Omicidio Bergamini. Dino Pippo Internò non ha un alibi credibile e il fratello Roberto lo rimprovera: “Eravate tutti in prima fila al funerale!”

La procura di Castrovillari ha esaminato a lungo i movimenti e gli alibi, tutti paradossali e sinceramente grotteschi, dei familiari di Isabella Internò, in quella maledetta sera del 18 novembre 1989 che costò la vita a Denis Bergamini. Una serie pressoché infinita di contraddizioni e di deposizioni in contrasto l’una con l’altra.

Ma quella più clamorosa si riferisce alle contraddizioni tra le testimonianze dei fratelli Dino Pippo e Roberto Internò. E a distanza di qualche tempo dalle due deposizioni, e soprattutto alla luce di quella di Dino Pippo Internò, si può dire che adesso i riflettori vengono puntati proprio su suo fratello Roberto, che ha smascherato tutte le sue menzogne. 

Le evidenze probatorie ci portano a ritenere che la sera del 18 novembre 1989 i genitori di Isabella INTERNÒ non si trovavano a casa dei parenti di contrada Santa Chiara di Rende. Questa circostanza si lega, inevitabilmente, a quella delle telefonate che Isabella INTERNÒ ha fatto a casa.
Dal bar/ristorante di Mario INFANTINO, Isabella INTERNÒ alle 19:30 telefona alla mamma comunicandole la morte di Donato BERGAMINI e che lei si trova in un locale pubblico. Dopo le ore 20:00 Isabella INTERNÒ contatta di nuovo casa informando che si trova presso la stazione Carabinieri di Roseto Capo Spulico.

I genitori solo allora si attivano per recarsi a Roseto, chiedendo al nipote Roberto INTERNÒ di accompagnarli. Per forza la sequenza delle telefonate deve essere stata questa giacché Isabella INTERNÒ alle 19:30 non poteva comunicare alla mamma che si trovava presso la stazione dei Carabinieri.
Ma Concetta TENUTA ha parlato di una sola telefonata, con la quale Isabella INTERNÒ comunicava oltre alla tragedia anche di trovarsi presso la caserma dei Carabinieri.
È chiaro che ipotizzare due telefonate, porta a chiedersi come mai i genitori di Isabella INTERNÒ, già alle 19:30 venuti a conoscenza di quel che era successo, non si sono attivati immediatamente per recarsi a Roseto ma hanno aspettato un secondo momento, ovvero quando hanno saputo che la figlia si trovava presso i Carabinieri.

E poi perché Concetta TENUTA ha taciuto della prima telefonata, facendo credere ad una sola telefonata da parte della figlia con la quale li informava della tragedia e del luogo – la
caserma dei Carabinieri – dove si trovava?
Forse Concetta TENUTA era consapevole delle obiezioni che le sarebbero state rivolte circa il fatto di non essere partiti immediatamente, già alle 19:30 appena avuta notizia della sciagura e dover quindi spiegare il perché di un simile comportamento, sicuramente non naturale per due genitori che hanno saputo che la figlia si è trovata testimone del suicidio dell’ex fidanzato, a circa 100 km di distanza da casa, e che da sola si trovava in quel luogo.

Forse Concetta TENUTA, quando ha ricevuto la prima telefonata da parte della figlia si trovava da sola a casa, mentre il marito non c’era, per questo non sono potuti partire immediatamente ma solo in un secondo momento, evidentemente al rientro del marito. Ma il marito non si trovava a casa dei parenti a Santa Chiara di Rende perché in questo caso sarebbe bastata una telefonata per informarlo immediatamente. Quindi è lecito domandarsi se Roberto INTERNÒ, quando ha riferito nel 2013 che gli zii si trovavano a casa dei genitori nel momento in cui era arrivata la notizia della tragedia, stava tentando di fornire un alibi agli zii, allontanando ogni sospetto su un loro coinvolgimento nella morte di Donato BERGAMINI.

Riprendendo la disamina delle dichiarazioni rese da Roberto INTERNÒ questi, continuando nella sua esposizione dei fatti, afferma che giunti a Roseto Capo Spulico avevano notato una fila di auto parcheggiate lungo la strada. Lo zio Francesco INTERNÒ era sceso dall’auto e si era avvicinato al luogo della tragedia, mentre lui e la zia erano rimasti in auto.
Rientrato in auto, lo zio aveva detto loro di aver visto BERGAMINI sotto un camion; dopodiché si erano recati in caserma a prelevare Isabella INTERNÒ. Anche in questo caso a scendere è solo Francesco INTERNÒ mentre gli altri restano in auto.

