di Matteo Musso
Fonte: Today (https://www.today.it/opinioni/sinner-editoriale-doping.html)
L’anca sullo sfondo, la vittoria di Cincinnati in primo piano, la poltrona di Re del tennis sempre più comoda lì in bella mostra e gli imminenti US Open come piatto prelibato tutto da gustare. L’inizio di questo editoriale era quasi scontato come un’agevole volée alta a un metro dalla rete con tutto il campo a disposizione. Invece, la notizia di ieri pomeriggio della positività-assoluzione di Jannik Sinner ha inevitabilmente scosso il circuito del tennis (ma non solo) e impone una seria rivisitazione degli ultimi cinque mesi del nostro campione più grande.
Nessuno mette in discussione la buona fede di Sinner
Partiamo da fatti che nessuno, se non in malafede, può mettere in discussione. Jannik Sinner, sottoposto a due controlli il 10 e il 18 marzo, viene trovato positivo al Clostebol con valori infinitesimali, inferiori a un miliardesimo di grammo, che provano come l’assunzione sia stata involontaria. L’innocenza di Jannik viene avvalorata prima dalle indagini dell’ITIA che ascolta il giocatore e i membri del suo staff, e sancita successivamente da tre giudici di cui si è avvalso il Tribunale Indipendente con la sentenza pubblicata nella giornata di ieri: “Nessuna colpa o negligenza per le due violazioni delle norme antidoping”, recita il verdetto, tuttavia siccome Sinner è responsabile anche dell’operato del suo staff, gli sono stati tolti i 400 punti ottenuti nel 1000 di Indian Wells e il relativo premio di 325mila dollari.
La ricostruzione ormai la sanno tutti. Umberto Ferrara, il preparatore atletico di Jannik, durante i giorni del torneo di Indian Wells “passa” al fisioterapista Giacomo Naldi il Trofodermin (che contiene il Clostebol) per curare un taglio che lo stesso Naldi si era procurato a un dito della mano. Naldi lo utilizza e, durante i consueti trattamenti a Sinner, la sostanza entra nell’organismo dell’atleta.
Ora la Wada e l’Agenzia antidoping italiana (Nado Italia) potranno presentare un ricorso entro 21 giorni dalla sentenza, quindi fino al 6 settembre, ovvero nei giorni delle fasi conclusive degli US Open. Questi sono fatti e non sono in discussione.
Il carattere di Jannik
Più complicato ma doveroso addentrarci in quello che ha dovuto gestire e sopportare Jannik in questi mesi. Il tennis, lo sappiamo, è uno sport dove la componente mentale è decisiva. Per Juan Carlos Ferrero, il coach di Alcaraz, “il gioco è mentale per il 50%, fisico per il 45% e tennistico per il 5%”. Sinner ha giocato gli ultimi cinque mesi con l’ombra di una squalifica sulle spalle e un problema all’anca che si trascina dallo scorso aprile e che non fa dormire sonni tranquilli. Altri non avrebbero retto molto meno. Jannik, supportato da due coach e persone speciali come Simone Vagnozzi e Darren Cahill, è riuscito in questo periodo a vincere Halle e Cincinnati, e a fare semifinale al Roland Garros e quarti a Wimbledon. Questo la dice lunga sul carattere di questo patrimonio dello sport italiano che, come tale, va gestito al meglio fin dai particolari che poi particolari non sono.
Voltare pagina non sarà facile per il numero 1. Si dice spesso che in Italia si perdona tutto ma non il successo, ma non è che invidia e maldicenze siano una nostra esclusiva. Come verrà accolto Jannik nel circuito, a cominciare dallo Slam americano? Ci saranno cambiamenti nel suo staff? Se c’è un giocatore che ha dimostrato di avere certezze e personalità sufficienti per lasciarsi alle spalle questa vicenda è proprio Sinner, tuttavia immaginare che non lasci scorie è da ingenui.
Reazioni e considerazioni: il solito Kyrgios
Sul fatto che il primo commento sarebbe arrivato dall’account social di Kyrgios la quota era di 1,01. Giocatore dal braccio d’oro e mente d’argilla, Nick ha ballato davvero poche notti e ormai è più attivo nelle vesti di commentatore che di tennista. Sulla stessa lunghezza d’onda il canadese Denis Shapovalov, uno che, se la classifica ATP si determinasse in base alla qualità tennistica presente nel corpo, non potrebbe mai uscire dai primi cinque, e invece con le regole attuali è fuori dai 100.
