Calabria 2021, la sanità è il cuore del problema. Chi ha paura di Gratteri?

Non avevamo dubbi sulla mossa di Amalia Bruni nel cominciare la sua campagna di ascolto, non ne abbiamo mai avuti, perché sono sempre le carte che parlano. Non c’è originalità e novità nel suo percorso, i suggeritori sono ormai mummificati quanto lei e, sperando di dare una svolta, ripete un rituale tragico e per alcuni aspetti comico: aprire una campagna di ascolto. In perfetto stile P2, pardon Pd. 

In molti si chiedono: ma come fa ad ascoltare, proprio lei? Già, perché è fatto conclamato che abbia seri problemi di relazione con il mondo dall’alto del suo piedistallo farlocco e perché nel suo cammino di scienziata per autoproclamazione e di medico, anche questo un fatto presunto, non ha mai dato ascolto ai malati che diceva e spudoratamente continua a dire di curare. Lo affermiamo con forza sulla base delle confessioni che abbiamo ricevuto da molte famiglie calabresi che hanno avuto la sventura di incontrarla sul loro cammino di malattia (https://www.iacchite.blog/lettere-a-iacchite-amalia-bruni-ha-fallito-e-si-e-venduta-per-quattro-soldi/). Una sventura duplice, la prima per aver dovuto fare l’inchino a sua maestà Queen Amalia che nel concreto della malattia ne prende solo la parte monetizzabile e l’altra per aver dovuto sperimentare la sua tecnica e la sua cura, quella che nella migliore delle ipotesi ha devastato i malcapitati, accelerando il loro traghettamento sulla barca di Caronte.

L’incontro con il magnifico rettore dell’università della Calabria Nicola Leone è un fatto troppo scontato, diciamo più che prevedibile, visto che ormai da tempo il suo innamoramento per l’università di Cosenza è più che sfacciato e a Catanzaro non fanno nulla per nascondere quanto ne siano infastiditi.

Nulla di osceno possiamo anche dire, però c’è da valutare che al momento in quell’ateneo non ci sono facoltà di medicina (partirà a settembre ma ancora fino a prova contraria non ce ne sono!) e che la sua attività, diciamo clinica e di ricerca dovrebbe avere come interlocutore un ateneo che ne contempli questi dipartimenti.

Nicola Leone è un uomo di mondo e sa benissimo con chi ha a che fare, tanto che quando gli emissari di Nicola Adamo e Francesco Boccia si sono fiondati in pellegrinaggio da lui per scongiurarlo di prestarsi alla candidatura a presidente della Regione per il Pd massomafioso, li ha mandati elegantemente a cagare. E quando ha saputo che avevano scelto la scienziata, s’è fatto una risata interminabile, ben sapendo che avrebbe dovuto anche “riceverla” per prenderla per i fondelli. Nicola Leone non voterà mai per questa feccia orripilante.

Se poi vogliamo proprio dirla tutta, la nascita del Centro Regionale di Neurogenetica come previsto con legge regionale e, dopo, con l’istituzione del GOIP (Gruppo Operativo Interdipartimentale Permanente) per le demenza attivato dall’Asp di Catanzaro ha sempre avuto nel suo board di indirizzo espressioni della facoltà di Medicina e di Farmacia dell’università di Catanzaro, oggi Magna Graecia. Ma le sue capacità di relazione sono sempre ostili, soprattutto se attentano al portafoglio, tanto che il suo percorso con l’ateneo di Catanzaro è diventato subito conflittuale, o meglio sono arrivati ai pesci in faccia. Forse perché qualcuno aveva scoperto sempre nell’ateneo catanzarese che il suo Centro Regionale di Neurogenetica era una truffa e lei, Queen Amalia, ha ritirato subito i remi in barca. 

La storia ovviamente è un’altra rispetto al fatto puramente caricaturale, è la conferma che il suo castello è di carta straccia, che non rappresenta nulla, che non ha prodotto nulla in venticinque anni, che ha soltanto rubato i soldi dalle tasche dei calabresi, che ha rubato in modo ancora più grave la speranza dei malati e qualcuno, all’interno dell’ateneo catanzarese, dove si fa anche ricerca seria e cura avrebbe smascherato il suo segreto, un altro oltre a quello di Fatima che conserva gelosamente. E’ così che comincia la storia controversa ed ambigua della ricerca sulle demenze e sull’Alzheimer della scienziata Amalia Bruni, dove nessuno può sindacare neanche in termini clinici e se vogliamo di collaborazione scientifica, lei è troppo per l’umano volgo, la sua parola è verbo e la sua creatura altro non è che una delle tante logge massomafiose del sottobosco della politica calabrese.

