Cosenza. Chi è Francesco Patitucci, il boss assolto con le “mazzette” di Manna

La massomafia cosentina si è schierata totalmente dalla parte di Francesco Patitucci, boss che è passato sostanzialmente indenne dalle epoche di Franco Pino e di Ettore Lanzino grazie alle sue coperture con lo stato deviato, assicurate soprattutto da un personaggio repellente come l’avvocato Marcello Manna oggi per tutti il quaquaraquà o Marcello “Mazzetta”. Manna infatti, credendosi intoccabile, non si è creato nessun problema a pagare “mazzette” per ottenere la sua assoluzione in Appello dopo la condanna in primo grado a 30 anni di carcere per l’omicidio a tradimento di Luca Bruni. Ma prima o poi c’è sempre qualcuno che presenta il conto e così dopo l’arresto di aprile 2021 per il duplice omicidio Lenti-Gigliotti, oggi è arrivato il “carico” sia per Patitucci ma soprattutto per il suo “capo” Marcello Mazzetta. 

CHI E’ FRANCESCO PATITUCCI

Francesco Patitucci, 60 anni, da giovane “picciotto” del boss Franco Pino, è stato e probabilmente è ancora il capo della nuova ‘ndrangheta confederata di Cosenza, l’uomo di fiducia del boss invisibile Ettore Lanzino durante la sua latitanza, “promosso” inevitabilmente a capo dopo la sua cattura da quell’apparato massomafioso di stato che prima ha protetto e poi “affossato” lo stesso Lanzino. E proprio in nome del “capo dei capi” dell’onorata società bruzia, Patitucci avrebbe imposto la “mazzetta” a imprenditori e commercianti cosentini, salvo poi imporla nel suo nuovo ruolo di “capo”. Ed era lui stesso a passare per l’incasso. Nessuno si sarebbe potuto rifiutare.

Francesco Patitucci
(foto Cn24tv)

Il pentito Angelo Colosso colloca Patitucci al vertice della gerarchia mafiosa (naturalmente, considerando gli “uomini di rispetto” liberi) tratteggiando la mappa della malavita organizzata degli ultimi anni. All’allora procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli e ai pm antimafia Pierpaolo Bruni e Carlo Villani aveva spiegato i retroscena:

«Dopo l’arresto di Gianfranco Bruni, diventa “reggente” Francesco Patitucci. Il capo del gruppo, comunque, rimane Ettore Lanzino al quale, ogni tanto, andava a fare visita Patitucci. A questi incontri partecipavano anche Mario Gatto e Mario Piromallo… Del gruppo Lanzino fanno anche parte, sulla zona di Rende, Michele Di Puppo e i suoi fratelli…

Mi risulta che con loro abbia rapporti anche Davide Aiello che io ho anche conosciuto… I rapporti tra il gruppo Bruni e il gruppo Patitucci sono strutturati nel senso che ciascuno di essi è autonomo. Tuttavia, capita che essi facciano delle estorsioni in comune, sia grandi che piccole, anche se forse è meglio dire che le grandi estorsioni le gestisce direttamente Patitucci. Quando vengono fatte estorsioni in comune, vengono divise secondo quote che variano a seconda di chi materialmente le fa. In ogni caso, per quanto riguarda Patitucci, posso dire che i proventi delle estorsioni che questi fa per conto suo non vengono ripartite con i Bruni. Altrettanto credo valga per i Bruni. In sostanza, i due gruppi non sono la stessa cosa».

Colosso parla, descrive il sistema che serviva per convincere anche quelli che provavano a resistere: «Tra il 2006 e il 2010, io e Greco, e poi Porcaro abbiamo lasciato bottiglie e taniche praticamente davanti a tutti i cantieri su via Popilia e qualcuno anche su viale Parco. Era Patitucci che stabiliva di volta in volta a chi indirizzare le richieste e l’ammontare delle stesse, privilegiando in genere quelle attività che avevano dimensioni tali da consentire il pagamento di una tangente cospicua.

