di Rocco Tripodi
Sì, sì, lo hanno fatto! Alla fine, muso alto, schiena dura, fronte dritta… NO schiena dritta, muso alto, fronte alta? Vabbè, insomma alla fine gli ultimi 3 o 4 esponenti del Pd rimasti nel partito, con in testa (parola grossa, meglio con… davanti) il segretario Marasco e la rassicurante figura del sindacoAggarbatuni fermo al suo fianco, hanno sbattuto fuori da quel covo di “stalinisti”, tutti quelli che recentemente si sono platealmente macchiati del reato di sbarco clandestino, in altro territorio più ospitale, che dispensa loro generosamente più agi e privilegi che altrove.
Hanno fatto un bel lavoro di pulizia, ma non se la sono sentita di spedirli in Albania, dove a mio modesto parere, avrebbero sconzato anche lì. E gli scafisti, già identificati, Pitaro, Mirabello, Console, Alecci e altri allegri filibustieri sempre più tronfi, verranno insigniti di nuove medaglie alla lealtà, sul petto già intasato da precedenti onorificenze, magari domani stesso durante una sfida a padel tra guerrieri di tutte le formazioni o in qualche sacrestia sotto gli occhi senza più lacrime di un povero Cristo, o in un comodo salotto sotto l’occhio rassicurante, squadrato e compassato che sempre li protegge.
Assistiamo con raccapriccio e sollazzo, con malanimo e misericordia, con distacco e coinvolgimento a questa scissione tra, da una parte, una Sinistra più che clericale, sacrestiale, sonnacchiosa, sbracata e discinta, aggarbatuna e scorreggiona allo stesso tempo, un po’ piccola fiammiferaia e un po’ Giufa’, che, privata di reddito di cittadinanza, vive di ‘MPUFFI e di MUFFE. Grembiulino quel tanto che basta per affermare la sua esistenza, e assicurarsi una freddina pacca sulla spalla e la certezza dopo una “abbuffata” tra fratelli quantomeno di un contenitore Doggy barg per non restare all’urma. Tutto questo nell’illusorio progetto di sostituirsi in maniera indolore alla Destra. Poveri sciocchi! Come sa far bene la Destra, non lo sa fare nessun altro; questa Sinistra può solo rassegnarsi ad esserne solo una brutta copia.
Dall’altra parte sbruffoneggia una Sinistra che Sinistra nulla ha mai fatto per esserlo. Nulla di Sinistra ha mai progettato; mai (le va riconosciuto) promesso; e mai sostenuto rivendicazioni di sinistra; e soprattutto chi la conosce, da questa sinistra mai alcunché si sarebbe aspettato di sinistra, e men che meno l’avrebbe voluto. Se vogliamo dirla tutta, mai di Partito si è trattato, bensì di Comitati d’affari che si prendono e smorfiosamente si lasciano a seconda di come e dove gli affari gli vanno e gli vengono, da quali compari nascono e prendono forma e sostanza, chi o cosa vanno a coinvolgere in corso d’opera e soprattutto chi è il Mastro Fettiere (che fa le fette) e poi a fette fatte, quale valore dare alle stesse e con chi e con quali percentuali dividerle.
Su quale delle due navi è meno insalubre prendere il largo? Chiunque abbia una sana coscienza generosamente foderata di multiball non si appassionerà al quesito.
Del resto a Vibo se vuoi incontrare un attivista del Pd (ex PCI che mobilitava milioni di persone per difendere i diritti di tutti) in una strada o piazza, devi aspettare la domenica di Pasqua durante il rito dell’Affruntata.
In realtà il mio scopo iniziale era quello di parlarvi di altro, ma ne succedono tante che bisognerebbe essere veri giornalisti, a giornata piena, e poter garantire cronache puntuali e aggiornate. Vito Pitaro, per esempio, che si ripropone, come i broccoli passati in padella con la stessa quantità di aglio, e mangiati a cena, e ti impediscono di prendere sonno nonostante l’eroica tua persistenza davanti a programmi condotti da Corrado Augias.