Oggi Amalia Bruni, dopo essere stata folgorata sul viottolo di Rubens Curia – chiamarla via o strada ci sembra anche un’esagerazione in termini -, sostenuta da qualche pagliaccio proconsole chissà di quale Nazzareno, dopo aver vestito l’aurea mistica ed esibito le stimmate della scienza, la candidata di Capu i Liuni e Madame Fifì con l’aggiunta di qualche altro scarto di galera, incontra il rettore dell’Unical, professor Nicola Leone, che ovviamente la prende per i fondelli, per parlare di un tema molto caro al suo cuore – di pietra -: l’integrazione degli Atenei calabresi con il territorio.

«Le università della Calabria -ha detto Amalia Bruni- offrono già un’ottima formazione ai loro studenti, mettendoli in grado di competere con chiunque per ottenere un posto di lavoro. Abbiamo ora davanti a noi una sfida ancora impegnativa, trasferire al territorio tutto quello che è utile per dotare i nostri neo laureati di strumenti idonei per cominciare, magari ampliando gli strumenti già esistenti come le start up, a lavorare qui, in Calabria. Mettere a disposizione ricerche, dati, laboratori, lasciare una porta sempre aperta per uno scambio continuo ateneo-territorio dal quale più facilmente verranno fuori opportunità serie per non far disperdere altrove il patrimonio di conoscenze che i nostri giovani hanno acquisito qui. Per questo sarà indispensabile una collaborazione continua, serrata, duratura, e io su questo ci sono, mi metto a disposizione fin da questo momento. Dobbiamo evitare che questa immensa cultura di conoscenza vada altrove».

Ci chiediamo a questo punto: “lasciare una porta aperta per uno scambio continuo” vuole significare che anche lei apre il suo “oracolo”? Aprirà mai, nonostante le dichiarazioni di intento generiche. quelle che non dicono mai niente, le porte del suo castello alla conoscenza della pubblica opinione o forse, speriamo presto, della Magistratura?

Capiranno mai i calabresi come hanno speso i loro soldi visto che di benefici in tema di cura delle demenze e dell’Alzheimer non se ne sono visti, salvo qualche sputo scenografico messo in piedi con la complicità dell’Asp di Catanzaro?

I segreti di Amalia vanno oltre il “segreto” e la sua difesa, lo sappiamo bene, sarà eterna tanto da mobilitare tutte le truppe, le sue alleanze accademiche pure internazionali, persino qualche ricordino di defunti celebri, pur di non dire la verità. Quella no, mai! Si incatenerà davanti all’ingresso al grido “o Roma o morte”, ma Fatima (il segreto) non si tocca. Almeno così vorrebbe lei. 

Nel suo farsesco e grottesco incontro d’ascolto con il Rettore dell’Unical – non sappiamo fino a che punto è stata ascoltata e se mai lei abbia ascoltato – la candidata del centrosinistra Amalia Bruni ha aggiunto: «Un altro aspetto importante è di verificare che tutti, qui in Calabria, dove vi è da parte delle istituzioni locali, una scarsissima attenzione per le questioni che riguardano la cultura in generale e la scuola e l’Università in particolare, abbiano le stesse opportunità, senza che questo dipenda dal ceto, dalla ricchezza personale o da altri fattori. Abbiamo constatato che i finanziamenti regionali previsti dalla legge 34/2001 coprono solo una piccola parte degli interventi che sarebbero dovuti agli studenti quale previsione costituzionale. La nostra regione fa registrare purtroppo in Italia il rapporto più alto tra il numero di studenti che avrebbero diritto – per merito o per reddito – ad usufruire di interventi per il diritto allo studio e il numero complessivo di iscritti. Non deve sorprendere quindi che i fondi previsti per la copertura completa di tutti gli aventi diritto siano assolutamente insufficienti». E vai…è partita la marketta per gli studenti, quelli che lei non ha mai conosciuto peraltro e che mai e poi mai la voteranno. ‘Nzamaddio o porcaria, a seconda delle latitudini.