In sostanza, Patitucci non andava a fare piccole estorsioni da mille euro alla volta. La tangente era determinata da lui con esclusione, per gli appalti, dove essa ammontava al 3 per cento. Per i lavori edili e in particolare per la realizzazione di edifici per civili abitazioni, Patitucci chiedeva 500 euro ad appartamento».

Quando il clan Bruni viene eliminato, è chiaro che il potere di Patitucci aumenta ancora di più. Il coinvolgimento di Patitucci nell’omicidio di Luca Bruni è opera dei pentiti e nel giugno 2018 porta alla sua clamorosa condanna come mandante.

A pronunciare la sentenza di condanna a 30 anni per Francesco Patitucci, al termine del rito abbreviato, è stato il Gup Distrettuale di Catanzaro, Giovanna Gioia, che aveva così chiuso il primo grado del terzo filone d’inchiesta sull’omicidio di Luca Bruni. Nella sentenza, il Gup, assolveva Roberto Porcaro e decretava il non luogo a procedere nei confronti di Ettore Sottile.

Ad incastrare Francesco Patitucci le dichiarazioni di Adolfo Foggetti, Daniele Lamanna e Franco Bruzzese che come si sa hanno raccontato tutto di quella tragica notte del 3 gennaio del 2012, quando Luca Bruni fu ucciso, proprio da Daniele Lamanna, con un colpo di pistola alla nuca.

Luca Bruni

Luca Bruni, figlio di “Bella Bella”, viene freddato prima di essere seppellito tra le campagne di contrada Ortomatera, tra Castrolibero e Rende. Il suo corpo fu ritrovato a distanza di circa due anni grazie alle indicazioni del collaboratore di giustizia Adolfo Foggetti autoaccusatosi del delitto. Luca Bruni sparì a pochi giorni dalla sua scarcerazione, quando era assurto a ruolo verticistico del proprio gruppo criminale, a seguito della prematura scomparsa di suo fratello Michele. A causa di quanto captato con un’intercettazione ambientale, gli esponenti della cosca degli zingari pensarono che Bruni volesse diventare collaboratore di giustizia. Ipotesi, però, mai confermata dai fatti. Anzi, Bruni voleva entrare nella divisione dei proventi delle estorsioni. La cosca degli zingari, inoltre, lo riteneva un ostacolo per i nuovi assetti criminali della ‘ndrangheta di Cosenza. Bruni sarebbe stato attirato in un tranello, facendogli credere di partecipare a un incontro con i vertici dell’organizzazione mafiosa, allora latitanti, Ettore Lanzino e Franco Presta.

La condanna di Patitucci si aggiungeva a quella di Maurizio Rango, condannato all’ergastolo. Questo significava che i giudici avevano ritenuto credibili le dichiarazioni dei tre pentiti che non si sono fermate ai soli fatti criminali, ma che hanno, e stanno svelando, gli insani rapporti tra politica e malavita.

I giudici avevano ritenuto più che attendibili le dichiarazioni di Adolfo Foggetti prima e quelle di Daniele Lamanna e Franco Bruzzese dopo. Le cantate dei pentiti che accusano Patitucci di essere tra i mandanti dell’omicidio di Luca Bruni, ucciso a tradimento, sono state ritenute dai giudici “chiaramente convergenti”. E non lasciavano spazi a dubbi o incertezze. Tutto, secondo i giudici, combaciava. 

Il tentativo della difesa di Patitucci, guidata dall’avvocato Marcello Manna, di screditare i pentiti ed in particolare Daniele Lamanna, principale accusatore del boss, era stato respinto dal collegio giudicante che aveva ritenuto Lamanna attendibile e preciso nella ricostruzione delle responsabilità attribuite a Patitucci. 

Lamanna svela le parole di Patitucci che in merito alla condanna a morte di Luca Bruni, decretata dalla paranza – dopo aver letto alcuni verbali del processo Telesys  finiti, non si sa come, nelle mani di Bruzzese prima e Lanzino poi, della volontà di Luca Bruni di pentirsi –  ebbe a dire: di questa famiglia se ne dovrebbero perdere per sempre le tracce. Un chiaro assenso all’omicidio.

