di Mario Primo Cavaleri
Fonte: Eco del Sud
Ci mancava pure Trump a complicare l’ostico procedere del Ponte. Qual è il nesso? Teoricamente nessuno: a mr Donald interessano terre rare, Groenlandia, Canale di Panama, e pure il Canada se non ci fosse di mezzo il Commonwealth a complicare. Sa però dov’è lo Stretto di Messina per essere stato al G7 di Taormina, averlo visto dall’elicottero e magari col binocolo da Sigonella… la sua Base.
Dal tycoon al ponte, il volo pindarico è nei colpi di scena che l’uno e l’altro riservano: nell’accrescersi dell’incertezza; negli stop and go, anzi go and stop; nell’accelerazione impressa ai bilanci dei Paesi Ue, ora in fervida ricerca di risorse per la provvista della Difesa.
In questo impaccio, con un nuovo Re Sole che detta l’agenda, la modifica, la sovverte, rimarranno immutati i programmi nazionali e sono al sicuro i miliardi dell’opera?
Di fatto, al netto dei roboanti annunci e della asserita osservanza delle scadenze, la road map Ponte finora non ne ha azzeccato una: dalle date sull’avvio dei cantieri a quelle della riunione Cipess (il comitato interministeriale) è un continuo rimando di date. A sentire gli ingegneri della ‘Stretto di Messina’ in audizione al Comune, se ne parlerà… a maggio.
Prescrizioni Via-Vas e altre riserve di vario ordine a parte, sullo sfondo incombono gli interrogativi di allora e di oggi sul progetto anni ‘90 portato avanti dal ministro Matteo Salvini. Efficacemente sintetizzabili nei commenti di una cittadina di Villa San Giovanni e del presidente di Svimez.
Dice la prima: “Noi ci domandiamo, da persone semplici, che comunque si documentano… se questa è l’opera più importante del mondo, perché ad ogni passaggio, il progetto ha sempre qualcosa che non va? Un progetto che viene sempre approvato con prescrizioni e raccomandazioni, ci fa temere che il livello di garanzia del manufatto non sia sufficiente”.
E il prof. Adriano Giannola, a capo dell’Associazione per lo Sviluppo dell’Industria nel Mezzogiorno: “Il ponte dovrebbe essere un hub strategico per il paese. La Sicilia è il centro fisico del Mediterraneo. Le navi che escono dal Canale di Suez si trovano di fronte ai porti siciliani, ma non si fermano lì, vanno fino a Rotterdam. Se vogliamo cambiare questa situazione, il ponte è una delle chiavi. Ma l’attuale progetto del ponte non è né il più sicuro, né il più conveniente”. E punta il dito contro la gestione della spesa pubblica da parte dello Stato: “La legge italiana stabilisce che il 40 per cento della spesa statale per le infrastrutture dovrebbe essere destinato al Sud. Ogni anno, mancano all’appello 40, 50, 60 miliardi. Questa dovrebbe essere la vera battaglia, non la costruzione del ponte”.
Ai due commenti, si aggiunge l’amaro sfogo dell’ingegnere messinese Giovanni Mollica, strenuo sostenitore del ponte: “dieci giorni fa, a Palermo, l’ad Pietro Ciucci ha detto che il Cipess avrebbe approvato il progetto entro marzo. In audizione alla Commissione Ponte del Comune di Messina, gli ingegneri della ‘Stretto’ Lucangeli e Scammacca hanno spostato la data a meta maggio. Diminuiscono a vista d’occhio quanti ancora credono che ‘sto Ponte si faccia veramente. Mentre, nell’Area dello Stretto, non arriva un euro ed è sempre più chiaro che al territorio resteranno solo disagi. Sempre ammesso che l’opera si faccia. Altro che Ponte ‘di’ Messina, se si farà sarà un Ponte ‘su’ Messina. E ancora: “faranno (e spenderanno) tutto all’interno dei cantieri, con pasti, alloggi, ecc. Perfino … la carta igienica arriverà da Roma o Milano. E la politica locale tace”.
Insomma, negli incantati palazzi si vive la fiaba e non si muove nulla che non sia compiacente col timoniere, altrimenti è silenzio.
Tacita atque resoluta? No, chinare la cervice… usi obbedir tacendo.
Ecco un’altra assonanza col mondo nuovo trumpiano.