“C’è compiacimento per un’operazione che ha posto fine ad un fenomeno terribile di sfruttamento. Rimane però l’amarezza di dovere prendere atto ancora una volta della funzione supplente che la magistratura svolge e registriamo l’assenza di scelte politiche che dovrebbero risolvere e prevenire questi fenomeni assicurando a questa gente condizioni di vita dignitose che potrebbero esporli a minori pericoli”. A dirlo il procuratore di Palmi Ottavio Sferlazza dopo gli arresti per sfruttamento di migranti. “Si è trattato di un’operazione importante – ha aggiunto Sferlazza – perché ha consentito di assicurare alla giustizia personaggi senza scrupoli, sia caporali di origine africana sia datori di lavoro titolari di aziende agricole nella piana di Gioia Tauro. C’è compiacimento per un’operazione che ha consentito di smantellare questa struttura che sfruttava persone che già si trovano in una situazione di estremo disagio sociale e emarginazione”. “A distanza di anni, dopo i morti che ci sono stati nelle varie tendopoli e baraccopoli per gli incendi a tutti noti – ha concluso il procuratore di Palmi – purtroppo dobbiamo registrare che questo fenomeno di sfruttamento continua, sicuramente alimentato e favorito dalla situazione di degrado in cui questa gente continua a vivere ormai da anni”.
I carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria, col supporto del Nucleo Ispettorato del Lavoro, dello Squadrone Eliportato Cacciatori Calabria, dell’8° Nucleo Elicotteri di Vibo Valentia e dei Comandi Arma competenti per territorio, hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di applicazione di misura cautelare personale, emessa dal Tribunale di Palmi – Sezione GIP/GUP, su richiesta della locale Procura della Repubblica, nei confronti di 29 persone ritenute responsabili, a vario titolo, di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione e detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti o psicotrope.
In particolare, i destinatari dei provvedimenti restrittivi sono:
Amenyo Agbevadi Johnny, Ghanese di 37 anni (custodia in carcere);
Benjamin Mark, Ghanese di 78 anni (custodia in carcere);
Dimbie Haadi, Ghanese di 31 anni (custodia in carcere);
Jerry Joseph, Liberiano di 38 anni (custodia in carcere);
Karfo Kader, Ivoriano di 41 anni (custodia in carcere);
Lo Cheikh, Senegalese di 68 anni (custodia in carcere);
Ndiaye Babacar, Senegalese di 54 anni (custodia in carcere);
Ndiaye Ibra, Senegalese di 36 anni (custodia in carcere);
Ndiaye Mbaye, Senegalese di 53 anni (custodia in carcere);
Sarr Gorgui Diouma, Senegalese di 36 anni (custodia in carcere);
Sidibe Ballan, Ivoriano di 43 anni (custodia in carcere);
Suleman Nuhu, Ghanese di 39 anni (custodia in carcere);
Yabre Kouda, Burkinabè di 46 anni (custodia in carcere);
Bruzzese Daniele, Laureanese di 30 anni (arresti domiciliari);
Cannatà Carmine Giuseppe, Rosarnese di 29 anni (arresti domiciliari);
Galatà Vincenzo, Melicucchese di 50 anni (arresti domiciliari);
Larosa Annunziato, Rosarnese di 51 anni (arresti domiciliari);
Porretta Vincenzo Domenico, Rosarnese di 69 anni (arresti domiciliari);
Savoia Giuseppe, Taurianovese di 47 anni (arresti domiciliari);
Ventrice Domenico, Rizziconese di 64 anni (arresti domiciliari);
Diakite Moussa, Ivoriano di 36 anni (obbligo di dimora e obbligo di presentazione alla p.g.);
Diop Abdou Khadim, Senegalese di 36 anni (obbligo di dimora e obbligo di presentazione alla p.g.);
Ndiaye Amath, Senegalese di 59 anni (obbligo di dimora e obbligo di presentazione alla p.g.);
D’agostino Giuseppe, Polistenese di 37 anni (obbligo di dimora);
Fidale Michele, Polistenese di 61 anni (obbligo di dimora);
Careri Giuseppe, Rosarnese di 60 anni (divieto di dimora);
Afere Osei Victor, Ghanese di 31 anni (obbligo di presentazione alla p.g.);
Condello Giacomo, Polistenese di 42 anni (obbligo di presentazione alla p.g.);
Gouem Maliki, Burkinabè di 54 anni (obbligo di presentazione alla p.g.).
L’operazione Euno, dal nome dello schiavo siciliano che, nel 136 a.C., guidò la prima guerra servile contro il possidente terriero Damofilo, giunge all’esito di una complessa ed articolata attività d’indagine condotta dalla Stazione Carabinieri di San Ferdinando e dalla Compagnia di Gioia Tauro, col supporto specialistico del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Reggio Calabria, sotto il costante coordinamento della Procura della Repubblica di Palmi, diretta dal Procuratore Capo Dott. Ottavio Sferlazza, nel periodo compreso tra il mese di luglio 2018 ed il mese di gennaio 2019.
