa, non capendo che in realtà questo era un momento in cui i La Rosa volevano riaffermare la loro rilevanza, anche in relazione a San Michele e a questa chiesa. C’è stato quindi l’accompagnamento della processione da parte del questore che era in prima fila. Questo è stato un segnale di attenzione – ha ricordato l’allora prefetto di Vibo – per evitare che ci fossero problemi di questo genere. Ricordo alla Commissione che in passato a Zungri il famoso Peppone Accorinti tentò di infiltrarsi nella processione; non siamo agli inchini, però, insomma, stiamo attenti su queste cose”.