Daniele Lamanna racconta ai giudici dei vari incontri preparatori dell’omicidio e in particolare parla degli incontri avuti con Patitucci e Porcaro. Incontri dove il boss diede il suo consenso all’omicidio. Non prima di aver avuto il “visto” dall’allora latitante Ettore Lanzino che secondo i pentiti appose la firma finale alla condanna a morte di Luca Bruni. Raccontano i pentiti che Lanzino dopo aver ascoltato le ragioni della paranza disse: noi italiani siamo a disposizione dei compari per questa azione, per ogni cosa che vi serve potete rivolgervi a Patitucci, Superbo, e Di Puppo.

Dunque per i giudici della sentenza di primo grado non solo i pentiti sono attendibili, ma hanno ricostruito senza sbavature tutte le fasi di questo infame omicidio.

E invece, il 4 dicembre del 2019, la Corte d’Assise d’appello di Catanzaro, presieduta da Marco Petrini, a latere Fabrizio Cosentino, ha assolto Francesco Patitucci. La Procura generale, rappresentata in udienza dal sostituto procuratore generale Raffaella Sforza, aveva chiesto la conferma della sentenza di primo grado. Riascoltati i collaboratori Franco Bruzzese e Adolfo Foggetti ed acquisite le dichiarazioni dei nuovi collaboratori Luciano Impieri, Celestino Abbruzzese e Luca Pellicori. Ma non era bastato. Da qualche mese, tuttavia, abbiamo capito anche le motivazioni di questa assoluzione pagata con tre tranche di mazzette dall’avvocato Manna al giudice Petrini, con tanto di intercettazioni video e audio, ormai diventate di dominio pubblico.

L’incidente probatorio ha confermato tutte le accuse ed è una prova a tutti gli effetti. Quella clamorosa sentenza di assoluzione, tuttavia, è stata poi confermata dalla Cassazione alimentando le speranze del boss e del suo protettore di farla franca. Ma nel frattempo, Gratteri è riuscito a “inchiodare” Patitucci per il duplice omicidio Lenti-Gigliotti degli anni Ottanta. Il boss è stato condannato all’ergastolo in primo grado ad aprile 2021 ed è ritornato in carcere e tutti sapevano che il procuratore non avrebbe mollato la presa. 

La condanna all’ergastolo del boss di Rende Francesco Patitucci per il duplice omicidio di Francesco Lenti e Marcello Gigliotti è stata decisamente un colpo di scena perché, dopo le clamorose dichiarazioni di Gianfranco Ruà e Gianfranco Bruni, che si erano accusati del fatto di sangue ed erano stati condannati soltanto dieci giorni prima a Catanzaro, tutti pensavano che anche a Cosenza Patitucci se la sarebbe cavata. E invece no: il giudice Giovanni Garofalo non ha creduto alle dichiarazioni di Ruà e Bruni e ha condannato Patitucci al carcere a vita. E il 19 aprile dell’anno scorso è stato arrestato dalla Squadra Mobile di Cosenza su disposizione del procuratore della Dda di Catanzaro Nicola Gratteri. 

L’ultima volta che Patitucci era salito alla ribalta delle cronache è stato il 27 marzo dello scorso anno, quando, nonostante fosse tenuto a rispettare l’imposizione di quarantena perché positivo al Covid, era stato sorpreso a passeggiare a piazza Zumbini. Del resto, i boss sono boss anche per questo, proprio perché si ritengono al di sopra della legge e Patitucci, in questi lunghi anni, lo è stato certamente, visto che fino all’altro ieri ha tranquillamente passeggiato e dettato legge a Cosenza. Qualcuno gli aveva fatto credere che avrebbe superato indenne anche il processo per l’omicidio di Lenti e Gigliotti, così come era accaduto per il processo per l’omicidio di Luca Bruni, ma non aveva fatto i conti con Gratteri.

Nei recenti verbali dell’inchiesta della Dda su Cosenza, il nome di Patitucci compare più di una volta come punto di riferimento e come “deterrente” per chiunque non volesse pagare e come punto di riferimento per colletti bianchi e politici in ogni tipo di appalto. E stamattina anche Patitucci è impelagato fino al collo nel blitz che ha portato all’arresto del suo “capo” Marcello Manna.