LA TESTIMONIANZA DI ROBERTO INTERNO’ IN SEDE ISTRUTTORIA

Roberto INTERNÒ, in sede di escussione, racconta l’atteggiamento della cugina in auto, durante il viaggio di ritorno verso Cosenza: Isabella INTERNÒ piangeva e ripeteva che BERGAMINI si era buttato, diceva altresì che BERGAMINI le aveva regalato la macchina. Giunti in prossimità di Cosenza, Isabella INTERNÒ voleva essere accompagnata al Motel Agip dove la squadra di calcio del Cosenza era in ritiro. Roberto INTERNÒ non aderì alla richiesta della cugina perché già arrabbiato in quanto, durante il tragitto, si era accorto di avere noie al motore:
“…ricordo che giunti sul luogo ho notato una fila di autovetture parcheggiate lungo la strada in quanto vi erano persone che scendevano per andare a vedere cosa fosse accaduto. Mio zio Franco è sceso per avvicinarsi sul posto ove era accaduta la disgrazia, mentre io e mia zia lo abbiamo atteso in auto per circa venti minuti. Tornato all’auto, mio zio Franco diceva che aveva visto Bergamini morto per terra, sotto un camion. Dopo ci recavamo presso i Carabinieri di Roseto Capo Spulico, e ricordo che la caserma era una costruzione piccola e bassa. Anche in quella circostanza io e mia zia Cettina abbiamo atteso mio zio Franco in
auto, mentre lui è entrato in caserma per poi uscirne dopo circa un’ora unitamente a mia cugina Isabella, con la quale saliva in macchina e partivamo alla volta di Rende. Posso dire che nel tragitto da Roseto Capo Spulico a casa di mio zio Franco, che abitava a Rende anche se ora non ricordo la via esatta ma credo era a Roges, mia cugina Isabella piangeva
ininterrottamente continuando a ripetere <<…si è buttato…>>…”;

Dino Pippo INTERNÒ ha ricordato il resoconto fattogli dallo zio Francesco INTERNÒ e dal fratello Roberto, di quel viaggio a Roseto, allorché andarono a prelevare Isabella e del comportamento di questa: “…mio zio Franco mi disse di aver visto il corpo del calciatore sulla strada e che presentava le viscere di fuori sulla parte davanti…mio fratello Roberto mi disse che Isabella al ritorno da Roseto voleva passare dal Motel Agip dove erano i calciatori del Cosenza e che lui l’aveva contrastata portandola poi direttamente a casa. Inoltre Roberto era arrabbiato perché per andare a Roseto di corsa aveva fuso la
macchina…”.

Un altro aspetto importante da analizzare attiene alla presenza o meno, alla riunione familiare del 18 novembre 1989 di Dino Pippo INTERNÒ.
Dall’attività di indagine è emerso che costui era molto legato allo zio Francesco, il quale come già detto, godeva del rispetto e dell’affetto dei nipoti e cugini, tutti residenti, all’epoca, per lo più in contrada Santa Chiara. Dino Pippo INTERNÒ ha lavorato diverso tempo presso la ditta di tinteggiatura di interni dello zio Francesco – padre di Isabella INTERNÒ – ed era sovente a casa dello zio. C’era un rapporto che legava Dino Pippo INTERNÒ, forse più degli altri nipoti, allo zio Francesco INTERNÒ rifacendoci a diverse testimonianze circa il particolare rapporto affettivo tra zio e nipote.
Roberto INTERNÒ, nella deposizione del 2013, ha collocato il fratello a casa dei genitori, la sera del 18 novembre 1989. Nel corso della loro conversazione telefonica, subito dopo la sua audizione, Roberto INTERNÒ rappresenta al fratello Dino Pippo di aver detto che quella sera anche lui si trovava a Santa Chiara, a casa dei genitori ed era lì quando è arrivata la telefonata, e che era usanza della loro famiglia riunirsi nei festivi.