C’è la necessità, il nostro è un benevolo consiglio, che quanti seguono la comunicazione della candidata Amalia Bruni, nello specifico sempre il “competente” in tutto Rubens Curia – perché è lui che scrive e mette in testa le idee malsane alla signora – usi una particolare attenzione con le parole, una specie di calmierazione del verbo, perché si rischia l’inflazione del “fenomeno” diversamente, più di quanto per storia e per segreti non sia inflazionata.

Che parli proprio Amalia Bruni di finanziamenti regionali, di ceto, di ricchezza è un rischio enorme, potrebbero venire fuori i cadaveri, quelli dei tanti morti in silenzio nelle RSA lager di Calabria, lasciati morire per indecenza dopo che si erano rubati i soldi delle offerte. Questo spiegherebbe anche risvolti sulla ricchezza personale e dei suoi complici, inclusi quelli del suo clan, quello che è certamente un ceto segreto, la casta della truffa lametina con l’insegna Centro Regionale di Neurogenetica e sulla concreta certezza che le malattie di demenza sono ancora con le pezze al culo… Nella migliore delle ipotesi, si capisce. 

Amalia Bruni strizza l’occhio alla bipolarità, come tutti i furbacchioni di questa terra: una volta si reincarna in Rita Levi Montalcini e la scienza si ribalta soffrendo per asfissia, un’altra diventa la seguace di Maria Montessori quando pontifica di cultura e scuola, senza dimenticare l’università, la sua cultura che considera la mafia un fenomeno culturale, al pari di Enzo Sculco da Crotone, quel fenomeno che interessa soltanto i Tribunali.

Ecco che ogni paradosso anche dialettico diventa un’offesa alla comune intelligenza, quella di chi dovrebbe promuoverla come nuovo governatore della Calabria. Nel suo ragionamento il più delle volte con l’etichetta di controllo ormai scaduta, come un classico barattolo di fagioli, si coglie il suo misticismo ascetico, che la potrebbe consacrare un giorno all’onore degli altari, in concorrenza con altri fenomeni ben più strutturati e riconosciuti dalla Chiesa cattolica, ma che non toglie di certo a lei una duplicazione di personalità o bilocazione diciamo pure modesta, tanto da restare nella storia e nel ricordo dei calabresi, come “mamma” Amalia di Calabria. 

Il pulpito di Amalia Bruni è scomodo perché rischia di annientare sotto il peso degli archivi e delle rivelazioni, non mistiche questa volta, la sua infallibilità, dove a poco servono le veline coccodè, peraltro pochissime in numero, di uno schieramento che l’ha issata come un vessillo sopra le trincee per vedere quanti proiettili prende. La sua è una staffetta a tempo che corre sempre sul filo dell’illegalità, quella segretata di Fatima e quella degli scopritori dell’oro che sono riusciti a trovare una candidata a 18 carati, che allo stato dei fatti non sono certamente né appartenenti all’ordine dei francescani, né alle monache di clausura dell’ordine di Santa Chiara e, questo è un dato consolidato.

La questione morale è il cristallo fragile del cammino politico di Amalia Bruni, lo è per la qualità umana (!) del suo schieramento, ma lo è altrettanto perché alcuni suoi sostenitori, oggi presunti, stanno già preparando le fascine per consegnarla al rogo. Vedrete, non ci vorrà molto: lo scoglio della presentabilità dei candidati farà a cazzotti con i suoi segreti, quelli della Fatima lametina. Non si potrà invocare nemmeno il delitto d’onore… Ammesso e non concesso che arrivi fino al 3 settembre. 

L’informazione, quella libera, resta sempre la prima forma di solidarietà e noi la esprimiamo tutta ed in anticipo a quello che resterà della candidata Amalia Bruni ed alle sue passeggiate a marechiaro, ma proprio perché restiamo fondamentalmente solidali con la sofferenza, nel suo “giro dei supurchi (sepolcri per chi non è calabrese)” quelli della campagna d’ascolto, vorremo vedere chi saranno i prossimi fortunati. Noi qualche consiglio ci affrettiamo a darlo a Queen Amalia per razionalizzare il suo percorso nel mondo della massomafia e della truffa.

