Cosenza, cliniche e affari: totale mancanza di controlli. Gli atti della Commissione d’accesso all’Asp

I clamorosi scioglimenti per infiltrazioni mafiose delle Asp di Reggio e Catanzaro avevano riportato con prepotenza alla ribalta lo scandalo della sanità calabrese saldamente nelle mani della ‘ndrangheta ormai da decenni ben prima dell’esplosione della pandemia. E non sono certo solo le Asp di Reggio e Catanzaro ad essere infestate dal cancro della massomafia politica. Anche a Cosenza la situazione è gravissima. Del resto, tutti sanno che l’obiettivo primario di queste associazioni a delinquere è uno solo: affossare il pubblico per favorire il privato e tutti sanno che Cosenza e la sua grande provincia sono la patria delle cliniche private. Ma questo argomento è stato “tabù” per il procuratore Gattopardo del porto delle nebbie, ormai a 10 giorni dalla pensione. Mentre anche Gratteri se n’è lavato le mani e non si ripone nessuna speranza nei loro successori, come da scontato copione.  

Per esempio: gli ultimi pacchiani scandali relativi alle autorizzazioni farlocche con le quali il Gruppo Citrigno ha aperto un nuovo Centro Radiologico ad Amantea e un Centro Diagnostico a Castrolibero e il Gruppo iGreco avrebbe voluto realizzare un’altra (!) clinica a Cariati (progetto per fortuna fallito), ci danno la possibilità di fare il punto della situazione per questo business miliardario. In tutto il territorio della provincia di Cosenza risultano presenti circa 100 (!) tra cliniche e case di cura, per gli addetti ai lavori strutture sanitarie private, accreditate al Servizio Sanitario Nazionale. Diciamocelo francamente: è un numero esorbitante. Anche se la provincia di Cosenza è molto grande e conta 155 comuni, appare sinceramente assurdo che ci possa essere quasi una clinica o una Rsa a paese. Ed è chiarissimo che intorno a queste strutture, la maggior parte delle quali stanno a Cosenza e sul Tirreno, girano miriadi di interessi, testimoniati dalle cifre. E la matematica non è un’opinione.

SOLDI, CLINICHE E POLITICA

Ogni anno le cliniche della provincia di Cosenza ricevono qualcosa come 19-20 milioni di accreditamenti (a testa, sia chiaro…) inseriti all’interno di un budget che quasi sempre viene anche superato (258 milioni nel 2019). Intorno alle cliniche pertanto si coagula un flusso di denaro impressionante. La politica ovviamente “protegge” gli interessi dei patron. Parola d’ordine: affossare il pubblico e far sguazzare i privati. Tanto ce n’è per tutti: a partire da iGreco, che controllano 5 cliniche e vorrebbero realizzare un ospedale privato, per continuare con i prestanome del clan Muto sul Tirreno, Citrigno, l’usuraio di Cosenza, Morrone, l’altro Dracula cosentino, Parente e Poggi, i plenipotenziari di Catanzaro e provincia, il nuovo ingresso Potestio, braccio destro e tramite dei clan con Occhiuto, che specula addirittura sulla sigla dei mutilati e degli invalidi. E naturalmente i boss reggini, che spesso e volentieri sono scesi in campo in prima persona fottendosene altamente delle certificazioni antimafia.

Tutti questi avvoltoi, con le loro tre-quattro brave strutture a testa (Parente e Poggi superano tutti con gli affari delle loro 11 Rsa mentre iGreco e Morrone se le scambiano…) sguazzano felici in questo mare di denari. E non c’è dubbio che, alla fine, come sempre, tutti questi “marpioni” troveranno la quadratura del cerchio per “mangiarci” tutti nei secoli dei secoli. Con la complicità dello stato deviato che continua a far finta di nulla e viene zittito con le assunzioni delle mogli, delle amanti, dei parenti e compagnia cantante.

COSA DICE LA LEGGE

Il sistema normativo in Calabria prevede che l’Azienda Sanitaria si obblighi, con la sottoscrizione di una convenzione, a remunerare alle strutture accreditate le prestazioni di assistenza specialistica ed ambulatoriale, rese a favore dei cittadini-utenti nel rispetto dei volumi, tipologie di prestazioni, tariffe e nei limiti di spesa indicati nelle tabelle allegate ai contratti. Al contempo, ciascuna struttura erogatrice accetta i limiti dei volumi di attività e dei tetti di spesa indicati nel contratto.

