Cosenza 2021. La deriva della sinistra: quartieri e proletariato o una bella poltrona?

Il miglior modo per far naufragare un progetto politico serio e concreto a Cosenza – per un compagno/a che ha voglia di fare e di impegnarsi concretamente nella lotta contro la corruzione e il malaffare – è proporre l’azione politica per il cambiamento a tutta quell’area pseudo intellettuale di sinistra popolata da strani personaggi che passano il tempo ad atteggiarsi a militanti rivoluzionari comunisti: il peggior errore che un compagno/a possa fare.

Una volta finiti nella ingarbugliata rete di chiacchiere, che generalmente i compagni “a nonna” imbastiscono per darsi un tono da militanti e per giustificare la propria esistenza politica senza mai concludere niente, uscirne è davvero difficile. Ed è proprio in questo mare di chiacchiere e pavidità che naufragano sistematicamente le buone idee che prevedono impegno e militanza concreta. Un metodo spesso usato dai finti compagni per fermare ogni possibile azione diretta e militante che li costringerebbe a misurarsi con la pratica e i problemi che ne derivano, e questo per i teorici del nulla non va bene: fare il comunista con le chiacchiere è un conto, non si rischia niente, impegnarsi concretamente è un’altra cosa. Il loro quieto vivere viene prima di ogni altra cosa.

Per capirci: ci riferiamo a quei personaggi che popolano le fumose e sovversive assemblee di movimento che parlano di “marciapiede”, e non hanno mai passato neanche 5 minuti della propria vita sugli stessi. Quelli che si riempiono la bocca di “quartieri e proletariato” senza aver mai messo un piede in un zona popolare. Coloro che parlano di povertà e disoccupazione, e non hanno mai patito, nella loro vita, un solo giorno di disoccupazione o precarietà. Gli stessi che, dopo aver preso una “Laura (non è un refuso, l’errore è voluto)” in qualche prestigiosa università del nord a spese di papà, magari dopo 15 anni di “faticosi studi”, analizzano la società e teorizzano la rivoluzione dall’alto dei loro sicuri stipendi pubblici e delle cospicue “proprietà” di famiglia, senza però mai metterci la faccia quando serve.

Personaggi che non osano mai pronunciare il nome di un mafioso, salvo poi mitizzare Impastato che i nomi dei mafiosi li faceva davvero. Compagni e compagne “a nonna” che pur di mantenere questa “etichetta” denigrano chi pone in essere azioni concrete e rivoluzionarie, per giustificare la loro pavidità e non avere nessun termine di paragone col quale confrontarsi. Insomma tutti quelli che non si preoccupano della verità o della realtà, ma solo della vittoria delle proprie convinzioni e illusioni. Diceva un vecchio compagno: non perdere mai tempo in discussioni che non hanno senso specie con chi non riesce a separare il proprio ego dalla “causa”, che per un militante comunista è la prima cosa… Ma evidentemente per molti compagni non è così: aspirano anche loro, al pari dei politicanti di mestiere, ad una bella e comoda poltrone. Altro che comunismo!