Il ragioniere (dell’infamia) ha fatto male i conti

(Anna Lombroso per il Simplicissimus) – Non occorreva la ola dei cronisti che hanno accolto con un entusiastico applauso l’ingresso del sicario in conferenza stampa trattenendosi a stento dall’esibirsi in volteggi da majorette, per sapere a quali livelli di vergognoso assoggettamento è scesa la stampa nazionale, gratificata dal “salvataggio” del traballante istituto pensionistico di categoria, ricompensata dalla pioggerella di milioni erogati per promuovere la campagna vaccinale, rassicurata dal prolungamento del regime di sostegno alla “libera” informazione in veste di jukebox.

Sono rimasti solo  loro, gli agiografi che si sono prodigati nel fornirci dati, analisi, statistiche e percezioni in merito al taglio di carne preferito per il brasato, alle virtù delle forbici del parrucchiere di fiducia, che ci hanno trasmesso l’estatica ammirazione di pizzicagnoli e vicini di casa che riesumano uno stilema del passato in questo caso assolutamente incongruo: è così democratico, mi saluta sempre quando passa di qui!, a difendere l’inviolabilità del suo mito come una falange macedone, armati di sarisse e pronti al sacrificio per tutelare la sua reputazione di demiurgo e accompagnarlo nell’ascesa a più alto destino.

Perché, se vogliamo fare delle ipotesi, pare sia proprio lui il primo a avere dei dubbi sull’intangibilità del suo premierato, scosso dall’andamento epidemico che getta una luce sinistra (di sinistra non ci hanno lasciato niente di meglio) sull’autorevolezza dei tecnici cui aveva affidato il commissariamento della sanità circoscritta all’esclusiva del brand vaccinale, dalla impraticabilità di misure repressive, di sanzioni ingiustificabili, di controlli a tappeto a fronte di un sistema di sorveglianza -fortunatamente – arcaico così come è antiquato l’intero apparato digitale che registra ogni giorno il fallimento di Dad, lavoro agile e smartworking.

Così l’ostensione di modestia: io o un altro pari son, celebrata dal più spocchioso dei Superboni che si sono avvicendati al governo, suona come la marcetta che accompagna la sua ritirata sul colle romito quando è minacciato il suo prestigio.

Anche in questo caso ha applicato  una regola irrinunciabile del suo sistema di governo, il ricatto, proponendo un’alternativa inaccettabile se pensiamo al suo mandato di esecutore testamentario, eleggerlo Presidente o esautorarlo, con il rischio di elezioni sanguinose e ancor più cruente lotte intestine.

In realtà ha fatto ricorso a un altro strumento irrinunciabile, la menzogna nella sua forma più ipocrita, esaltando la funzione egemone dei partiti, e dunque dell’agone politico, che fino a ieri ha trattato come un’accozzaglia di dementi posseduti da vizi e disordini cognitivi da controllare col braccialetto elettronico dell’intimidazione elettorale, e il ruolo strategico del Parlamento che in decenni di incarico di lustrascarpe dell’impero occidentale ha contribuito a espropriare di sovranità e competenze e che sta aggirando ogni giorno con misure eccezionali e leggi speciali.

E d’altra parte vista la mala parata, temendo che non basti ai suoi datori di lavoro l’impegno che ha messo nell’esercitare la più infame delle leadership vaccinale, discriminatoria, repressiva, preoccupato perfino che i sindacati collaborazionisti non rispettino fino in fondo il vincolo di sangue, nostro, stretto con lui, preferisce darsela a gambe, limitarsi a guardare in cagnesco il popolo con occhi truci dalle foto incorniciate negli uffici pubblici.

E d’altra parte il peggio che era stato incaricato di fare, l’ha eseguito, tirare il collo alla superstite democrazia coi cappi delle condizioni dettate per ricevere il prestito, che se non sono abbastanza stretti ottengono il doppio risultato di compromettere l’elargizione e di ridurre definitivamente gli spazi di sovranità, attuare il disegno dei cospiratori del Grande Reset impiegando utilmente una crisi sanitaria per aggravare una emergenza sociale applicando la ricetta mortifera dell’austerità.

E come se non bastasse ha prodotto, grazie alle cheerleader dell’informazione mainstream, cioè tutta, un danno irreversibile, convincere la massa che delegare il proprio giudizio e poi le proprie decisioni al potere costituito sia di una scelta virtuosa, adottando i paradigmi della servitù volontaria in cambio della sopravvivenza del corpo, condizionata all’assoggettamento all’assunzione e accettazione reiterata di prodotti per la cui sperimentazione ci si presta in forma di cavie.

Ormai anche gli irriducibili dell’obbedienza alla scienza e ai suoi profeti a libro paga dell’industria, cominciano a nutrire dei dubbi e ripetono ormai stancamente il loro mantra: vaccinatevi che torniamo alla normalità, sospettando che la normalità di domani con la condizionale non possa che essere peggiore di quella di ieri che ha prodotto i danni, ormai anche quelli che muovevano critiche alle politiche asociali del manovratore ma raccomandavano di non disturbarlo mentre era alla guida sanitaria cominciano a ritenere che la sospensione profilattica di giudizio sul suo operato sia al termine… E ormai perfino i fan delle politiche di coartazione tramite patente per la vita nutrono perplessità, assimilati alla marmaglia dei disertori, anche loro tacciati di comportamenti irrazionali, irresponsabili e irredimibili con il buonsenso e dunque doverosamente soggetti a intimidazioni, ricatti, minacce.

Se pensava davvero che in ognuno di noi albergasse un Giorgetti pronto al sacrificio ultimo della sovranità, dei diritti, dei dettati costituzionali pur di vederlo incarnare l’autorità suprema, una e bina, trina con il Figliuolo, allora vuol dire che il ragioniere dell’infamia ha sbagliato i conti.