Il linguaggio del Potere e la teoria del capro espiatorio

di Giovanni Potente

Sin dai saggi di Le Bon e Freud sulla ‘psicologia delle folle’, passando per libri memorabili quali “Propaganda” di Bernays e “I persuasori occulti” di Packard, fino ai lavori più recenti, una serie sterminata di studi ci rivela che tutti noi siamo vittime di una “guerra” silenziosa e immateriale: quella che il Potere (il Potere nelle sue varie manifestazioni: economiche, finanziarie, politiche, istituzionali ecc.) combatte allo scopo di condizionare e controllare i nostri pensieri, le nostre emozioni, i nostri comportamenti.

Per vincere questa guerra il Potere investe enormi risorse e finanzia un esercito di esperti della manipolazione (psicologi, linguisti, sociologi ecc.) disseminati in una vasta e ramificata serie di laboratori, università pubbliche e private e Istituti di ricerca (come il famigerato Tavistock), in cui vengono elaborate pratiche sempre più pervasive di “persuasione occulta” e raffinati progetti di “ingegneria sociale”.
Naturalmente, il principale strumento di questa guerra è il sistema mediatico (stampa, radio, cinema,tv, Internet). E le armi impiegate sono appunto la propaganda, la pubblicità e in genere l’intera comunicazione, inclusi i programmi televisivi di intrattenimento.

La tecnica più banale è la pura e semplice alterazione dell’ “informazione”, selezionata, dosata e spesso falsificata per deformare la nostra percezione della realtà (al punto che persino “Striscia la notizia” mostra come Gianni Riotta, ex Direttore del TG1, ha propinato una quantità industriale di notizie inventate di sana pianta). Ma le tecniche di manipolazione mentale di massa impiegate vanno oltre la semplice alterazione delle informazioni e sono estremamente sofisticate perché sfruttano forze primordiali: il linguaggio e la nostra stessa mente. In effetti, il linguaggio è dotato di un congenito e naturale potere psicagogico (scoperto all’epoca della invenzione della retorica e già noto a Pitagora), in quanto parole e suoni possono alterare le emozioni e agire sull’inconscio, condizionandoci profondamente e inavvertitamente. E proprio questo ‘potere del linguaggio’ viene dispiegato nel ‘linguaggio del Potere’: negli slogan politici, nelle formule pubblicitarie, nelle espressioni della propaganda ecc..

Inoltre, il linguaggio si presta naturalmente ad essere usato come arma in quanto naturale veicolo di affermazioni campate in aria e mai comprovate che, passando di bocca in bocca, diventano prima luoghi comuni e poi “verità” indiscusse. E questo processo oggi è esponenzialmente amplificato dai mezzi di comunicazione come Internet. Assieme al linguaggio, l’arma usata contro la nostra mente è… la nostra stessa mente. Il “linguaggio del Potere” agisce sul ‘cervello rettile’ (il nucleo primitivo del cervello) che -tra l’altro- governa la tendenza a sottometterci a quella che percepiamo come ‘autorità’ e ad assumere comportamenti gregari, attraverso i quali ci uniformiamo e omologhiamo alla ‘maggioranza’.

Non solo. Per quanto mi riguarda, uno dei modi più subdoli di utilizzare le tecniche della “persuasione occulta”, operando sugli strati più primitivi del cervello, consiste nello stimolare una delle più antiche e radicate dinamiche psichiche collettive delle comunità umane: quella del «capro espiatorio». Come sappiamo anche grazie a Réné Girard, quando all’interno di una comunità le rivalità e i conflitti aumentano la folla finisce per indirizzare ostilità e odio su un solo, particolare individuo, che diventa appunto il “capro espiatorio” comune. Egli non deve essere necessariamente colpevole. Anzi, spesso è innocente. Ma odiandolo, e reclamandone la punizione, la comunità ritrova compattezza e ristabilisce un certo ordine. Il “sacrificio del capro” è dunque indispensabile all’equilibrio interno e alla stessa sopravvivenza del gruppo sociale. Va da sé che si tratta di una dinamica assolutamente irrazionale, appunto, da ‘cervello rettile’.

Per questo può essere facilmente innescata e alimentata dalle tecniche della manipolazione mentale di massa. Proprio come sta avvenendo oggi in Italia, in cui Matteo Salvini è il perfetto “capro espiatorio” su cui converge una avversione solo in parte spontanea, ma in gran misura incrementata e gonfiata apposta, e mai sufficientemente spiegata con argomenti razionali. Proprio coagulandosi nell’ostilità nei confronti del ‘capro espiatorio’, una parte consistente del Paese -diciamo la Sinistra- sta ritrovando compattezza e un surreale motivo di esistere, a costo di perdere di vista il vero nemico: il capitalismo neoliberista che sta distruggendo le nostre vite. E naturalmente non conta se Salvini sia colpevole o meno delle colpe che gli vengono attribuite. Non importa se davvero è un razzista, se è più ignorante di tanti altri italiani o se è un pericolo per la democrazia, come ha affermato dal palco del forum di Davos il signor George Soros, noto benefattore dell’umanità e degli italiani in particolare, mentre contestualmente benediva le Sardine.

No, la questione non è la persona di Salvini, i suoi difetti e i suoi pregi. La questione è capire quanti di noi sono disposti a fare i conti con se stessi e la realtà; a guardare in faccia la verità, a costo di farsi male, fino a scoprire ed ammettere che ci agita una psiche elementare e primeva, che è facilissimo sollecitare e usare per indirizzare i nostri comportamenti; che siamo sempre quelli della piazza affollata e tumultuante, densa di umori, afrori e sudori, che pendeva dalle labbra di Pilato, che salvò Barabba e infine scelse il suo capro -il suo Agnello- da sacrificare. Perché nonostante la nostra pretesa di essere liberi e consapevoli siamo fantocci manipolati: pensiamo, diciamo e facciamo quello che vogliono farci pensare, dire e fare. Perché un “Altro” -il Potere, il linguaggio del Potere- ci abita, ci muove, ci possiede. E se la consapevolezza è l’unico esorcismo che può liberarci dai demoni che ci agitano, non ci redimerà mai fino in fondo dalla nostra fragilità mentale e dalla nostra miseria morale. E mentre brancoliamo nel buio, tutti insieme saremo presto indotti a cercare un nuovo ‘capro espiatorio’, perché la dinamica del ‘sacrificio’, una volta innescata, non si ferma più. Avanti il prossimo.