Con un giro di vite di qualche anno fa, la Regione ha evitato lo scandalo degli “splafonamenti” del budget, che hanno arricchito e ingrassato a volontà i signori delle cliniche. Allo stato, nello schema tipo di accordo contrattuale tra l’ASP e gli erogatori privati accreditati per l’acquisizione di prestazioni di assistenza sanitaria e socio-sanitaria, viene ora stabilito che “le prestazioni effettuate oltre il budget (tetto massimo) non sono remunerabili da parte della Azienda Sanitaria e pertanto non sono esigibili”. Ma il divieto è stato “aggirato” con decine e decine di lodi arbitrali e contenziosi vari, un “tourbillon” praticamente senza fine. 

Con i decreti del presidente della giunta regionale risalenti al 2011 e al 2012 sono poi stati determinati i tetti di spesa per le prestazioni ospedaliere. Pertanto gli importi contrattuali sono comunque definiti e l’Azienda è in grado di conoscere l’importo delle erogazioni, fissate nel contratto, e dovrebbe, di conseguenza, procedere ad acquisire per ciascuna struttura, prima della sottoscrizione dei relativi atti negoziali, la documentazione antimafia, disciplinata dal D. L.von° 159/2011. Ma anche in questo caso – idem come sopra – hanno trovato il modo di “aggirare” l’ostacolo.  GLI ATTI DELLA COMMISSIONE D’ACCESSO ALL’ASP

Abbiamo potuto dare un’occhiata agli atti della Commissione d’accesso all’Asp di Cosenza, istituita con decreto della prefettura, tra il 2011 e il 2012.

La Commissione ha esaminato un campione di 15 cliniche, presumibilmente le più importanti e quelle che generavano (e sicuramente generano ancora) maggiore flusso di denaro.

E ha messo nero su bianco situazioni al limite del fatidico “fatta la legge, trovato l’inganno”.

“… I contratti annuali sono stipulati quasi a chiusura d’esercizio – si legge nella relazione conclusiva – cioè quando perviene l’autorizzazione regionale con importo assegnato e, in attesa del perfezionamento del relativo contratto, sono riconosciute alla casa di cura le cosiddette “prestazioni pluriennali” con pagamenti mensili sulla base del costo storico dell’anno precedente e con la corresponsione mensile di un acconto pari al 70% del fatturato ai sensi dell’art. 8 del contratto… “.

In altre parole: un accordo sottobanco tra Regione e case di cura per un congruo “forfait” in attesa della firma del contratto.

Ogni riferimento a fatti e persone è fortemente voluto…

Ma gli aspetti più sconcertanti devono ancora arrivare.

“… Al momento – scrive la Commissione d’accesso all’Asp di Cosenza -, le prestazioni sono liquidate dall’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza-Servizi Finanziari, solo sulla base di una fattura rilasciata dall’erogatore del servizio contenente una generica descrizione del servizio e delle prestazioni rese.

Non emergono al riguardo risultanze di controlli effettuati così come peraltro previsto dal contratto; manca il visto di regolarità della prestazione, della congruità del prezzo a seguito di avvenuto riscontro sul numero delle degenze e dei pazienti ospiti presso queste strutture a lunga degenza…”.

Insomma, si fa tutto a scatola chiusa. Fatturo tot ma guardandomi bene dal documentare i servizi che ho svolto. Sembra incredibile ma lo scrivono commissari che hanno lavorato tenacemente e hanno trovato situazioni al limite del grottesco.

E non è finita qui.

“… Inoltre, dagli atti trasmessi dall’Azienda – conclude la Commissione d’accesso – emerge che non è stata acquisita prima della stipula del contratto alcuna certificazione antimafia prevista per i contratti sopra soglia ai sensi dell’art 10 del D.P.R. 252/1998, ora dal Dec. Lgs 159/2011 così come non risulta essere stato acquisito il DURC (Documento unico di regolarità contributiva), obbligo già in vigore dal 2007…”.

Gli atti di questa Commissione d’accesso sono stati sostanzialmente ignorati dalla magistratura. La procura di Cosenza ha lasciato correre le matasse della transazione milionaria con la Sifin ma anche tutte le altre vicende legate ai dipendenti chiaramente vicini a cosche criminali e naturalmente anche quelle relative alle cliniche.

Lo scenario appena presentato dovrebbe far riflettere tutti. La parodia con il celeberrimo film di Alberto Sordi nei panni di un rapace patron titolare della clinica “Villa Celeste” è il minimo che si possa fare per far capire alla gente quali spaventosi interessi si nascondano dietro le cliniche. Ma questo lo sanno proprio tutti: anche quelli che dovrebbero contrastarli e non lo fanno.