Il tennis è cambiato molto: materiali, superfici, palline, preparazione atletica, e di conseguenza anche la tecnica applicata a velocità incredibili. Dai tempi di McEnroe che si allenava giocando i doppi, passando per Lendl che fu il primo a dotarsi di uno staff allargato, fino a oggi quando dietro ad un top 20 ci sono non meno di una dozzina di persone e professionalità, e a volte anche di più: ma siamo così certi che anche l’attenzione da un punto di vista medico sia cresciuta di pari passo con tutto il resto? Nel calcio quando un giocatore si fa male entra in campo il medico della squadra, nel tennis arriva un fisioterapista.
Con un calendario sempre più fitto e che potrebbe infittirsi ancora (un Masters 1000 a casa degli Emiri?), e con la necessità di dover giocare numerosi tornei per ambire alle prime posizioni e alle ATP Finals di fine stagione, il tennis ha preso una strada che mette i giocatori in condizioni complicate. È solo un caso che le tre stelle più giovani di questa generazione (Sinner, Alcaraz e Rune) abbiano già collezionato infortuni di una certa entità?
Il “caso” Sinner, tra superficialità che hanno portato alla positività al Clostebol e i problemi all’anca, dovrebbe far riflettere chi ha la responsabilità della gestione di questi straordinari campioni e chi ne programma, cura e monetizza l’attività. Rimettere sempre tutto e solo nelle mani del giocatore è ingeneroso: è impossibile allenarsi, migliorare colpi e mente, competere, viaggiare e allo stesso tempo avere la lucidità per prendere decisioni su aspetti medici, manageriali, organizzativi e chi più ne ha, più ne metta
Verso gli US Open
Tornando al rettangolo di gioco, il Sinner post rinuncia ai Giochi di Parigi sembrava avvicinarsi all’ultimo Slam della stagione in seconda fila, con Alcaraz saldo in pole position e reduce dalla doppietta Roland Garros-Wimbledon (e finale Olimpica), e Djokovic fresco dell’oro che gli mancava. Jannik, invece, registrata la rinuncia a uno degli obiettivi più importanti della sua stagione, era rientrato a Montreal con più dubbi che certezze. Da Rublev si può perdere, non è certo un’onta, ma a far preoccupare erano le sue smorfie indirizzate all’anca destra, che è ormai diventata di interesse nazionale come ai tempi erano le ginocchia di Baggio o i muscoli di Tomba.
Passa una settimana e il borsino dei favoriti per New York è nuovamente da aggiornare. Jannik, infatti, non ha ancora il fisico dei più grandi, ma la tempra è quella dei fuoriclasse. Vincere con quelle premesse il Masters 1000 di Cincinnati, quinto titolo stagione e 15° in carriera, è qualcosa che solo i veri numeri 1 possono fare. “A Cincinnati non potrò fare miracoli”, aveva ammesso Sinner dopo il ko con Rublev in Canada. Beh, felici che si sia smentito. La rivincita contro il russo e il successo con Zverev, giocatore con cui storicamente fatica perché uno dei pochi capace di reggere l’urto dei suoi colpi, ci (ri)consegnano un Jannik che ha tutto per andare a Flushing Meadows con la concreta possibilità di pareggiare i major vinti da Alcaraz in questo 2024. E il nervosismo dello spagnolo nel match poi perso contro Monfils certifica che la delusione per l’oro sfumato a Parigi ha lasciato scorie forse inaspettate.
La vittoria nel 1000 di Cincinnati consente inoltre a Sinner di blindare fin dopo gli US Open la poltrona di numero 1 del mondo e di superare nella classifica all time (sono 29 in totale i tennisti ad aver guidato il tennis nell’era ATP, dal 1973 ad oggi) una vera leggenda come “Bum Bum” Becker, in grado di vincere sei Slam in carriera e di segnare la storia del tennis molto di più di quanto non dicano i giorni trascorsi in vetta. Un Becker che a un certo punto, un paio di anni fa, proprio quando stava maturando la scelta di Sinner di staccarsi da Riccardo Piatti, sembrava molto vicino ad allenare l’azzurro. Sinner raggiunge nel club dei numeri 1 anche l’americano Andy Roddick e ha ottime possibilità di agguantare ad ottobre un altro mostro sacro di questo sport, Mats Wilander, sette major in bacheca e 20 week da primo giocatore del pianeta.
Ma prima c’è da sfatare il “tabù” dell’ultimo slam della stagione, l’unico dove l’azzurro non è ancora riuscito a raggiungere almeno la semifinale. Sulla carta, per condizioni e superficie, è il suo torneo: forza Jannik, tocca a te.