Il passaggio istituzionale del confronto con gli atenei l’ha già depennato dall’agenda in un solo colpo, con il dialogo con il suo compare dell’Unical. Lei sa molto bene che a Catanzaro, nelle stanze dell’università, è soggetto non gradito ormai da tempo e, quindi, la potrebbe ricevere al massimo qualche posteggiatore anche abusivo se c’è nel piazzale antistante l’ateneo o qualche usciere, nonostante gli sforzi diplomatici della cognata Aquila Villella, ma ci deve arrivare in gran segreto coperta dal burka, perché a Catanzaro la difesa della facoltà di Medicina dai predatori cosentini è tema molto sentito, quello che rischia di essere una Waterloo in termini di consenso per la candidata.

In ultima analisi potrebbe riceverla nell’ateneo catanzarese qualche scodinzolante medico, che faceva parte dell’O.R.S.A.C., quelli che la seguivano in prima battuta come un oracolo, seguendo la scia che pensavano fosse profumo, non distinguendolo all’olezzo di morte che è la caratteristica più che riconosciuta della storia della scienziata lametina.

Se poi deve proprio andare a Catanzaro a svernare con il rischio, anzi quasi certezza di non essere ricevuta nei piani alti dell’UMG, allora può razionalizzare il viaggio e dirigersi per avere la benedizione da chi rappresenta la CEC (Conferenza Episcopale Calabrese) il chiacchierato arcivescovo Vincenzo Bertolone. L’ascolto è la caratteristica autentica del prelato, il suo è l’apostolato dell’orecchio rivolto verso la massomafia, saprà dare indicazioni utili alla scienziata della truffa, l’intesa è garantita, anche perché Amalia Bruni è alla ricerca di una benedizione pesante della Chiesa calabrese, quella che si divide fra massomafia e affari loschi, il suo terreno per ben capire. Stabilire un ingaggio utile con il vescovo Bertolone serve, lui più di altri può parlare di come si tengono carcerati gli anziani nelle RSA e, santificarne le morti, ma può essere estremamente utile per un eventuale causa di beatificazione in vita della santità di Queen Amalia, Bertolone è postulatore di professione per conoscenza e per mafia.

Sulla via del ritorno, una visita all’Asp di Catanzaro negli uffici del distretto sanitario è gradita ai suoi complici di sempre, la premiata ditta Maurizio Rocca & Co. Sarà l’occasione per una rimpatriata goliardica, ricordando i vecchi tempi della truffa, attenti però ai cellulari ed alle cimici, il nemico potrebbe ascoltarvi! E la questione morale resta sempre autenticamente salva, oscilla sempre fra il tintinnio di manette e la preoccupazione del quando?

Il dottore Nicola Gratteri è ancora il felice procuratore di Catanzaro, ha fatto un dispetto, così si narra, a quanti pensavano di esserselo tolto dalle scatole e oggi, più di ieri, ascolta e prepara la sua azione, come ha fatto ben capire alla serata di presentazione del documentario “Se dicessimo la verità” del Magna Grecia Film Festival. La sua idea sulla gestione della sanità in Calabria è sempre la stessa: che chi ruba sui malati merita la galera. 

Francamente gli elementi ci sono tutti, basta solo andarli a cogliere, basta aprire come una scatoletta il Centro Regionale di Neurogenetica ed i suoi affari loschi nel tempo ed il gioco è fatto. Si conferma così l’altro appunto sempre di Gratteri: che i colletti bianchi nelle stanze della spesa sono il limite e le complicità di certi giochi sulla pelle dei malati. Amalia Bruni questo lo sa molto bene, ha lucrato per decenni sulla giostra delle demenze, senza svelare mai a nessuno il suo segreto di Fatima, quello che noi conosciamo e che a momento debito pubblicheremo con tanto di documento che la sbugiarda sulla titolarità della “nicastrina”. Anche su questo è riuscita a bluffare…

La filosofia che anima la candidata alla Regione Amalia Bruni è sempre la stessa, sia che la si declini in termini scientifici, sia che la si legga in termini politici: bisogna sempre privatizzare gli utili e socializzare i costi. L’eterno dilemma italico della truffa.