Vigor Lamezia in Serie D, le storie ultracentenarie non si cancellano

Gentile Dottor Carchidi,

domenica 6 aprile la Vigor Lamezia 1919 è ritornata in serie D a 10 anni di distanza dal terremoto “Dirty Soccer”, che ne decretò la caduta fino a ripartire dalla terza categoria grazie ad un manipolo di tifosi.
La nostra, a dispetto della storia ultracentenaria, è una realtà che poche volte si è affacciata al professionismo; una primissima esperienza alla fine degli anni ’40 immediatamente interrotta dalla riforma dei campionati, poi il ritorno in Serie C2 nel 1978, poi nel 1987 (dopo la retrocessione del 1980) e nuova retrocessione nei dilettanti nel 1994, fino al ritorno nella Serie C unica nel 2014 e l’esclusione nel 2015 a seguito dello scandalo scommesse.

Questo bastò al signor Felice Saladini, che nel 2020 rilevò la Vigor, per fondare la sua squadra personale nel 2021 dal nome FC Lamezia Terme, rilevando il freso titolo di Serie D dell’altra realtà cittadina Sambiase Calcio e dichiarare che la Vigor sarebbe stata usata solo per il suo settore giovanile. Risulterà più noto per aver affossato la Reggina poco tempo dopo. Tra le tante cose fatte, cambiò i seggiolini dello stadio “D’Ippolito” con i suoi colori sociali personali, fece ritinteggiare gli spogliatoi e tolse le foto storiche dai corridoi, tra cui quella del fondatore Don Pietro Baccari.

Così facendo ha indirettamente insultato, oltre ad una storia calcistica locale, anche una storia sportiva ancora più nobile di Lamezia Terme, anzi di Nicastro in quanto parliamo dei primi anni del’900; il fratello del fondatore era Don Antonio Baccari, che ebbe comunque un ruolo della fondazione della Vigor, ma che a sua volta era co-pilota di Don Guido D’Ippolito (mi perdoni se uso il Don, ma è solo per l’enorme rispetto che hanno ancora nel ricordo dei cittadini).

I due piloti facenti parte della Scuderia Ferrari (ai tempi reparto corse dell’Alfa Romeo insieme insieme a piloti come Nuvolari, Taruffi e Varzi) che furono i primi in assoluto della storia ad avere l’onore, il 9 luglio del 1932, di portare sulla macchina il cavallino rampante in occasione della 24 ore di Spa-Francorchamps in Belgio, appena Enzo Ferrari ebbe il permesso di usarlo dalla madre del Conte Francesco Baracca, aviatore, che lo aveva come simbolo sulla carlinga.

Per la cronaca, Don Guido e Don Antonio dominarono la gara e dovettero arrendersi per un problema ad un pistone, arrivando secondi e ricevendo i complimenti dagli altri corridori, gente come Tazio Nuvolari e Piero Taruffi.

Don Guido morì per un incidente in gara in Puglia nell’ottobre 1933, a causa di un carro di buoi che attraverso la strada in piena corsa, mentre Don Antonio a fine anni ’80 per cause naturali.
Oggi la Vigor ritorna in Serie D e tanti saluti al signor Saladini, sperando che abbia compreso che non si cancellano storie ultracentenarie e che non si possono creare squadre uniche in realtà ormai troppo radicate nelle proprie origini e colori.