Questo Vito Pitaro, plurivasellinato protagonista del mercato politico vibonese, annusa il formaggio, lo sgraffigna senza far scattare la tagliola e poi se lo gusta con l’alleato di turno che lo ha favorito nell’operazione. Sembra esserci nella sua strategia la mano di Kafka (è troppo intelligente – Kafka beninteso – per non perdonarmi, dov’è, per questa sacrilega associazione) quando riesce a mettere a letto con le dovute coccole, i suoi colleghi vermi e pulci e farli svegliare scarafoni, contraddicendo l’antico proverbio siciliano: cu sceccu si curca, sceccu si susi (chi asino si corica, asino si alza per i… settentrionali).
Ma neanche di questo vi volevo parlare. Allora. Succede che il sindacoAggarbatuni ha incaricato (non si finisce mai d’imparare) un SELECONTROLLORE, cioè un cacciatore o altro armato di fucile e di una certa pruderia aggiungo io (e dove so io), che ha licenza di abbattere, anche quando la caccia è chiusa ed in aree protette, i cinghiali. Qui non intendo entrare nella polemica se un giovane cinghiale, magari troppo audace (scindutu di la mundagna, sino a raggiungere festoso la villa comunale, forse perché incuriosito dalla stupefacente sua rassomiglianza con alcuni esseri umani locali, una volta spogliati di anelli alle orecchie e alle dita, di bracciali, collane, crocefissi e orologi d’oro), se dicevo, debba o non debba essere abbattuto.
A parte che se sulla povera bestia assetata le fosse stato concesso di abbeverarsi alla vasca dove abitualmente, finché non ne avvenga la decomposizione, galleggiano pesci rossi a pancia in su, sarebbe subitaneamente morta, comunque di suo, per avvelenamento. Ma che venisse abbattuto (i bonu a bonu) a colpi di pallettoni facendone, in presenza di cittadini perlopiù giovani, di una esecuzione, uno spettacolo di cruda, volgare, brutale e diseducativa violenza, questo no!
Non lo si deve tollerare ed è doveroso prendere posizione.
Ci ammorbano sui tanti canali tematici televisivi con immagini di pachidermi e maestosi felini avvicinati e sedati in contesti ambientali non antropizzati e poi trasportati non per farne bistecche, ma per ricondurli in posti più protetti. A Vibo no. L’albero indisciplinato che sporca le auto, si abbatte.
Il cinghiale che dai quartieri malfatti viene a passeggiare in cerca di una sguinzia nel centro storico, si abbatte.
Nonno Celestino, che dopo anni di clausura, stanco di farsi violentare i timpani e altro davanti a Mediaset da Mario Giordano e dai suoi ospiti che in quanto a finezza lo mettono in … saccoccia a tutti quanti, attratto dal clamore suscitato, si reca nella nuova piazza Municipio, inciampa sul mattunatu sconnesso, precipita giù dal gradone in bianco travertino, e finisce a bocca aperta sullo schiccio d’acqua di un foro d’uscita degli spettacolari zampilloni che fanno tanto carosello, rischiando di morire affogato se non gli si fosse stata spostata in tempo la bocca dallo sbocco dell’acqua. Corre subito il figlio a protestare e il sindacoAggarbatuni lo tranquillizza:” Lo abbatteremo”. Come? Anche nonno Celestino?
Fortunatamente per nonno Celestino tutto si chiarisce. Il sindaco intendeva sì di abbatterlo, ma visto che il nonno era fracico, gli avrebbero abbattuto la temperatura con l’abbattitore per portarlo a casa e lì poi registrarlo alla giusta temperatura con l’abbattitore per portarlo a casa e lì poi registrarlo alla giusta temperatura per una corretta conservazione, anche in frigo se necessario. Bah, non mi convince! Comunque gli è andata ancora bene, perché l’alternativa proposta era il ricovero presso il nostro civico nosocomio…
Chiudo, a tal proposito, raccontandovi un dialogo che ho ascoltato (ma anche no) tra due signori. Il primo chiede “come va?” Il secondo “Male. Mio figlio è precipitato dal 5° piano” e l’altro, “Eh, beh. Che vuoi fare, succede”. “Si ma giunto sull’asfalto, passa un tir e l’arrota”. “Ah, però. Che vuoi farci. E poi?”. “Fortunatamente non è morto e così l’abbiamo portato all’ospedale di Vibo”. “Daveru? O ‘spitali i Vibu? Gesù, Gesù. Povaracciu, quantu mi dispiaci!”. E allora?7
ABBATTIAMOCCI LE MANI ALLU SINDACUAGGARBATUNI