Ennesimo pentito a Cosenza: oramai non si contano più

Così come vi avevamo annunciato poco meno di un mese fa, ecco che spunta, come spuntano i vavusi ara Sila, l’ennesimo pentito a Cosenza. Oramai sono talmente tanti che contarli è diventato difficile. Cosenza si conferma la città con il più alto numero di pentiti di ‘ndrangheta di tutta la Calabria, e forse dell’intera Italia. Senza contare i confidenti che in città sono diventati, oramai, un esercito. Ogni poliziotto, carabiniere, finanziere in servizio a Cosenza, ha il suo “cantante di fiducia”. Ed infatti quasi ogni giorno le forze dell’ordine scoprono depositi di droga (a casa di insospettabili) e di armi, come se fossero cirase (ciliegie). Una scoperta tira l’altra. O meglio, una cantata tira l’altra.

E’ chiaro che tutto ciò fa bene alla città che oramai ha capito di che pasta sono fatti questi “malandrini”: fino a che sono in libertà giocano a fare Scarface, non appena li arrestano, basta uno schiaffo ppi i fa cantà, e 5000 ppi i fa sta cittu. Si sa che a galera non piace a nessuno. A galera è fatta ppe i caggi. Perciò diciamo ai ragazzi che ancora vannu appriassu a sta gente, di lasciare stare, di fare un’altra vita, perché alla prima occasione, e per loro utilità, i malandrini di Cosenza ti vendono. Loro ritornano in libertà pagati e protetti, e tu finisci diritto in galera. Senza possibilità di “appello”. E magari oltre alla tua di galera, ti fai anche un po’ di quella che dovevano farsi loro. Guagliù un ci jati apprissu ca vi ruvinanu a vita. Specialmente di questi tempi dove, alla fine, tutti sti pentiti a qualcosa devono servire. Altrimenti non si capisce come mai la DDA continui ad arruolare pentiti a più non posso. Qualcuno dovranno arrestare, e se tutti i capizzuni sono pentiti, fatevi due conti e capirete che alla fine in galera a ci fa a muffa ci finiscono solo i caggi.

A pentirsi questa volta è un altro che si atteggiava a malandrino tutto di un pezzo: Luciano Impieri, 39 anni, criminale di lungo corso.

Arrestato il 19 novembre del 2014 perché ritenuto partecipe all’associazione mafiosa denominata “Rango-zingari” operante a Cosenza e nel Tirreno Cosentino, Impieri, così come racconta Daniele Lamanna nelle sue dichiarazioni, era passato agli italiani. Lo stesso Adolfo Foggetti riferisce dell’allontanamento di Impieri dalla cosca per dissidi non meglio specificati. Luciano Impieri era stato condannato in appello alla pena di 6 anni e otto mesi, ed era detenuto a Secondigliano.

Il 30 dicembre del 2017, qualche mese fa, Impieri era riuscito ad ottenere gli arresti domiciliari per una “presunta” malattia. Una “mossa” studiata dagli investigatori per meglio organizzare il suo pentimento. Non prima però, così come pretende la DDA di Catanzaro, di aver dato prova del suo reale pentimento. E Impieri, che dai domiciliari aveva ristabilito i suoi contatti, e osservato h24 dalla DDA, ha permesso agli investigatori di recuperare una piccola santabarbara occultata a casa di una sua parente. Quasi tre mesi ai domiciliari sono serviti agli investigatori per registrare e filmare tutti coloro i quali hanno avuto contatti con lui, e questo ha permesso alla DDA di ricostruire la rete di relazioni criminali sul territorio di Cosenza aggiornata a ieri. Giorno in cui la DDA ha deciso di trasferire Impieri e la sua famiglia in una località protetta.

La voce del pentimento di Impieri, come sempre, girava da tempo. Così come girano altre voci su altri personaggi che da tempo collaborano con la questura.  A questo punto una domanda sorge spontanea: ma a cosa servono tutti questi pentiti? Se i criminali a Cosenza, per fare un esempio, diciamo che sono 100, di cui 95 sono pentiti e 5 in galera, la funzione di questi collaboratori, alla luce di queste “percentuali”, qual è? Se tutti sono pentiti, i reati chi li paga? Se non c’è più nessuno d’arrestare, perché la DDA continua ad arruolare pentiti?

Qui, come diciamo da tempo, gatta ci cova. O sta per scatenarsi una tempesta su Cosenza di dimensioni bibliche, oppure concedere lo status di pentiti a tutti serve per meglio controllare le loro dichiarazioni, metterli l’uno contro l’altro, farli smentire a vicenda, per tutelare, rendendo inoffensive le dichiarazioni di alcuni pentiti della prima ora che tirano in ballo il “terzo livello”, i politici, i poliziotti, i pm, i giudici, i professionisti, coinvolti nei loro loschi affari. Come a dire: più confusione c’è, meglio è per tutti. E in galera ci resta solo Rango.