Via Panebianco nel più totale abbandono

Accanto ai rioni borghesi a Cosenza sorsero i quartieri di periferia, uno tra questi è via Panebianco. Il nome deriva dal vecchissimo forno del quale rimase un tempo solo una macina divenuta monumento. Il pane bianco era di buon auspicio nei tempi della fame nera. Il luogo ospitava, anche, sotto la sopraelevata (nella adiacente via Padre Giglio) un mercato ortofrutticolo e di altri prodotti, che faceva dell’area punto di commercio e socialità. Oggi è completamente scomparso. Nel 2009 lo scenario che s’intravedeva percorrendo la strada sotto il cavalcavia, era quello di un sigillo posto alle attività. Alcuni parlavano di ristrutturazione altri di un sequestro e procedimenti penali in corso perché strutture abusive, fatto sta che da allora le costruzioni sono rimaste lì chiuse e nessuno ha saputo più niente sulle loro sorti (ma recentemente alcune di queste sono state smantellate e si prevede la riqualifica dell’intera area).

Hanno resistito pochi commercianti agricoli che allestiscono bancarelle all’angolo allineando con cura ogni giorno frutta e verdura in attesa di acquirenti. La zona completamente dimenticata ora appare solo un enorme parcheggio all’aperto. Un agglomerato di macchine che sostano in terza fila (in una strada già stretta a causa del cordolo che ne delinea il distacco con la corsia riservata ai bus), ha declassato negli anni il quartiere fra quelli più invivibili della città. Tuttavia anche qui il sindaco annuncia la costruzione di nuovi parcheggi, di cui i residenti magari potranno beneficiare tra una decina di anni. Poi si aggiungono le solite problematiche: sporcizia, degrado, marciapiedi con mattonelle sconnesse, strade con voragini (basta osservare nell’attuale via Don Silvestro Marano n.7, una volta via Panebianco III strada, la pavimentazione che sta letteralmente crollando, già segnalata più volte dai residenti) e via dicendo.

Un’area che avrebbe potuto sfruttare le sue potenzialità, è stata invece, completamente abbandonata.

I melanconici che vi risiedono o erano soliti frequentarla, ricordano ancora il panificio al civico 1 che sfornava le più buone rosette degli anni ‘80, o la famosa pasticceria Perri e la macelleria di Gino, che hanno abbassato le saracinesche anni fa. Resiste ancora lo storico negozio di musica De Luca, un tempo sempre pieno di clienti oggi appare quasi come un sottoscala di strumenti stipati. Lo sfondo di via Panebianco è totalmente mutato: ospita grattacieli, il rinomato Italiana Hotels (ex Holiday Inn), sale giochi, kebabberie e negozi made china; ma continua a rimanere zona emarginata della città. Alzando il naso verso gli appartamenti di ultima costruzione da 2mila euro al metro quadro, viene naturale pensare che, data la zona, resteranno vuoti (o diventeranno rifugio di latitanti come nel caso di Franco Bruzzese).

Accanto a questi, pochi passi più in là, il primo accampamento di zingari del dopoguerra e le ultime case sventrate dal conflitto oggi divenute deposito di scarpe rotte, cenci, materassi lacerati, bottiglie vuote di vino, cartoni e cartacce di ogni genere, materiale ingombrante; una sorta di discarica. Ma il degrado è ormai consuetudine per gli abitanti e, nonostante sia uno dei quartieri più marginali e inosservati, lo considerano punto centrale e ricco di storia ‘cosentina’ di Cosenza.

Certo l’augurio con il quale è stato assegnato il nome alla via non ha portato bene: il pane bianco è scomparso e la fame nera è tuttora visibile.

Valentina Mollica