Concorsi universitari truccati, i pm: “C’era un metodo paramafioso”

Per dieci professori dell’Università di Catania, tra cui il rettore Francesco Basile, coinvolti nello scandalo dei concorsi «truccati», la procura della Repubblica di Catania aveva chiesto l’arresto. Richiesta respinta dal giudice delle indagini preliminari che ha accolto solo la domanda di sospensione dagli incarichi. Restano comunque gravissime le accuse nei confronti di alcuni dei più noti docenti dell’ateneo catanese: associazione per delinquere, corruzione e turbativa d’asta.

L’inchiesta

Nell’inchiesta della Digos e coordinata dalla Procura catanese — denominata «Università bandita» — risulta un sistema ben collaudato per assegnare determinate cattedre alle persone già prescelte. «Questo a prescindere – afferma il procuratore della Repubblica di Catania, Carmelo Zuccaro – dai reali meriti e competenze». In conferenza stampa i pm della procura hanno parlato addirittura di «metodi paramafiosi» nella gestione di 27 concorsi: 17 per professore ordinario, quattro per professore associato, sei per ricercatore.

Scambi di favore

I professori indagati, in un contesto di scambi di favore tra vari atenei sono 40, e lavorano negli atenei di Bologna, Cagliari, Catania, Catanzaro, Chieti-Pescara, Firenze, Messina, Milano, Napoli, Padova, Roma, Trieste, Venezia e Verona. Gli esiti dei concorsi «erano predeterminati dai docenti interessati, nessuno spazio era lasciato a selezioni meritocratiche e nessun ricorso amministrativo poteva essere presentato contro le decisioni degli organi statutari». Le regole del sistema messo in atto prevedevano un preciso «apparato sanzionatorio» e le violazioni erano punite con ritardi nella progressione in carriera o esclusioni da ogni valutazione oggettiva del curriculum.

Fonte: Corriere della Sera