Calabria 2021. La ‘ndrangheta vota Lega: ecco i verbali dei boss

LA ‘NDRANGHETA VOTA LEGA ECCO I VERBALI DEI BOSS

di Emiliano Fittipaldi e Giovanni Tizian

Fonte: Domani 

Nei giorni in cui Matteo Salvini era in tour in Calabria per festeggiare la vittoria alle elezioni politiche del 4 marzo 2018, gli investigatori antimafia erano alle prese con le loro innumerevoli inchieste sui clan. Soprattutto, ascoltavano le voci di ‘ndranghetisti e affiliati registrate da cimici e dai trojan. Un’intercettazione più di altre ha colpito l’attenzione dei detective. Uno scambio di battute in cui un uomo sospettato di essere un trafficante di droga ricordava ai suoi compari di cosca a chi avevano dato il voto. L’uomo dei clan di Lamezia Terme si chiama Antonio Pagliuso, già arrestato per droga nel 2013 ma poi liberato. Mentre le cimici della polizia lo registrano, dice di avere votato per il candidato della Lega espressione di quel territorio: Domenico Furgiuele. E aggiunge di essersi recato nell’abitazione del fratello del politico «il giorno prima che venisse Salvini».

L’intercettazione letta da Domani risale al 20 marzo 2018, diciassette giorni dopo il voto delle politiche, e 72 ore dopo l’arrivo di Salvini in Calabria.
Il leader della Lega, infatti, aveva scelto questa regione per festeggiare l’eccellente risultato nazionale: oltre il 17 per cento dei voti, un boom elettorale che travolge per la prima volta anche il Sud e che gli permette di diventare forza di governo con i Cinque stelle. I) 17 marzo, quindi, Salvini per omaggiare i dirigenti locali si era recato prima a Lamezia Terme, la città di Furgiuele, diventato il primo deputato leghista della storia eletto in Calabria, e poi a Rosarno, il paese delle baraccopoli di braccianti africani. Anche lì al fianco di Matteo, che presto sarebbe diventato ministro dell’Interno, c’era il fedele Furgiuele.

Oltre all’intercettazione, Domani ha ottenuto decine di documenti giudiziari inediti che permettono di ricostruire tre anni di relazioni pericolose della Lega tra Catanzaro e Reggio Calabria. Carte che rivelano una rete di personaggi sospettati di essere vicini, o persino organici, alla ‘ndrangheta, e che sembrano assai vicini alla dirigenza calabrese della Lega.
Le opacità sui voti della Lega in Calabria non si limitano alle passate elezioni politiche, ma riguardano anche le prossime regionali del 3 e 4 ottobre: verbali segreti di pentiti, fotografie che documentano la vicinanza al partito di uomini legati da parentele o in affari con i clan (in alcuni casi presenti a incontri del partito a ridosso delle elezioni europee del 2019 e delle ultime regionali 2020) e relazioni della polizia giudiziaria rischiano adesso di creare più di un problema al partito di Salvini e Giancarlo Giorgetti. La Lega è già alle prese con le inchieste giudiziarie nel Lazio su alcuni dei suoi eletti: a Latina l’europarlamentare Matteo Adinolfi è indagato per voto di scambio, mentre l’ex sottosegretario Claudio Durigon ha avuto in campagna elettorale contatti con un professionista contiguo ai clan pontini che ha pagato almeno due cene elettorali al partito. Salvini ama ripetere che «la mafia fa schifo», ma sembra quantomeno peccare di superficialità nella selezione della sua classe dirigente.