Tutto o niente… è riesploso Berardi, l’incubo dei fantacalcisti tra triplette e digiuni

La sua storia l’abbiamo raccontata mille volte. Domenico Berardi, 25 anni compiuti da un mese, è il calciatore calabrese più importante da quando i campioni del mondo Gattuso e Perrotta hanno appeso le scarpe al chiodo. Nato a Cariati solo per questioni di… ospedale, è cresciuto tra Bocchigliero (meno di 1500 abitanti sulla Sila) e Longobucco, altro piccolo centro della Sila Greca, rispettivamente i paesi di provenienza dei suoi genitori, papà Luigi e mamma Maria, che lo hanno sostenuto nella sua passione per il calcio fin dalla giovanissima età, iscrivendolo a una scuola calcio di Mirto e accompagnandolo in lunghi viaggi infrasettimanali per allenarsi… Poi un viaggio a Modena dal fratello studente universitario, una partita a calcetto e l’approdo al Sassuolo, la squadra e la città che gli hanno cambiato la vita. Berardi è protagonista assoluto del calcio italiano, tra alti e bassi, ormai da sei-sette anni, da quando era ancora un ragazzino e ieri sera è ritornato alla ribalta dopo un periodo buio realizzando una tripletta contro la Sampdoria. 

Se continuasse così, Mimmo Berardi potrebbe tranquillamente superare quota…60 reti in campionato (dopo la tripletta di ieri è arrivato a quota 58). L’attaccante del Sassuolo comincia la sua stagione facendosi perdonare per l’assenza della prima partita (fuori per squalifica) con una tripletta alla malcapitata Sampdoria. A fare le spese della serata perfetta dell’attaccante calabrese è il suo maestro Di Francesco, che dopo aver assistito a quattro tris (anzi, tre tris e un poker) di Berardi quando allenava il Sassuolo, si trova dall’altra parte della barricata. Del resto, il venticinquenne è fatto così ed è per questo che è… l’incubo dei fantacalcisti. O tutto o niente. Di distribuire i gol con costanza, non se ne parla. In un tempo, ha segnato quasi quanto in tutta la stagione 2017/18 (4 gol). E con la Samp sembra avere un conto aperto…

La prima tripletta in Serie A di Berardi è infatti datata novembre 2013. In quella stagione il calcio italiano scopre l’attaccante del Sassuolo, che si presenta con uno score particolarmente importante alla sua prima annata tra i grandi: 16 reti, tre delle quali proprio alla Sampdoria in un 3-4 per la squadra di Di Francesco che fino a quel momento non aveva assolutamente carburato. Ma anche grazie alle reti di Berardi, il Sassuolo centra una salvezza decisamente insperata. E il calabrese fa piangere Delio Rossi, che anche a causa della sconfitta di Sassuolo, dopo la giornata successiva viene esonerato. Lo scalpo più celebre della sua carriera però Berardi lo conquista a gennaio 2014. In una giornata assurda, il Sassuolo batte il Milan di Max Allegri per 4-3. E a segnare tutte le reti dei padroni di casa è proprio l’attaccante calabrese, che ribalta un match che vedeva i rossoneri avanti per 0-2. La debacle costa il posto all’allenatore toscano, che saluta la panchina del Milan dopo uno scudetto vinto e un altro sfiorato. Ed è Berardi mania, per la gioia di chi ha scommesso su di lui anche…al fantacalcio. Ma non è finita qui.

Berardi, si è detto, non è esattamente un calciatore in grado di dosare i gol. Al punto che sempre nella stagione di grazia 2013/14 si permette il lusso di calare un altro tris, stavolta contro la Fiorentina. Il risultato, ormai neanche a dirlo, è 3-4 per il Sassuolo e Berardi, come contro la Samp, fa tutto in un tempo, prendendosi anche il lusso di mandare in gol Sansone per il poker servito della squadra emiliana. La stagione si chiude tra elogi e prospettive di salto di qualità. Ma la storia, poi, racconta altro.

