Vibo Valentia. Ci piace restare… nell’ombra

Noi vecchietti, da quando, con nostro grosso disappunto, è invalsa l’infausta regola di oscurare perimetralmente alla nostra vista i cantieri delle città, ci aggiriamo come pellegrini erranti alla ricerca di nuovi scorci da ammirare; fondamentali tanto da ispirarci una migliore disposizione dell’animo: magari sconfinate distese marine o campestri e continuare così a dare un nostro modestissimo giudizio di approvazione sulla corretta esecuzione della irripetibile ed esclusiva meraviglia che ci circonda e, perché no, un giudizio su chi potrebbe averla progettata. Un posto così ce l’abbiamo, che affaccia sull’incantevole Golfo di S. Eufemia ed è il Parco delle Rimembranze, che si può raggiungere anche a piedi, impegnandoci in una tranquilla e salutare passeggiata.

Il parco, però da lungo tempo, è interdetto per lavori di riqualificazione che sembrava non arrivassero mai a completamento. Finalmente, invece, il mese scorso, l’ingegnere Giovanni Russo, già consigliere comunale con il gruppo dei Progressisti nell’amministrazione Costa, poi assessore ai Lavori Pubblici con il gruppo dei Conservatori (nonché curatore del progetto) nell’amministrazione Limardo, recentemente candidato-trombato con… il Mondo politico di mezzo, in tutto questo avventuroso safari in compagnia del navigato copilota Vito Pitaro, Giovanni Russo, dicevamo, gongolava raggiante sui social, annunciando l’apertura del Parco che presenta come principale attrattiva nella parte più esposta, una vista panoramica senza uguali sul Tirreno, dove poter godere, dopo una bella passeggiata, di un giusto riposo ristoratore su di una comoda panchina rimirando il mare lontano, all’ombra di un albero fronduto.

Peccato, però, che lungo i 40/50 metri di balconata non ci sia una sola panchina né panche o panchette né ceppi o muretti e, men che meno alberi fronduti ma neanche spelacchiati. La sola panchina presente in tutto il parco, restituito alla comunità “ultimato e comprensivo di arredi urbani”, è stata scientemente e con rara astuzia, posizionata esposta in pieno sole, dando peraltro le spalle al mare.

Non moltissimo tempo fa, quando contadini, operai e modesti artigiani, in particolare delle regioni storicamente più depresse d’Italia, trovandosi nell’impossibilità di assicurare almeno un piatto di patate e cicoria alla loro numerosa famiglia, er Puzzone arringapopolo li ha arruolati per 4 soldi di mercede perché andassero a morire rubando la terra di altri e con la generosa e gioiosa prospettiva di andare a conquistare un meritato caldo posto al sole. Sarà verosimilmente questo spirito coloniale che ha mosso l’ingegnere-assessore nel decidere il numero e la collocazione delle panchine.

A noi vecchietti-pensionati invece già costretti a misurarci quotidianamente con disagi, contrarietà, acciacchi e inciampi di ogni sorta, ci tocca continuare, come su Corso Vittorio Emanuele, Piazza Municipio, Parco urbano, Villa municipale e così via, a fronteggiarci cagnescamente, con il giornale arrotolato a mo’ di arma per contenderci un’introvabile panchina al fresco che anche nei nuovi progetti non è contemplata dagli arguti strateghi della riqualificazione urbana. Ovviamente tutto questo vale per quei vecchietti che ancora possono passeggiare perché conservano un pur fragile rapporto di bonaria complicità con la propria prostata. Gli altri a Vibo non ci provino ad uscire di casa se non imbracati col pannolone, al peggio, con adeguato contenitore in plastica (mi raccomando riciclabile). Quello dell’apertura dei bagni pubblici (una vecchia mia battaglia persa, nonostante 800 firme raccolte) rimane un annoso problema, mai risolto e non mi pare che nei molteplici progetti in divenire ci sia la volontà di risolverlo. Sarà perché tutto ciò che a vario titolo attiene all’orbita delle mutande continua ad essere vissuto come un insuperabile (pruriginoso) tabù dai nostri pudichi e timorati politici.

A questo punto c’è da sperare in qualche scugnizzo creativo, più lungimirante di chi ci governa, che con modalità folcloristiche partenopee, si organizzi con una postazione (volante) in cui offrire in affitto trespoli, sgabelli e sdraio. L’ombrello parasole che può essere utilizzato anche come bastone bisogna portarlo da casa,

In compenso hanno (letteralmente) appoggiato sulla pavimentazione, lungo tutta la ringhiera, decine di faretti non assicurati alla base, sicuramente di un certo valore, lampade che è facile definire: D’ASPORTO.