Alto Tirreno, che estate! I politici che ne sanno una più del diavolo e la “guerra” degli eventi

di Saverio Di Giorno

Che estate! Un mese di luglio con un turismo in netto calo. La prima settimana di agosto si riprende e negli ultimi minuti, pardon, nei giorni finali, cioè i dieci giorni a cavallo di ferragosto, le presenze sulla costa triplicano. Ormai le persone sulla costa superano il milione. Cosa che ha portato alla chiusura delle discoteche e degli eventi. Alcuni eventi. Mai estate più ghiotta per affossare una cittadina già provata dai mesi freddi o un esponente rivale pestandogli i piedi. Ma procediamo con ordine…

Non solo gli ospiti abitudinari, ma anche chi, quest’anno, ha preferito rimanere in Italia e rinunciare all’estero e anche chi, dubbioso fino alla fine, senza prenotazione, all’ultimo s’è infilato in auto o in treno ed è “sceso”. Se si fa un giro sulla costa, da Tortora fin giù a Reggio, in effetti, nelle grandi strutture non c’è il pienone che c’è sulle strade. Almeno fino a domenica scorsa. Qualche struttura (poche) è rimasta addirittura chiusa, ma altre hanno riempito a metà. Come si è detto, appunto, le prenotazioni sono calate. Allora da dove escono tutti questi turisti? Una grande parte dalle case, dai parchi. La casa della nonna che finora era rimasta solo alla nonna, mentre altri preferivano Grecia, Spagna, Marocco, ora invece torna utile e quindi si fa a turni o tutti insieme.

Paura, nervosismo si mescolano a gruppetti criminali o paracriminali e quindi qua e là si ha notizia di risse, atti vandalici, furti. Nulla di nuovo da questo punto di vista. A perderci in tutto questo sono prima di tutto i commercianti, gli imprenditori turistici, ma anche tutto il resto della popolazione (calabrese e non) che si sa divertire e appunto per questo non fa notizia. Certo, la calca di fronte a milioni di persone c’è, non è possibile arginarla e i sindaci (chi più chi meno) fanno il possibile: c’è chi chiedeva fondi da investire in controlli, chi mette coprifuoco e divieti più rigidi che quelli a livello nazionale. Ma in ordine sparso a poco serve, quindi sono arrivati prima l’esercito, poi l’obbligo di mascherine all’aperto e ora la chiusura delle discoteche.

Ma di tutto questo si può anche approfittare. I politici (non le donne) ne sanno davvero una più del diavolo. Sì, perché può capitare che pur di mettere in imbarazzo un colore politico si facciano segnalazioni su un locale o su una struttura in un comune con un sindaco vicino a quel colore o a quel politico. E in questa guerra di propaganda e discredito servono anche i casi sospetti di Covid… ecco che quel sindaco non ha saputo gestire la situazione, viceversa ecco che le misure sono state inefficaci! Chi è senza peccato scagli la prima pietra. Nessuno esente. E nessuno ovviamente che abbia posto vere questioni: i dipendenti delle strutture pubbliche sono messi in condizioni di essere adeguatamente protetti? Le braccia impiegate nei terreni? E la questione ospedali? Ci sono abbastanza forze per garantire controlli efficaci? C’è la volontà di fare veri controlli? Tutto è politica, niente è politica.

Certo poi, però, fa specie che mentre vengano chiuse discoteche proprio i sindaci più rigidi, ai limiti del paternalismo (loro stessi hanno voluto specificare che non si tratta di questo), siano quelli che non bloccano eventi pubblici. Gli esempi? Il festival del peperoncino e il concerto di Arbore al Teatro dei Ruderi. Se ne sta discutendo molto in questi giorni. Un festival che nel tempo è divenuto motivo di vanto, vetrina internazionale per importanza e visite e proprio per questo rischia di essere pericoloso. Il patron del festival ha dato tutte le rassicurazioni possibili, ha investito in sicurezza, e il sindaco (Magorno) è certo che le sue ordinanze e coprifuoco siano più che sufficienti a garantire tutta la sicurezza necessaria. Quanto al concerto, che serve per far guadagnare “dollaroni” all’avido manager lametino Pegna, è lui stesso che si mette in mezzo, non ancora sazio di quanto ha rastrellato con Capossela.

Ma torniamo a Magorno. Tra l’altro, era stato proprio il senatore, qualche ora prima, a chiedere la chiusura di tutte le discoteche. E lo stesso senatore che aveva avuto un “acceso scambio di opinioni” sull’opportunità di fare o meno le processioni con il vescovo. Quasi esistessero due Magorno: uno estremamente severo e l’altro sicuro a tal punto da non preoccuparsi. Insomma, qualche perplessità resta, come non potrebbe. Molto banalmente: va bene tutto, ma perché rischiare? Il danno economico, certo, ma se malauguratamente si innescasse una seconda ondata non sarebbe anche peggio? La politica è anche visione di lungo termine. Lo stesso Magorno ieri ha tentennato: “Se il Festival crea assembramenti si chiuda”. Non conosciamo ancora il suo pensiero sul concerto di Pegna ma lì è prevedibile che entreranno in scena, oltre ad Arbore e ai suoi musicisti, validi motivi di “persuasione”.

D’altra parte altri eventi, magari men importanti, sono saltati e lo scrivevamo per tempo (la gara ciclistica Granfondo Terùn, l’EventoPeople, ad esempio). Certo, erano altri tempi, altre organizzazioni, ma la prevenzione non dovrebbe essere criterio comune? Anche perché altrimenti, a queste perplessità si potrebbe aggiungere quella che hanno i più spaventati malpensanti: cioè che ci siano eventi ed eventi, vetrine e vetrine e che rientra appunto nella logica della guerra di fondi, di visibilità, di campagna. Ma questo non è un dubbio che fa nascere solo il Festival e solo l’Alto Tirreno. Che estate, che caldo!