Calabria, la farsa continua: i giornalisti privilegiati della casta al servizio della politica

Il Corriere della Calabria ha pubblicato i nomi dei sei giornalisti che completeranno l’ufficio stampa della Regione. Si tratta di Pietro Bellantoni, già giornalista del Corriere della Calabria, Armando Acri, direttore di Infonight, Fabrizia Dragone, sociologa, Pippo Gatto, massmediologo, Attilio Morabito, fotoreporter, Mario Campanella, già dirigente del Comune di Cosenza. Senza voler entrare nel merito dei loro curricula e delle loro appartenenze, pubblichiamo di seguito un articolo di Danilo Colacino.

I giornalisti privilegiati della casta al servizio della politica, uno dei mali di Calabria
di Danilo Colacino

Ci sono giornalisti e giornalisti. Sì, intanto ci sono i professionisti (i quali non possono o, meglio, non potrebbero svolgere una professione diversa) e i pubblicisti (quelli che invece possono prestare qualsiasi attività lavorativa: dall’operaio al professore universitario e dunque dare notizie o fare i commentatori per puro diletto), ma anche quelli divisi in base alla condizione occupazionale di essere impegnati a vario titolo in un qualsivoglia organo di stampa ovvero nell’Ufficio Comunicazione di un ente pubblico magari arrotondando lo stipendio (molto difficilmente ce ne sono infatti ricchi, se non di famiglia) con qualche collaborazione comunque nel 99% dei casi sempre pagata “nummo uno”. Ma il richiamo della…figaggine (non mi viene termine più appropriato, scusatemi) di sentirsi redivivi Indro Montanelli o Enzo Biagi ancora resiste eccome, malgrado la terribile crisi in atto, soprattutto se si ha il portafogli, pardon le spalle, coperto.

Ma torniamo ai possessori del “tesserino dello zucchero” più o meno retribuiti per veicolare le “prodezze” dei più disparati Esecutivi, ma pure di rappresentanti del popolo vari, che percepiscono soldini ricavati dalle tasse versate dai cittadini. Giornalisti in molti casi, come per altri settori e categorie del resto, parenti, soci in affari, amiche e amici, portaborse et similia, di chi governa in un dato periodo l’istituzione di riferimento.

E mamma mia. E che sarà mai? Nulla di sconvolgente, per carità. A stupire invece – e forse a dover far scattare dei controlli in un Paese normale, ma che mai ci saranno in Italia e in Calabria perché non convengono a nessuno – la singolare coincidenza (è probabile che sia tutto perfettamente regolare, essendo però in ballo, lo ribadisco, quattrini pubblici non sarebbe male se ci fosse uno scrupoloso sistema di controlli) dei cronisti sempre liberi da incombenze d’ufficio in circostanze speciali come ad esempio l’odierno passaggio su larga del territorio regionale del Giro d’Italia (e ci può anche stare), ma pure le partite e gli allenamenti della squadra locale o le conferenze stampa indette dalle forze dell’ordine ovvero dalle Procure o ancora gli incontri con i giornalisti organizzati da Regione, Province e Comuni.

Fosse questo il punto focale dell’articolo sarebbe però poca cosa. Il vero guaio in realtà è che la gran massa degli informatori di casa nostra è formata da pubblicisti (me compreso peraltro, però da 20 anni senza altra occupazione per amore di questo nobile mestieraccio), i quali come premesso per guadagnarsi da vivere fanno gli insegnanti, i funzionari della Pa o addirittura i membri (ce n’era e ce n’è più d’uno) delle forze dell’ordine e così via, essendo quindi alle dirette dipendenze dello Stato e non sostentati con denaro privato.
Gente che, a prescindere se qualificata o meno (sorvolo sul livello culturale di molti iscritti all’Ordine, i quali pur non si fanno scrupoli a spendere un “titolo”, tra l’altro non frutto di un percorso di studi, a loro concesso per…grazia ricevuta), guarda un po’ tu alle volte la combinazione, mai si trova in servizio quando ha un impegno giornalistico. E sante ferie arretrate o “permessi premio”, ma qui scusatemi mi pare sia proprio culo.

Sì, proprio fortuna. Ma li capisco. Come rinunciare se si svolge, pur saltuariamente, la prestigiosa attività di…dopolavorista della penna. Certo, come detto in precedenza, la qualità spesso ne risente. Immaginate, a riguardo, un chirurgo che va a operare dopo aver passato otto ore a uno sportello del Catasto o un avvocato costituito in udienza prima di indossare i panni di fotografo di matrimoni o infine un ingegnere intento a progettare un ponte al pomeriggio mentre ha fatto il bancario la mattina. Ma tant’è. <È st’acqua qua>, direbbe Pierluigi Bersani, nella speranza però che tali colleghi(?) non informino a spese della collettività da cui sono a volte profumatamente pagati attraverso le tasse per occuparsi d’altro, almeno sulla carta.