L’anno successivo Berardi si conferma, andando in gol 15 volte in Serie A. E, tanto per non farsi mancare nulla, colpendo di nuovo il Milan con una tripletta alla terzultima giornata. Stavolta non costa il posto a Inzaghi, ma poco ci manca, perchè il tecnico rossonero verrà comunque esonerato a fine campionato. Poi però Berardi si inceppa. Sette reti nella stagione 2015/16, cinque in quella 2016/17 (anche per colpa di un infortunio). L’anno più difficile è il 2017/18, quando in 31 partite segna solo 4 volte, beccandosi nel contempo 8 cartellini gialli, e comunque incassando l’esordio in Nazionale (ottavo calabrese di tutti i tempi a indossare la maglia azzurra) con il ct Mancini. E anche nella scorsa stagione, niente doppia cifra, con il totale dei gol che si ferma a 8 e la Nazionale andata in fumo. Ora, a giudicare dall’inizio di questo campionato, potrebbe essere…riesploso Berardi. Ma comprarlo al fantacalcio resta comunque un azzardo… E il suo mister, De Zerbi, rilancia il messaggio a Mancini: merita la Nazionale!

REGGIO NELL’EMILIA, ITALY – AUGUST 19: Domenico Berardi of US Sassuolo kicks the penalty and scores the opening goal during the Serie A match between US Sassuolo and FC Internazionale at Mapei Stadium – Citta’ del Tricolore on August 19, 2018 in Reggio nell’Emilia, Italy. (Photo by Giuseppe Bellini/Getty Images)

Appena un mese fa, il 1° agosto, Domenico Berardi ha compiuto 25 anni: l’età perfetta per un calciatore, si dice. O comunque l’ingresso nella sua era migliore: non più troppo giovane, ma ancora lontano dal leggere l’arcuarsi verso il basso della sua parabola. Questa è la teoria, nel calcio: come teorica era la sua iperavalutazione – da 50 milioni in su, si diceva – di talento prodigioso destinato al gotha del calcio europeo che si ritrovò appiccicata addosso. Forse troppo in fretta, anche se i 58 gol già segnati in Serie A allontanano un’altra frettolosa etichetta con immagine incorporata, quella della meteora. Già, perché cinque anni fa (sembra una vita…) Berardi stava ancora festeggiando, oltre al compleanno, i 16 gol segnati al primo campionato di Serie A; quattro anni fa il regalo che si era fatto da poco, in anticipo, era stato quello di confermarsi più o meno a quei livelli (15 gol); e tre anni fa, estate 2016, le pagine dedicate al mercato erano piene (anche) del suo corteggiamento da parte della Juve. E di un rifiuto che fece scalpore, condito con mille perché.

UN NO DISCUSSO

Si ipotizzò addirittura che fosse troppo tifoso dell’Inter per dire sì: sciocchezza. Che la simbiosi con il suo allenatore di allora, Di Francesco, fosse troppo forte per accettare di spezzarla: vera la profonda stima reciproca, ma Berardi non ha mai avuto bisogno di un badante, anche se allora aveva poco più di vent’anni. Si disse che non aveva la testa e la maturità per il grande salto: in verità la testa lo frenò solo perché, andando in una squadra dove sgomitare per giocare è da sempre un obbligo, avrebbe sentito troppo in pericolo la sua continuità di impiego. E quell’incognita sì che forse non l’avrebbe retta. Senza contare che Berardi avrebbe fatto molta fatica ad accettare l’idea di non giocare con il Sassuolo l’Europa League: quella qualificazione era stato il capolavoro della stagione precedente.

IL FARO DI DE ZERBIOggi, tre anni dopo, l’apparente paradosso. E le prospettive capovolte di Berardi: per il Sassuolo il suo cartellino vale poco meno di allora, non meno di 40 milioni di euro, ma almeno al momento non c’è la fila per assicurarselo. Il che fra parentesi non dispiace al Sassuolo, che non se ne priverebbe volentieri. E tantomeno a De Zerbi, che come e più dell’anno scorso vuole fare di Domenico il faro della sua squadra. E le prime amichevoli estive stanno confermando che il progetto piace anche al giocatore. Che probabilmente in cuor suo sente il paradosso: questa è l’estate – lo aveva detto apertamente – che aveva scelto, o comunque accettato, come eventuale spartiacque della sua carriera. Nel caso, in totale accordo con il Sassuolo, al quale il ragazzo sente di dovere comunque riconoscenza.
L’ESTATE SPARTIACQUE

L’estate del salto, verso una di quelle grandi squadre che gli erano state pronosticate come inevitabili, quasi necessarie, quando iniziò il suo decollo. Oggi è l’ultimo giorno di mercato e guarda caso arriva dopo la rinascita di Mimmo, che è tornato a fare gol a raffica… Ma ormai ben difficilmente lascerà Sassuolo. Nel frattempo, ora che ha 25 anni, Berardi continua a pensare quello che aveva ben chiaro già a 19, quando esordiva in Serie A. Ovvero che non avrebbe mai avuto né fretta né paura: le uniche due “nemiche” che riconosce. Non solo nel calcio.