‘Una talpa avvertì Cuffaro dell’inchiesta’: tenente colonnello dei carabinieri indagato per violazione di segreto

(ADNKRONOS) – Si allunga l’elenco di indagati nell’ambito della inchiesta della Procura di Palermo sugli appalti pilotati nella Sanità che vedono coinvolte 18 persone tra cui l’ex Governatore Totò Cuffaro, per il quale i pm hanno chiesto gli arresti domiciliari. Secondo gli inquirenti un carabiniere sarebbe stato una ‘talpa’ di Cuffaro. Si tratta del tenente colonnello dei carabinieri, Stefano Palminteri, iscritto nel registro degli indagati. Il carabiniere, che prestava servizio alla Legione come capo sezione operazioni e informazioni e da qualche tempo è stato spostato in altro servizio, è indagato per rivelazione di segreto d’ufficio. Avrebbe rivelato delle notizie coperte dal segreto istruttorio.

“Ha allertato Cuffaro e Pace dell’esistenza di indagini”

Per Palminteri la Procura di Palermo ha chiesto gli arresti domiciliari. “In violazione dei doveri inerenti alla propria funzione rivelava notizie d’ufficio che dovevano rimanere segrete e in particolare allertava Cuffaro e Pace (il deputato regionale della Dc, pure lui indagato) dell’esistenza di indagini che avrebbero potuto riguardarli”, scrivono gli inquirenti.

Fonte: Il Fatto Quotidiano – Vent’anni dopo l’inchiesta che lo ha poi portato alla condanna per favoreggiamento alla mafia, dunque, l’ex presidente può contare ancora una volta su esponenti delle forze dell’ordine pronti a tradire la divisa pur di tutelarlo. Almeno secondo quello che emerge dall’inchiesta coordinata dal procuratore Maurizio de Lucia: per Cuffaro, Pace e altri 16 indagati sono stati richiesti gli arresti domiciliari. Gli interrogatori preventivi davanti alla gip Carmen Salustro sono fissati per la prossima settimana. Cuffaro e gli altri sono accusati a vario titolo di associazione a delinquere, corruzione e turbata libertà degli incanti.

L’inchiesta ricostruisce quello che viene definito come “un comitato d’affari occulto” capace “di infiltrarsi e incidere sulle attività di indirizzo politico-amministrativo della Regione Sicilia e catalizzare il consenso elettorale del maggior numero di cittadini”. Una quadro che sembra ricordare la prima vita di Cuffaro, quella conclusa con il carcere. All’epoca, l’allora potentissimo governatore, era finito coinvolto nell’inchiesta sulle “talpe alla Dda”, cioè i marescialli Giorgio Riolo e Giuseppe Ciuro, poi condannati per rivelazione di segreto. La stessa contestazione avanzata oggi dai pm nei confronti di Palminteri. “Seppur non afferenti ad alcun settore della pubblica amministrazione regionale, analoghe ragioni conducono questo Ufficio a indicare, tra i capi di incolpazione, altre rivelazioni di segreto di ufficio emerse dalle intercettazioni condotte sulle utenze degli indagati e, in particolare, del Cuffaro, allertato, in più occasioni, di essere oggetto di indagine”, scrivono i sostituti Giulia Falchi e Andrea Zoppi nella richiesta di custodia cautelare, inoltrata al gip di Palermo.

In pratica Cuffaro era stato allertato da un amico, un avvocato penalista, sul fatto che un colonnello voleva “renderlo edotto di argomenti delicati”. “Ha visto qualcosa.. perché?”, chiedeva l’ex governatore il 15 marzo del 2024. Il legale rispondeva che, per chiedere un incontro immediato, si trattava evidentemente di qualcosa d’importante. A quel punto, sintetizzano gli investigatori, Cuffaro “chiedeva espressamente se oggetto dell’incontro potesse essere la notizia riservata che lo riguardava direttamente e cioè di essere, egli personalmente, oggetto di indagine”. L’avvocato rispondeva di non poterlo del tutto escludere. L’unica soluzione, dunque, era incontrare il carabiniere direttamaente. E in effetti, qualche giorno dopo, Cuffaro avrebbe visto Palminteri. Il faccia a faccia era stato fissato nello studio legale dell’amico. Analizzando i tabulati, gli investigatori avevano scoperto che il “colonnello” era appunto Palminteri, ripreso dalle telecamere di sorveglianza presenti in zona. Nello stesso lasso di tempo, era stata registrato l’arrivo di Cuffaro nell’ufficio dell’avvocato.