Roberto INTERNÒ con la frase conclusiva “hai capito?” evidenzia al fratello il fatto di aver dichiarato che lui, Dino Pippo, si trovava la sera del 18/11/1989 a casa dei propri genitori: “…<<ma in quel momento che tuo fratello… al momento della telefonata che è arrivata… eh… tuo fratello dove si trovava?>, <mio fratello era a casa insieme a noi>, ho detto, <<ah… si va beh>>…ma mi ha dato fastidio che volevano sapere… <<e Internò Dino Pippo>, ho detto… <<è mio fratello, e adesso attualmente si trova a Milano che non sta bene, deve subire un piccolo intervento…>>, <e dimmi una cosa… ma era pure là la sera…>>, ho detto… <<si, si, era là… eravamo tutti…>>, <e come mai? vi riunivate
sempre a casa vostra?>, ho detto… <e c’era usanza… c’era mia madre e nei giorni festivi eravamo sempre là, a casa di mia madre> hai capito?…”.

Fatta eccezione per lo stesso Dino Pippo INTERNÒ che, sentito nel 2019, ha riferito di trovarsi a casa dei genitori, v’è da dire che né Michelina MAZZUCA nelle sue due deposizioni, né Luigi D’AMBROSIO hanno parlato di Dino Pippo INTERNÒ come presente alla riunione familiare del 18 novembre 1989. Dunque, Dino Pippo Internò NON HA UN ALIBI CREDIBILE PER QUELLA SERA. 

C’è un altro aspetto interessante da considerare. Quando Roberto INTERNÒ viene ascoltato, gli vengono mostrate le copie di alcune foto apparse, all’epoca dei fatti, sui giornali locali.

Si tratta di fotogrammi riproducenti Isabella INTERNÒ ai funerali di Donato BERGAMINI, dietro il feretro, circondata da alcuni parenti, e si chiede a Roberto INTERNÒ di riconoscere le persone che si trovano dietro la cugina. L’uomo identifica gli zii, Concetta TENUTA e Francesco INTERNÒ, Catia INTERNÒ sorella di Isabella, riconosce poi la sorella Loredana e il fratello Dino Pippo, che si trova proprio dietro Isabella INTERNÒ.

Roberto INTERNÒ, la prima cosa che riferisce al fratello Dino Pippo quando lo chiama per riferirgli dell’escussione, è proprio il riconoscimento che ha dovuto fare, suo malgrado. Ad un certo punto della conversazione, Roberto INTERNÒ fa un’esclamazione che è un rimprovero al fratello, ossia <per la miseria… tutti in prima fila eravate oh!>. Sempre nel corso della deposizione del 2013, Roberto INTERNÒ dice al fratello Dino Pippo che tra i parenti presenti, accanto alla cugina Isabella, c’era anche l’altro loro cugino, Pietro CASCIARO, ma di aver fatto finta di non riconoscerlo. Nel frangente in cui Roberto INTERNÒ dice queste cose, il fratello Dino Pippo si limita semplicemente ad annuire, evitando di rispondere. Di seguito ecco cosa Roberto INTERNÒ dice al fratello: “…niente Pippù… mi hanno fatto vedere un sacco di fotografie… e purtroppo… eh… e ci siamo pure noi, gli potevo dire che… ho detto <<questo è mio fratello, questa è mia cugina… questa è mia… mia zia… mio zio…>eh… che… <mia sorella pure c’era…>, ho detto…<che tanto…>… per la miseria… tutti in prima fila eravate oh!… 

LA TESTIMONIANZA DI ROBERTO INTERNO’ AL PROCESSO 

Roberto Internò è stato ascoltato nel processo l’8 maggio scorso. La ricostruzione della sera della morte di Denis cambia ancora rispetto a quella prospettata dai suoi familiari, in particolare dalla zia Concetta Tenuta e dalla moglie Michelina Mazzca.

L’uomo afferma: «Eravamo a casa dei miei genitori e noi uomini stavamo giocando a carte fuori davanti alla casa (non dentro come invece aveva affermato sua moglie, ndr). Eravamo io, mio padre, zio Franco, mio fratello Dino Pippo (solo lui lo vede in casa quella sera, ndr) e mio cognato Luigi D’Ambrosio. In casa a cucinare c’erano le donne, mia moglie, mia madre le mie sorelle e zia Cettina». La figura di Luigi D’Ambrosio compare per la prima volta nel 2019 quando Internò viene sentito in Procura a Castrovillari, prima di allora l’uomo non lo individua in casa né tanto meno dopo quando racconta il viaggio verso Roseto Capo Spulico dopo la telefonata della cugina Catia. Fino al 2019 la versione di Internò vede in macchina lo stesso Internò alla guida della sua Alfa 6 e gli zii Franco e Cettina.

