Vibo, cantieri da incubo: anche le pietre stanno scappando!

di Rocco Tripodi

Sono ritornato in via Abate Pignatari, dove, poco meno di un anno fa sono terminati i lavori di rigenerazione con i fondi PNRR, che prevedevano smantellamento e riposizionamento della vecchia pavimentazione fatta di grosse pietre, poste con l’antica tecnica dell’Opus Incertum e a schiena d’asino.
La specifica “incertum” è stata bene interpretata addirittura esageratamente, anzi aggiungerei in modo “confusum et ad capocchiam”. In quanto alla schiena d’asino, sembra più eseguita a “presa per il culo”. Di questo si era già detto.

Cosa invece c’è di nuovo? Anche per questo straordinario intervento migliorativo per la città, le suddette pietre, non si sa se per loro legittima difesa, e non piuttosto per illegittima offesa (alla decenza) dell’impresa, alla chetichella, le maltrattate pietre, quiete quiete, stanno preparando la fuga verso contesti storici abitati da popoli civili.

Ad oggi ne ho documentate ventisei che già si sono scrollate di dosso quella sciortina cementizia che avrebbe dovuto fissarle al fondo stradale, e come nel cartone “Fantasia”, aspettano che l’apprendista stregone si addormenti, per animarsi e fuggire bellamente al tempo con la marchetta di Paul Dukas (citazione dotta ad uso dell’intellettuale di regime dottorissimo Menniti).
Un tempo si diceva con misurato distacco: “per Bacco! come può essere possibile tutto ciò?”. Oggi non più. E non vengano quindi a censurarci un sacrosanto:”Basta. Ci state proprio mazzoliando le polpette”.

Questa strada inizia da piazza Morelli, dove c’è un cantiere aperto e si congiunge con via del Gesù dove già pochi mesi fa molte pietre della pavimentazione terminata quattro giorni prima, avevano tentato la fuga, ma le spaesate galeotte sono state rintracciate e ricollocate con più cemento e anche castigate con l’obbligo di indossare il cilicio. Così imparano la lezione!

Questa via incrocia via L. Razza, dove stanno torturando delle splendide basole di granito antico, strappandole dalla loro storica collocazione per poi essere rimesse con la solita sciortina cementizia. C’è infatti un contenzioso aperto dall’associazione Italia Nostra. Ma anche di questo si è parlato e scritto a lungo.

Quello che necessita ribadire è che i quattro cantieri menzionati fanno parte di un unico appalto milionario e quindi un unico responsabile, oltre ai controllori, di tanta accuratezza, perfezione, rigore, professionalità e capacità esecutive. Quattro cantieri con la stessa ditta, stessi tecnici stesse maestranze. Se già i primi due cantieri consegnati hanno dimostrato una durata non superiore a quella di un vasetto di nutella appena aperto, cosa altro deve verificarsi perché nei due rimasti aperti si intensifichino i controlli? E ancora, è normale e aggiungo legale che una impresa che su quattro cantieri fallisce in maniera lampante e marchiana possa conservare titolo a continuare?
Qualcuno risponderà? Non credo!
La verità è che alla resa dei conti, tutti valgono “diciannovi sordi cu na lira”.
Un suggerimento:
Che prendano esempio dalla Sanità (altra croce) ed importino, a prezzo politico, ingegneri, architetti, maestranze da Cuba. Meglio ancora dalla Cina visto che sono capaci di costruire un grattacielo in soli diciannove giorni. Ma mi rendo conto che è ancora una volta una perdita di tempi: è più facile spiegare l’arcobaleno a un daltonico.