Le attività investigative, scaturite da una denuncia sporta presso la Stazione Carabinieri di San Ferdinando da un bracciante agricolo senegalese nei confronti di un caporale di nazionalità ghanese, hanno permesso, attraverso il ricorso a metodologie investigative tradizionali, quali servizi di pedinamento, osservazione, riprese video ed escussioni di persone informate sui fatti, nonché mediante l’utilizzo di attività intercettive, di far luce sull’esistenza di una vera e propria rete di caporali, composta da cittadini extracomunitari di origine centrafricana ed all’epoca dei fatti domiciliati presso il sito della baraccopoli di San Ferdinando e nel Comune di Rosarno, i quali, in concorso con i titolari di aziende agricole e cooperative operanti nel settore della raccolta e della vendita di agrumi nella Piana di Gioia Tauro, erano dediti prevalentemente alle attività di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro ai danni di braccianti agricoli extracomunitari, nonché alla commissione di ulteriori reati quali il favoreggiamento e lo sfruttamento della prostituzione di donne africane e la detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti del tipo marijuana.
In particolare, le indagini, che si sono avvalse anche del contributo del Nucleo Ispettorato del Lavoro dell’Arma dei Carabinieri, hanno consentito di elaborare un qualificato e solido quadro indiziario a carico di tutti gli indagati i quali, rispettivamente col ruolo di ‘caporali’ – 18 in totale. Durante l’intera stagione agrumicola 2018-2019, in modo sistematico, reclutavano manodopera straniera anche irregolare, provvedendo a trasportare gli operai presso le aziende agricole locali operanti nel settore della raccolta e vendita di agrumi e, con la compiacenza dei titolari delle imprese (3 delle quali destinatarie di misura ablativa reale), ad impiegarli, approfittando del loro stato di bisogno, in condizioni di evidente sfruttamento.
Secondo le indagini è emerso come la filiera dello sfruttamento iniziava già alle 5 del mattino quando i caporali, alla guida di minivan e veicoli – il più delle volte inidonei alla circolazione su strada ed al trasporto di persone – iniziavano a far salire a bordo i braccianti agricoli radunati presso diversi punti di raccolta, quali la baraccopoli di San Ferdinando ed il campo containers di Rosarno, da dove venivano poi trasportati, in condizioni di estremo disagio, presso i diversi fondi agricoli sparsi nel territorio pianigiano per essere impiegati nella raccolta degli agrumi. Giunti, i braccianti sarebbero stati costretti a lavorare in condizioni precarie, obbligati a raccogliere mandarini ed arance 7 giorni su 7, festivi compresi, per 10-12 ore consecutive, con pause contingentate e sprovvisti di qualsivoglia dispositivo di protezione individuale e di tutela della salute. I Carabinieri hanno accertato, inoltre, che ciascun lavoratore riceveva una paga giornaliera in relazione al numero di cassette di frutta raccolte (circa 1 euro a cassetta) e comunque non superiore a somme oscillanti tra i 2 ed i 3 euro per ogni ora di lavoro, in palese violazione della normativa giuslavoristica in materia di retribuzione.
All’interno dei furgoni, omologati per il trasporto di non più di 9 passeggeri compreso il conducente, i caporali riuscivano a caricare sino a 15 persone in un’unica soluzione, costringendo i braccianti agricoli, già provati dalle scarse condizioni di vita all’interno della baraccopoli, a trovare posto su sedili di fortuna realizzati con tavole in legno, secchi di plastica, cassette per la raccolta e pneumatici usati di autoveicoli. In alcune occasioni i Carabinieri hanno sorpreso alcuni lavoratori che, rannicchiati all’interno del bagagliaio di autovetture station – wagon, alla vista dei militari, non hanno esitato a scappare al fine di non farsi identificare per paura di subire eventuali sanzioni.
Il complesso delle indagini ha permesso, infine, di documentare alcuni episodi di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti del tipo marijuana nonché condotte di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione da parte di un cittadino liberiano, destinatario di provvedimento restrittivo, il quale si occupava del trasporto di donne, di nazionalità nigeriana, da Rosarno verso la baraccopoli di San Ferdinando ed il campo containers di Rosarno ove erano costrette a prostituirsi ed a cedere successivamente parte del ricavato al loro sfruttatore. Nell’ambito dell’odierna operazione, sono stati inoltre sottoposti a sequestro preventivo 3 attività imprenditoriali, ubicate in Polistena (RC), Rizziconi (RC) e Laureana di Borrello (RC) nonché 18 beni mobili registrati per un valore stimato di oltre 1 milione di euro.