Nella deposizione resa a Castrovillari in auto c’è anche D’Ambrosio che secondo quanto ha riferito in aula l’uomo sarebbe sceso dall’auto insieme allo zio una volta arrivati sul luogo dell’incidente mentre lui e la zia restano in auto. Proprio su questo aspetto emerge un’altra circostanza contrastante. Roberto Internò afferma di essersi diretto a Roseto per andare a prendere Isabella che si trovava presso la caserma dei carabinieri e di essersi fermato lungo la strada nel momento in cui hanno incontrato una coda di auto e trovato quindi il luogo dell’incidente. La Corte gli fa però notare che il luogo dell’investimento di Denis si trova dopo la caserma dei carabinieri di Roseto Capo Spulico per chi viaggia da Cosenza. L’uomo non è stato in grado di fornire giustificazioni a questo proposito.

Il pm Primicerio chiede a Roberto Internò come mai non ci fosse con loro in auto il fratello Dino Pippo e anche in questo caso il teste non dà una spiegazione, così come non riesce a darla quando gli chiede conto del suo stentato riconoscimento dei parenti nelle foto scattate nel corso del funerale di Bergamini. In una conversazione intercettata con Dino Pippo ammette candidamente di aver fatto finta di non riconoscere il cugino Pietro Casciaro mentre ancora oggi dice di far fatica a riconoscere… suo fratello. Quella conversazione, peraltro, viene captata quando Roberto ha appena terminato l’interrogatorio a Castrovillari e sempre in quel dialogo, Roberto esplode in un fatidico “Iaramiseria, eravate tutti in prima fila al funerale!”, che riflette in pieno il suo dissenso per la strategia adottata dai suoi familiari e rappresentata plasticamente dal fatto che lui a quel funerale non c’è proprio andato.

Gli vengono chiesti lumi sul suo rapporto col boss di Santa Chiara di Rende Francesco Patitucci, che nel 2005 viene fermato dai carabinieri mentre stanno salutando sia lui che il fratello nel corso di un controllo. Roberto Internò riferisce che sono stati compagni di scuola alle elementari e alle medie e che non si vedevano da molti anni. E anche su un episodio che l’ha visto coinvolto quando era ancora molto giovane: qualcuno gli sparò al fianco dopo una lite per una coda ad un distributore di benzina. Ma il teste non è riuscito a ricordarsi il nome del suo aggressore.

Viene chiesto anche a Internò delle intercettazioni ambientali con la moglie e del perché la inviti più volte a non parlare arrivando anche a minacciarla. L’uomo nega di aver mai minacciato la moglie o di averla aggredita e afferma: «Mia moglie parla parla… non fa come gli altri che dicono “Io non so niente” e se la cavano» e continua: «Da quando è morto nostro figlio (nel 2016, ndr) mia moglie non è più la stessa, è in cura, prende farmaci, soffre di bipolarismo e ogni tanto diventa aggressiva e dà in escandescenze». La presidente gli fa notare che in quelle intercettazioni chi va in escandescenze e diventa aggressivo è invece lui ma l’uomo sminuisce parlando di semplici battibecchi da marito e moglie.
A proposito dell’aggressività di Roberto Internò ci sono anche altre intercettazioni nelle quali l’uomo esprime consigli su come correggere i comportamenti del figlio di un’amica della moglie: “Io gli avrei fatto un imponimento, come ho sempre fatto, con una pistola di plastica alla tempia e poi vediamo se trattava male i genitori…”.

La parte finale della testimonianza rivela ancora altri punti oscuri dell’atteggiamento di Roberto Internò quando afferma a proposito della moglie: “Quella ci condanna a tutti”, inducendo il legale della difesa a un lapsus quasi freudiano: “Ha paura di quello che dice la moglie…”. Per non parlare della confusione che fa quando è chiamato a dire il momento nel quale ha appreso della morte di Bergamini. Ma il clou lo si tocca quando afferma con il massimo del candore che la Internò, nel raccontare i fatti, era sì disperata ma aveva ricordato a lui, al padre e alla madre che Bergamini – comunque – le aveva “regalato” la macchina. Che non è proprio il massimo per una donna “addolorata” per la morte, appena avvenuta tra l’altro, di una persona cara. E la ulteriore “perla” sta nel finale quando ricorda a tutti e un po’ anche a se stesso che lui non è neanche andato al matrimonio di Isabella.